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«Io, donatrice di midollo, e quel bimbo che non conobbi mai»

Fra poco ci saranno più volontari fuori età che nuovi iscritti. La storia di Maria Grazia, che fu tra i primi italiani a sottoporsi a prelievo di midollo osseo. Oggi, 18 anni dopo, l’allarme: bilancio in rosso già in nove regioni.

 

Maria Grazia Tagliafico

MILANO – «La vera ricevente sono stata io: perché da quel giorno, ogni volta che guardo mia figlia, so che da qualche parte c’è un ragazzo come lei, che sta bene forse anche grazie a me. E alla decisione di non stare seduta a guardare». Parla così Maria Grazia Tagliafico, infermiera, che nel 1992 fu la prima donatrice effettiva di midollo osseo in Liguria, la prima volontaria ad essere chiamata a sottoporsi a prelievo perché compatibile con un malato in attesa di trapianto. «Mi dissero che era un bambino di tre anni e mezzo. Qualche tempo dopo – racconta – seppi che la famiglia aveva chiesto di conoscermi. Ci pensai a lungo e poi dissi di no. Non me la sono sentita: lui stava bene e a me bastava così».

«NON FACCIO LA SPETTATRICE» – Quando Maria Grazia si iscrisse come volontaria, in Italia c’erano circa 20mila donatori e i prelievi effettuati si contavano sulle dita di una mano. Ricorda con esattezza quando decise di mettersi in gioco: «Lavoravo in ospedale, ero mamma da poco e, un giorno, vidi in tv il professor Giorgio Reali, parlare del registro donatori di midollo osseo, appena nato a Genova. All’improvviso mi sentii piccola piccola. Lo conoscevo e lo stimavo (era stato anche il mio insegnante di ematologia), così come conoscevo la realtà dei pazienti. Non potevo più stare a fare la spettatrice. Un semplice prelievo di sangue, ed ero iscritta al registro donatori. Neppure un anno e mezzo dopo, mi chiamarono: “Vieni, forse sei compatibile con un paziente”». Le probabilità sono più o meno quelle di trovare un ago nel pagliaio, in Italia in media una su 300mila. «Ero emozionata, ma tutto fu piuttosto semplice. Con un altro paio di analisi la compatibilità venne confermata, così mi spiegarono la procedura. Ero libera di cambiare idea, ma se dicevo sì la vita del ricevente sarebbe dipesa anche da me».

«QUEL VENERDÌ FUI IO A GUADAGNARE QUALCOSA» – «Furono chiari – prosegue Maria Grazia -: il piccolo doveva essere sottoposto a una preparazione durissima per distruggere le sue cellule malate». A quel punto diventa indispensabile il midollo osseo del donatore, ricco di staminali ematopoietiche capaci di dare origine a globuli rossi, globuli bianchi e piastrine sani nell’organismo del ricevente. «Nei giorni precedenti il prelievo avevo la raccomandazione di riguardarmi, di non espormi a rischi di alcun tipo, evitare luoghi affollati, evitare l’auto. Il giovedì pomeriggio mi ricoverarono per fare l’intervento il venerdì mattina. All’epoca l’anestesia generale era d’obbligo – ora si fa anche con la peridurale – e mi praticarono una puntura sulle ossa del bacino. Il sabato venni dimessa, con un po’ di indolenzimento nella zona, ma in cinque giorni tornai alla vita di prima e al mio lavoro. Era andato tutto bene, quel bimbo aveva avuto una chance di proseguire la sua vita. Mi sentii come se mi avessero dato molto più di quel che mi avevano tolto».

