Fabio Polenghi, 45 anni, è stato colpito durante gli scontri. Le Camicie Rosse annunciano la resa ma l’esercito non si ferma. L’ambasciatore italiano: “Non abbiamo notizie di altri connazionali in difficoltà”.
C’è anche una vittima italiana tra i morti degli scontri tra l’esercito thailandese e le camice rosse. Si chiama Fabio Polenghi ed era un fotografo milanese di 45 anni (qui il suo profilo su Facebook). Polenghi è stato colpito al cuore e all’addome. Il fotografo è stato riconosciuto da una amica attraverso le immagini diffuse dalla tv del suo trasporto in ospedale. Ma poco dopo è arrivata anche la conferma dalla Farnesina. Polenghi era single e viveva a Milano. Si trovata in Thailandia per conto di una rivista europea.
Oltre a Polenghi la contro-offensiva dell’esercito thailandese avrebbe provocato altri quattro morti, tra cui forse anche un cittadino olandese. La Borsa di Bangkok è in fiamme e diversi blackout hanno colpito alcune zone della capitale thailandese, mentre bruciano diversi centri commerciali. Anche la sede dell’emittente televisiva Canale 3 è stata data alle fiamme e all’interno sono rimaste intrappolate 130 persone.
Il governo intanto va alla stretta finale a obbliga le tv thailandesi a trasmettere una programmazione speciale decisa dalle autorità militari. Lo ha annunciato Panitan Wattanayagorn, portavoce del governo, spiegando che il provvedimento “consentirà alla popolazione di essere informata in modo migliore”. Al momento, alcune emittenti stanno proseguendo con la copertura giornalistica degli eventi, mentre altre hanno già iniziato a proporre in sequenza dei video che inneggiano alla riconciliazione nazionale.
La situazione resta molto tesa. L’esercito thailandese ha abbattuto con le ruspe la barricata di Ploen Chit, sul fronte orientale dell’accampamento delle “camicie rosse” ormai in via di svuotamento e sta entrando nell’ex cittadella rossa con gli artificieri. Bangkok sarà sotto coprifuoco dalle 20 di stasera (le 15 in Italia) alle 6 di domattina.
L’esercito thailandese è stato autorizzato a sparare a vista se ci sarà resistenza da parte delle camicie rosse che ancora occupano il presidio nel quartiere commerciale di Bangkok. Lo ha riferito la polizia.
Intanto i leader delle camicie rosse hanno annunciato la resa e lo scioglimento del presidio che dal 3 aprile occupa il centro di Bangkok nell’area di Ratchaprasong. Uno dei principali leader della protesta, Jatuporn Prompan, ha parlato ai sostenitori dal palco dell’accampamento: “Mi scuso con voi, ma non voglio altre vittime. Anch’io sono distrutto. Ci arrenderemo”. Jatuporn Prompan e Nattawut Saikua, due dei maggiori leader delle “camicie rosse”, sono stati portati via dall’accampamento scortati dalla polizia, senza opporre resistenza.
Un portavoce del governo ha riferito che i militari hanno ripreso il pieno controllo del quartiere commerciale, che era da un mese e mezzo era occupato dai sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra.
I soldati sono avanzati con i blindati sfondando la barricata eretta a Silom e sono penetrati nell’accampamento dove si trovavano gli ultimi 2mila rivoltosi. Alcuni militari sono penetrati nel presidio dai binari della metropolitana sopraelevata Skytrain. Solo all’inizio c’e’ stata una certa resistenza, con spari e lanci di molotov, poi l’esercito si e’ fatto agevolmente strada con i gas lacrimogeni. Due edifici sono in fiamme. Le operazioni proseguiranno per tutta la giornata anche in altre zone della capitale thailandese, ha fatto sapere il governo. Molti rivoltosi sarebbero fuggiti.
Fabio Polenghi, un fotoreporter in giro per il mondo. Viveva a Milano, ma si trovava nel sud est asiatico da circa tre mesi. Il fotografo italiano morto a Bangkok aveva lavorato con diverse agenzie ed era conosciuto e stimato anche all’estero. Il ricordo di un’amica.
Fabio Polenghi – il fotoreporter morto – viveva a Milano ma si trovava nel sud est asiatico da circa tre mesi. Ultimamente, secondo alcuni conoscenti, faceva spesso base a Delhi. Polenghi lavorava dal 2004 come free lance ed era molto conosciuto tra i suoi colleghi.
Era legato più alla fotografia di moda e a quella pubblicitaria che al giornalismo di inchiesta e di guerra, tanto che tra le testate che avevano pubblicato i suoi lavori ci sono Vanity Fair, Vogue, Marie Claire, Elle. Le sue immagini erano state in mostra alla Citè des Sciences et de l’Industrie e alla Expo del libro, entrambe a Parigi. Aveva realizzato reportage, ritratti e aveva diretto un documentario di 52 minuti, “Linea Cubana” che racconta di un padre, campione olimpico di pugilato e di suo figlio, campione nazionale nella stessa disciplina, realizzato a Cuba e distribuito dalla francese Finalement.
Aveva viaggiato in decine di Paesi, soprattutto in America centrale e meridionale: Brasile, Bahamas, Cuba, Honduras, Haiti, Giamaica e Messico. Dal 2004 lavorava come free lance e per l’agenzia Grazia Neri svolgeva servizi in “assignement”.
Ed è proprio di Grazia Neri uno dei primi commenti arrivati dopo la sua morte. “No, non ho parole. Anche Fabio. E’ terribile, un altro che se ne va”, le sue prime parole. “Ognuna di queste notizie mi prende il cuore. Ho in mente il suo viso. Proprio ieri ero a World press photo e commentavo con i colleghi come i fotografi siano sempre più vicino al pericolo, sempre più dentro…”. Rientrava per un periodo, magari perche’ gli scadevano dei permessi, e poi ripartiva”.
Il fotoreporter Fabio Polenghi? Uno di quelli che “trovavi in ogni luogo ci fosse qualcosa da documentare”, racconta un altro amico e collega che aveva lavorato con lui all’agenzia Grazia Neri. “Io l’ho incontrato in Afghanistan e al G8 – ricorda l’amico – ma non c’era bisogno di chiedersi se Fabio si sarebbe trovato o meno in un certo luogo. Se accadeva qualcosa, lui era di quelli che si sa che si troveranno, prima o poi saltava fuori”.
Il fotografo francese Fabrice Laroche lo ricorda così: “Non era una persona che raccontava delle storie o che voleva politicizzare tutto ad ogni costo. Cercava le emozioni nella gente e non parteggiava per nessuno. Non aveva affatto l’abitudine di battersi per una causa, voleva essere piuttosto un testimone. Era una persona eccezionale e io sono davvero scosso dalla notizia della sua morte”. “Veniva dal mondo della moda e per vocazione, io credo, ha scelto poi di lavorare in ambiti più personali e sulle relazioni umane. Abbiamo lavorato insieme ad un documentario su Cuba, abbiamo cercato di raccontare una storia familiare. Lui era uno che amava molto parlare delle relazioni personali”.