Indagati Buora e il responsabile dei conti Moro. I legali: illustri pareri ci danno ragione. Fisco, la Procura chiude le indagini. La difesa: nessun reato
MILANO — Per la Procura di Milano è frode fiscale, è un reato, dunque da discutere in Tribunale. Per Telecom Italia non è invece «evasione» ma «elusione» fiscale, dunque non un illecito penale, da affrontare non in Tribunale ma se mai con l’Agenzia delle entrate. In gioco, in entrambi i casi, cifre nominalmente enormi: Carlo Buora, come ex legale rappresentante di Telecom e firmatario delle dichiarazioni dei redditi e dell’Iva nel 2003-2006, e il responsabile fiscale (allora come oggi) dell’azienda telefonica, Roberto Moro, in due distinti «avvisi di chiusura indagini e deposito degli atti» si vedono infatti contestare l’ipotesi di frode fiscale per «avere indicato, allo scopo di evadere le imposte, elementi passivi fittizi che comportavano evasione dei redditi» per 1miliardo e 67milioni di euro nel 2003, e per 535 milioni di euro sia nel 2004 sia nel 2006; nonché «evasione dell’Iva» per 12 milioni di euro nel 2003 e 11 milioni nel 2005.
Carlo Buora, ex ad di Telecom |
In uno dei due procedimenti penali sono al centro degli accertamenti alcuni riverberi, in termini di maxirisparmi fiscali, della fusione tra Seat-Pagine Gialle e Tin.it nel 2000 (ancora nell’era Colaninno); nell’altro procedimento i riflessi fiscali in ballo sono quelli prodotti dalla fusione tra Olivetti e la controllata Telecom Italia, che nel 2003 portò all’accorciamento della catena di controllo del gigante telefonico presieduto all’epoca da Marco Tronchetti Provera. Il pm Laura Pedio contesta a Buora e a Moro l’articolo 4 del decreto 74 del 2000, cioè le «dichiarazioni infedeli» di chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in una delle dichiarazioni annuali indica elementi passivi fittizi, avendo superato (come in questo caso prospettato dalla verifica fiscale della Guardia di finanza nel 2007) le due soglie previste dalla legge per l’imposta evasa e per l’ammontare complessivo degli elementi passivi fittizi. La società si difende argomentando di non aver mai esposto costi passivi fittizi, ma costi eventualmente indeducibili o indetraibili, a seconda che sia corretta omeno l’alchimia fiscale interpretata da Telecom e poi contestata invece dall’Agenzia delle entrate: un confronto concluso, sul piano fiscale e non penale, con l’intesa che ha determinato l’azienda a versare circa 220 milioni di euro per chiudere con l’Agenzia delle entrate un più complessivo pacchetto di vertenze, tra le quali le due sfociate ora a Milano in una contestazione penale.
Ed è proprio l’ambito penale che Telecom, in una complessa memoria difensiva, insiste a ritenere non prospettabile dalla Procura: «Se fittizio equivale a inesistente, e l’inesistenza è la divergenza dal reale — propone l’azienda —, la fittizietà si risolve solo ed esclusivamente in una inesistenza sul piano naturalistico, in una mancata corrispondenza della dichiarazione dei redditi alla realtà economica-commerciale». Quindi non un illecito penale, ma un problema di trattamento fiscale. E a sostegno delle politiche fiscali dell’azienda, il collegio difensivo (Marta Lanfranconi, Francesco Mucciarelli e Giorgio Perroni) rimarca che Buora e Moro avrebbero fatto «legittimo affidamento» su «pareri di illustri giuristi e su precedenti della Pubblica amministrazione». Tra i primi, figura un parere di Franzo Grande Stevens, e un altro fornito anche dall’Associazione fra le società per azioni (Assonime). Tra i secondi, Telecom intende valorizzare «un caso identico» di una società che avrebbe recuperato l’Iva a fronte di varie vicissitudini contrattuali. E al pm che procede (Pedio, la stessa delle contestazioni agli stilisti Dolce e Gabbana) e che ha firmato i due avvisi di conclusione delle indagini a carico di Buora e Moro, Telecom oppone una richiesta di archiviazione del 2009 firmata, in un altro caso ma su una materia analoga, dalla sua collega Bruna Albertini e accolta dal gip Cristina Di Censo. Per un procedimento penale agli esordi, sempre in ambito Telecom un altro si avvia forse a una prima definizione: a partire da domani, infatti, entrerà nella fase finale della discussione l’udienza preliminare in corso da un anno sull’attività di dossieraggio illegale praticata dalla Security di Telecom e Pirelli sotto la direzione di Giuliano Tavaroli. Inizieranno i pm con le richieste di rinvio a giudizio o di proscioglimento degli imputati, poi toccherà alle parti civili, e quindi in maggio ai difensori degli imputati.
Luigi Ferrarella