CALANO I DONATORI – Quando Maria Grazia si iscrisse, i donatori volontari in Italia erano circa 20mila e i trapianti effettuati si contavano sulle dita di una mano. Oggi sono circa 330mila e l’anno scorso i trapianti i cellule staminali ematopoietiche da non consanguinei sono stati 654. Ma gli esperti sono preoccupati, perché stanno assistendo a una pericoloso rallentamento delle nuove iscrizioni. I veterani invecchiano (si resta donatori fino ai 55 anni) e i giovani si fanno pregare. Nicoletta Sacchi, direttore del Registro italiano donatori di midollo osseo presso gli Ospedali Galliera di Genova, ci delinea la situazione: «Oggi la risposta dei ragazzi è drammaticamente scarsa, qualche anno fa non era così. Il donatore-tipo è donna, con un’età fra i 35 e i 40 anni, mentre sono sempre meno i maschi ventenni che, per caratteristiche fisiche consentirebbero trapianti efficaci su un maggior numero di malati, compresi quelli di peso maggiore per i quali spesso è difficile trovare donatori adatti». I NUMERI – Ecco qualche dato. Nel periodo 2003-2009 i donatori fra i 18 e i 25 anni sono passati da 17.198 a 13.360, quelli fra i 26 e i 35 anni da 121.526 a 85.099. Restano molte di più le donne (175.710 contro 154.027 maschi nel 2009). Le nuove iscrizioni al registro sono calate da 13.489 del 2001 a 8.492 del 2009. Al contrario, il numero dei donatori fuoriusciti (soprattutto per raggiunti limiti d’età, nel 64 per cento dei casi, ma c’è pure un 10 per cento che si perde perché diventa irreperibile!) è salito da 1.828 a 7.168. Nove Regioni registrano già un bilancio negativo di potenziali donatori (2008-2009): Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Sicilia, Toscana, Umbria. In forte controtendenza invece la Campania (più 278), Puglia (più 337), Veneto (più 506).

SEMPRE PIÙ IMPORTANTE IL DONATORE SCONOSCIUTO – Lo si è ricordato anche in occasione del quarto Congresso Gitmo (Gruppo italiano per il trapianto di midollo osseo) : le terapie cellulari, che oggi curano sempre più malati di leucemie, linfomi, mielomi e altre malattie del sangue, hanno bisogno di volontari. «È più facile che ci si iscriva quando c’è il caso personale, l’amico, il parente che si ammala – osserva Nicoletta Sacchi – ma il meccanismo dovrebbe essere diverso». Serve il maggior numero di volontari da inserire in una rete mondiale di banche dati, per aumentare le possibilità di trovare abbinamenti compatibili. Oggi si effettuano in Italia circa 1.500 trapianti l’anno e la stragrande maggioranza non ha un familiare compatibile. Per questo i trapianti da donatore non consanguineo hanno superato quelli da familiare, e sono ormai due al giorno. Nel 90 per cento dei casi le staminali provengono dal sangue periferico o dal midollo osseo di un adulto, nel restante 10 per cento dal sangue contenuto nel cordone ombelicale dei neonati.

UN AIUTO DALLE NEOMAMME – E proprio ai nuovi nati pensa Alberto Bosi, direttore dell’unità di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze e presidente del Gitmo. «Oggi i volontari sono più vecchi, c’è una riduzione di giovani donatori. Ecco che diventa ancora più importante la donazione solidaristica del sangue del cordone ombelicale d parte delle neomamme. Se si diffonde l’uso di conservarlo per sé, possibile solo all’estero, a pagamento e soprattutto senza una qualunque giustificazione scientifica , si sottraggono ai malati delle possibilità di trovare donatori compatibili».

NO, LA PARALISI NON C’ENTRA – Un’informazione corretta sarebbe già un gran passo avanti. « Andiamo nelle scuole, però capitano situazioni paradossali – racconta Nicoletta Sacchi -, come quando un insegnante non volle un incontro coi ragazzi ‘perché poi a donare il midollo si rischia di restare paralizzati’. Ma il midollo osseo non è quello spinale, non ci sono terminazioni nervose! Il guaio è che abbiamo scarse capacità di promozione, lavoriamo in ospedale, con i malati, le associazioni di volontariato fanno già i miracoli raccogliendo qualche soldo con le varie iniziative. Trovare un donatore compatibile è raro, è come trovare un altro col tuo stesso codice fiscale in tutto il mondo. Ai giovani dico: sono morti dei ragazzi che hanno lasciato come testamento l’invito a diventare donatori, perché a voi non accadesse la stessa cosa. Fatevi vivi». Diciotto anni fa c’era Maria Grazia. E domani?

Donatella Barus (Fondazione Veronesi)

«Io, donatrice di midollo, e quel bimbo che non conobbi mai»ultima modifica: 2010-05-11T15:45:29+02:00da
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