LA POLEMICA. Tanto hanno speso i coniugi West. Ma gli esperti stigmatizzano: «Decisione molto pericolosa»
Una famiglia californiana ha pagato quasi 200mila dollari (pari a poco meno di 150mila euro) alla società specializzata «Illumina» per avere la mappatura del proprio codice genetico, ma la decisione di John e Judy West ha scatenato un dibattito etico sulla finalità di analizzare il Dna dei minori (la coppia ha due figli, Anne e Paul, rispettivamente di 17 e 14 anni) per fini non medici, perché tali test possono anche rivelare informazioni indesiderate, come ad esempio un alto rischio di Alzheimer o una paternità erroneamente attribuita. «Sarei davvero molto cauto sulla necessità di sottoporsi ad esami del genere – ha spiegato al “Times” Frances Flinter, consulente genetista del “Guy’s and St Thomas’NHS Foundation Trust” di Londra – perché una volta che hai fatto la mappatura del codice genetico di una persona, non è che puoi chiudere quelle informazioni in una scatola e lasciarle lì».
DILEMMA ETICO – Ma il diretto interessato, ovvero il signor West, rifiuta questi scrupoli etici. «Fra qualche anno, sono convinto che sarà eticamente scorretto non aver mappato il codice genetico dei propri figli. Che tipo di genitori sarebbero coloro che non vogliono dare ai propri ragazzi i soldi per conoscere informazioni d’importanza fondamentale per la loro salute? Si potrebbe facilmente essere considerati negligenti. I miei figli sono stati così intelligenti da accogliere questa opportunità con grande entusiasmo. Non capisco perché alcune persone preferiscano non sapere: le informazioni genetiche stanno diventando sempre più utili per prevenire ed abbassare il rischio di talune malattie e per individuare i soggetti che magari rispondono meglio ad un certo tipo di farmaco, per questo ho voluto che tutti i membri della mia famiglia si sottoponesse al test. Del resto, ci sono un sacco di esami che i genitori fanno fare ai figli, come ad esempio le vaccinazioni». Un paragone che, però, il dottor Flinter rifiuta categoricamente. «Esiste un’enorme differenza fra la mappatura del Dna e una vaccinazione, perchè quest’ultima viene fatta quando il bambino è piccolo e nel suo interesse, mentre escludo che un test genetico non per finalità mediche venga eseguito nell’interesse del minore o che non si possa fare quando il ragazzo è più grande». Lo scorso anno, l’amministratore delegato di «Illumina», Jay Flatley, aveva predetto che entro la fine del decennio ogni bambino appena nato avrebbe avuto la mappatura del genoma. Nel caso specifico degli West, che già in passato avevano avuto un’istantanea del loro Dna eseguita dalla società «23andMe» e che sono così diventati la prima famiglia al mondo ad avere la mappatura del proprio codice genetico, Illumina si è avvalsa della collaborazione di un consulente etico, di un medico e di alcuni genetisti. «Fino a quando non saranno più chiari vantaggi ed eventuali rischi – è il giudizio di Alison Hall della “PHG Foundation” – sarà bene avvicinarsi con cautela a questo tipo di test, valutando caso per caso, anche se per quanto riguarda la famiglia West, mi pare che tutti fossero perfettamente consapevoli dei potenziali rischi».
Simona Marchetti