L’ultima ribellione segna la fine del rapporto. Moratti: «Il suo è un suicidio pubblico»
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(Ansa) |
MILANO— «Mario, gira voce che ti vuoi scusare: è vero?». Gli occhi un po’ smarriti cercano il procuratore Raiola, «dov’è Mino?, dov’è?». Senza di lui non dice neanche mezza parola. La risposta è che le scuse non ci sono. «Aspettiamo quelle dei tifosi — scherza Raiola —. Se due che si vogliono bene litigano, o ci si scusa entrambi o si lascia correre e si va avanti». Ma il punto è: avanti fino a quando? La verità è che Balotelli è un giocatore nerazzurro a termine. Sia lui che la società hanno capito che dirsi addio è l’unica soluzione. Per ora, la società lo multerà con la sanzione massima (il 30% dello stipendio). Poi c’è l’accordo di ricucire, ma solo per finire l’anno senza altri colpi di testa. In fondo mancano, se va bene, due partite in Champions, quattro in campionato e la finale di Coppa Italia.
Lui, per essere uno che la sera prima ha sperimentato «il suicidio pubblico», usando le parole del suo presidente Massimo Moratti, sembra tutto sommato stare bene. «Sono sereno— assicura Mario —. Sono pronto a diventare il giocatore più forte del mondo, è il sogno che avevo fin da bambino, non voglio certo rovinarlo». Per ora è il più criticato del mondo, e anche il più scaricato, nel senso che è difficile, sui siti come nei bar, all’Inter come fuori, trovare qualcuno che lo difenda in queste ore. Mario — giubbotto di pelle verde e macchinone nero che sembra quello parlante di un vecchio telefilm — arriva quando l’incontro organizzato dalla Gazzetta dello Sport per la presentazione del libro di Stefano Borgonovo è già finito. D’altronde, solo l’idea di incontrare l’ex bomber della Fiorentina ammalato di Sla poteva fargli affrontare telecamere e taccuini in un giorno così, che è il day after gli insulti ai tifosi e la maglia scagliata in terra, mentre l’Inter stava vivendo una serata storica, una delle più belle della presidenza Moratti.
L’incontro lo ha emozionato per davvero. Borgonovo lo ha invitato a casa sua e Balotelli ha detto che andrà volentieri. «È una persona fantastica, mi ha detto che lui nella sua condizione sorride, e mi ha chiesto perché io non lo faccio. Gli ho spiegato che nella mia vita sono un ragazzo molto solare, magari lo faccio poco davanti alla tv». Ma non basterà un sorriso in più per convincere i tifosi che l’altra sera hanno tentato di assalirlo, con Moratti e Tronchetti Provera nell’inusitato ruolo di bodyguard. Non basterà per ricucire con il resto del gruppo, perché i compagni questa non gliela perdonano: se Materazzi ha pensato di risolvere la cosa fisicamente (a sentire Ibrahimovic «voleva matarlo», ucciderlo, a sentire Raiola «ha preso Mario a calci nel sedere»), gli altri, da Lucio a Eto’o, gli hanno urlato di tutto. Ecco perché la rottura sembra definitiva. «Ibra dice che dovevano lasciarmi stare? Io dico che ha ragione Ibra». Insomma, non pare esserci molta voglia di cospargersi il capo (scolpito) di cenere. Però un equilibrio va trovato.
La follia di SuperMario non è certo utile all’Inter, ma non lo è nemmeno a lui e a chi gli deve trovare un’altra squadra. Possibilmente in silenzio. Moratti sul futuro prima scherza con Lippi e Galliani in aula («Mi auguro che oggi il c.t. si sia convinto a chiamare Mario in nazionale… e poi c’è anche il Milan dietro, mi pare»), poi prova a lanciare segnali d’ottimismo, anche perché vorrebbe preservare Mario da un sabato infernale a San Siro contro l’Atalanta, quando potrebbe giocare. «Ricucire è difficile, ma non impossibile. La mia volontà è continuare con questo ragazzo, perché ha il talento e il carattere per superare certe cose. Ora cercheremo di rimarginare tutto con la squadra, l’allenatore e la società. Non sto sottovalutando il suo problema, se fa così un problema c’è». Già, alla fine resta una domanda semplice semplice. Ma perché si è ritagliato il ruolo di guastafeste? Balotelli ha considerato i fischi ingiusti, in generale si sente preso di mira. «Il suo è stato un suicidio pubblico. Lui ha le sue problematiche — continua Moratti —, ma non ci si può fermare al proprio dolore, pensare che ci sono altri con dolori più grandi aiuta». Chissà che dove non è arrivato Mou, dove non è arrivato Moratti, arrivi Borgonovo.
Arianna Ravelli