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Nella rete del «criminal network» I clan piegano il web ai loro interessi

Gli iscritti si chiamano Licciardi, Stolder, Tolomelli, Longobardi, Chierchia, Gallo, Iacomino. Su Facebook «A’ scission ro rion», «Vele di Scampia», gruppi intorno a cui ruotano le famiglie della malavita

 

 

NAPOLI – Tutto ruota intorno ai gruppi A’ scission ro rion (la scissione del rione), Masseria Cardone, A’ scission’ play e Vele di Scampia. Il primo, che fa il tifo per il clan Amato-Pagano, detto anche degli «Scissionisti», conta da solo 4.500 utenti iscritti. Siamo su Facebook: qui, come nella vita «reale», si stringono alleanze, si litiga, si fanno progetti. Gli esaltati un po’ sfigati, quelli che dicono «Viva Cutolo» e giocano a «Mafia Wars», non c’entrano niente. Qui non si gioca. Gli iscritti si chiamano Licciardi, Stolder, Tolomelli, Schlemmer, Chierchia, Gallo, Longobardi, Iacomino. E i «post» pubblicati dai partecipanti alle discussioni non parlano di oroscopo del giorno, bioritmo e test sulle affinità di coppia. Piuttosto, scorre la foto di una moto scarenata con su scritto «e mo jamm’ a fa’ stu muort’», l’immagine delle Vele di Scampia che parla di una fratellanza fra «Kiarolanz e Stolder, scissione para siempre», quella di una Beretta 92Fs per «quelli che almeno una volta hanno avuto il piacere di sparare con questo concentrato di tecnica tutto italiano!», o ancora una triste veduta della «Masseria Cardone», rione di Secondigliano che attualmente, secondo chi la pubblica, sarebbe senza un capo.

IL RIONE SENZA BOSS – Ma non passa molto tempo dalla pubblicazione del post, che tale Licciardi commenta: «ma nun o pnzat a stà capocchia….o scè liev stù cos oi stu povur dij» (tradotto: non date retta a questo deficiente. Scemo, togli questa frase, muoviti, povero Cristo). Il gruppo A’ scission ro rion riscuote un successo incredibile. C’è chi approfitta della bacheca per spiegare che «la famiglia Mazzarella è la numero 1», chi non nasconde le proprie simpatie per il «sistema di Ponticelli» e chi ribadisce: «la scissione regna su tutti un saluto a carmine savastano per un presto ritorno a casa». Il saluto ai carcerati è forse la pratica più diffusa per chi frequenta questi anfratti del web, vere e proprie mappe digitali utili a ricostruire legami e frequentazioni. Chi, neanche due settimane fa, ha creato il gruppo — sembrerebbe un ragazzino 12enne — forse non aveva idea di cosa questo spazio sarebbe arrivato a rappresentare, che quegli slogan, «Meglio morto che pentito», «Meglio detenuto che servo dello Stato», «I pentiti so’ guappi ’e cartone e si mettono paura della galera», avrebbero raccolto tanti consensi da registrare un incremento inarrestabile nel numero di iscritti.

I CONCORRENTI – Niente a che vedere con i gruppi «concorrenti», relegati a svolgere un ruolo di satelliti anche se nati molto tempo prima. Come quello dedicato alle Vele di Scampia, dove l’apice della mediocrità si raggiunge quando l’amministratore invita (trascrizione letterale): «Tossici dipendenti in cerca di soldi, à Secondigliano stà bella robb». Con il gruppo dedicato agli «Scissionisti», quello sulle Vele condivide molti link. Uno mostra il carcere di Poggioreale, e recita (tradotto da un napoletano incomprensibile) «Quando passiamo qui fuori, ognugno di noi ha un amico o un fratello carcerato, e vorremmo aprire queste sbarre per farli venire con noi in questa notte di libertà». Ampio spazio è dedicato ai neomelodici, specialmente a quelli che cantano della detenzione, delle logiche di camorra, dei tradimenti e della fedeltà agli «uomini d’onore».

GLI ASSETTI CRIMINALI – Consultando le pagine di molti iscritti, è possibile ricostruire gli assetti criminali di molte aree popolari. Come il Rione Provolera di Torre Annunziata, roccaforte dei clan controllato dalle famiglie Chierchia-Fransuà, i cui abitanti si danno ad appassionate conversazioni lodando i carcerati, il Kalashnikov, le pistole semiautomatiche e i boss di Cosa nostra, ai quali è dedicato un post dal titolo «Tutti sono maschi ma pochi sono uomini». Fra gli users, non mancano i nomi di detenuti illustri. Sono quelli che su internet si chiamano «fake»: nascondono altre identità, e il più delle volte fanno capo a pagine non consultabili dagli estranei. Lo spazio intitolato a Cosimo Di Lauro, per esempio, è privato, e non accetta amicizie al di fuori dei 77 contatti, italiani e stranieri, già associati al profilo.

Stefano Piedimonte

Nella rete del «criminal network» I clan piegano il web ai loro interessiultima modifica: 2010-04-06T12:35:13+02:00da
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