Speranze per il traffico aereo. Il geofisico Gudmundsson:”L’attività del cratere è finita”. Ma non è detto che non riparta
Ha paralizzato il traffico aereo europeo per un’intera settimana. Con le sue gigantesche nubi di cenere ha bloccato a terra centinaia di migliaia di viaggiatori negli aeroporti di mezzo mondo. Milioni di persone hanno dovuto imparare loro malgrado il suo impronunciabile nome. Ora il vulcano islandese Eyjafjallajokull si è placato. Dalle sue tre bocche, che viste dall’alto sembrano il volto dell’Urlo di Munch, non esce più cenere, ma solo bianco vapore.
«Ciò che posso confermare è che l’attività del cratere è cessata. Non c’è più magma che sale», ha dichiarato il geofisico Magnus Gudmundsson dell’Università dell’Islanda. In mattinata un pilota, giornalista ed ambientalista islandese, Omar Ragnarsson, aveva sorvolato il vulcano ed il ghiacciaio con un aereo da turismo: «Non c’è traccia di cenere, i crateri emettono solo vapore». Annuncio che fa probabilmente tirare un sospiro di sollievo alle compagnie aeree di tutto il mondo, che per colpa di quelle ceneri hanno accumulato centinaia di milioni di dollari di perdite.
Tutta colpa dell’Eyjafjallajokull che per 200 anni aveva dormito coperto da un ghiacciaio. Quando ha deciso di risvegliarsi, il 13 aprile, lo ha fatto con un un boato, lanciando in aria una colonna di cenere e detriti alta otto chilometri.
Già poche ore dopo la Norvegia venne costretta a chiudere per prima alcuni tratti del suo spazio aereo. Via via imitata da tutti gli altri Paesi del nord Europa. Alle 13 del 15 aprile toccò a Heathrow, il più grande aeroporto di Londra e si capì che la situazione stava per precipitare. I bivacchi di passeggeri divennero un’abitudine in giro per il mondo: a New York come in Asia. 8.000 voli soppressi in Europa il 15 aprile, 17.000 il giorno successivo, 18-20.000 al giorno dal 17 in poi con Germania, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Polonia, Repubblica Ceca e tutti i paesi scandinavi privi di voli.
Occasione di festa solo per gli abitanti delle zone limitrofe agli aeroporti, come quelli di Roissy con il parigino “Charles de Gaulle” finalmente silenzioso. Il 19 aprile la chiusura toccò anche ai cieli italiani. La situazione cominciò a migliorare dal 20, ma le chiusure sono proseguite fino a due giorni fa, dettate dal principio di precauzione che ha fatto arrabbiare i più estroversi patron di compagnie aeree (su tutti, Richard Branson della Virgin e Niki Lauda), ma anche la Iata, che ancora cinque giorni fa ha attaccato l’Unione Europea per il sistema delle chiusure degli spazi aerei. Ora si tranquillizzeranno, ma gli esperti avvertono: non è detto che sia finita qui.