Ma le ricerche «scomode» dalla cina restano bloccate dai filtri informatici del regime. La società reindirizza il traffico al portale di Hong Kong. Nel Paese resteranno solo alcune attività commerciali
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La sede di Google a Pechino (Ap) |
Google Cina chiude i battenti. Come previsto, dopo due mesi di braccio di ferro con Pechino seguiti a un violento attacco hacker, la società di Mountain View ha deciso di non sottostare alla censura imposta dal regime. E, almeno per il momento, ha trovato un modo per aggirarla: reindirizzando il traffico al sito di Hong Kong, Google.com.hk, che offre risultati non filtrati in cinese. Con la frase: «Benvenuti nella nuova casa di Google Cina».
«GROSSO ERRORE» – Un passo che come prevedibile non incontra il favore delle autorità di Pechino, che hanno parlato di una decisione «completamente sbagliata» e di violazione di una «garanzia scritta». «Google è venuto meno al suo impegno scritto fatto quando ha deciso di entrare nel mercato cinese fermando il filtraggio del suo motore di ricerca e addossando alla Cina la responsabilità degli attacchi dei pirati informatici – ha detto un funzionario dell’Ufficio informazione del Consiglio di Stato -. Questo è totalmente sbagliato. Ci opponiamo senza compromessi alla politicizzazione delle questioni commerciali ed esprimiamo malcontento e indignazione per le irragionevoli accuse e il comportamento di Google». Anche la Casa Bianca ha commentato i nuovi sviluppi della vicenda. «Siamo delusi del fatto che Google e il governo cinese non siano stati in grado di raggiungere un accordo» ha detto il portavoce Mike Hammer.
ATTIVITÀ DI VENDITA – Una nota pubblicata sul blog della società spiega che resteranno in Cina alcuni servizi commerciali, come la vendita di inserzioni pubblicitarie sui motori di ricerca. Insomma si cerca di tenere almeno un piede in un mercato in piena esplosione. «Riteniamo che questo nuovo approccio di fornire ricerche non censurate in cinese semplice attraverso Google.com.hk sia una soluzione ragionevole – viene spiegato -: è interamente legale e aumenterà significativamente l’accesso all’informazione dei cinesi. Ci auguriamo che il governo cinese rispetti la nostra decisione, anche se siamo consapevoli che potrebbe bloccare l’accesso ai nostri servizi». Una strategia rischiosa, che potrebbe innescare ritorsioni. Le autorità cinesi potrebbero per esempio utilizzare filtri per bloccare l’accesso al motore di ricerca con base a Hong Kong.
L’ASCESA DI BAIDU – Secondo le stime della Cnbc Baidu (il principale motore di ricerca in lingua cinese) potrebbe ora conquistare il 95% del mercato della ricerca online. Mentre il quotidiano finanziario Bloomberg prevede che Mountain View si espanderà in mercati come la Corea del Sud e il Giappone, dove finora è riuscita a conquistare solo una frazione della popolarità di cui gode in Europa e Stati Uniti. Non si sa invece quale sarà il destino dei quasi 600 dipendenti della sede di Google a Pechino: «È ancora presto per dirlo» fanno sapere dal quartier generale in California.
GLI ATTACCHI DI GENNAIO – Non è chiaro da dove venissero gli attacchi informatici subiti da Google a gennaio, ma alcuni analisti vi hanno ravvisato un coinvolgimento indiretto del governo di Pechino. Tra le vittime degli hacker ci sarebbero infatti diversi dissidenti (le cui caselle di posta elettronica sono state aperte), oltre a grandi multinazionali, molte delle quali statunitensi. Google ha minacciato di smettere di utilizzare i filtri richiesti dalla censura cinese e poi di chiudere il portale se non fosse stata messa in grado di garantire la sicurezza ai suoi clienti. Evidentemente nessun accordo era possibile.
MA LA CENSURA RESTA – Nonostante la decisione di Google di porre fine alla censure e non filtrare più i contenuti del suo motore di ricerca in Cina, rimangono ancora bloccate le ricerche scomode. Ma «Great Firewall» come è battezzato il controllo del regime sul cyberspazio- continua a bloccare le ricerche scomode: le ricerche dalla Cina di temi come il Tibet o Amnesty International risultano infatti ancora impossibili.
Redazione online