Marea nera: nuovi problemi nel tentativo di limitare la fuoriuscita di greggio. «Al Senato i voti non ci sono, ma lavorerò nei prossimi mesi con chi è d’accordo, di qualunque partito sia»
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Barack Obama (Epa) |
PITTSBURGH – L’inarrestabile marea nera nel Golfo del Messico offre l’occasione al presidente Barack Obama per rilanciare il suo piano energetico che, come annunciato nei mesi precedenti, prevede l’apertura di nuove centrali nucleari, l’incremento dell’estrazione di gas naturale ma anche forti investimenti per le energie rinnovabili. «Ciò significa porre un termine agli sgravi fiscali destinati alle compagnie petrolifere in modo da poter fare investimenti prioritari nella ricerca e lo sviluppo per l’energia pulita», ha spiegato Obama. Già lo scorso anno la lobby del carbone aveva frenato le aspirazioni ambientaliste del presidente americano: la Camera aveva approvato una legge che introduce un sistema di cap and trade, diritti a emettere CO2, di fatto una tassa sull’inquinamento, ma Obama aveva dovuto fare ampie concessioni ai parlamentari (molti dei quali democratici) degli Stati con miniere di carbone e il provvedimento si era arenato al Senato.
CARBONE – Ora il presidente ci riprova e cerca l’appoggio del Senato: «I voti possono non essere disponibili ora, ma intendo trovarli nei prossimi mesi», ha annunciato Obama in un discorso alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, città della Pennsylvania, cuore carbonifero degli Usa, e anticipato con una nota della Casa Bianca. «Lavorerò per un futuro con energia pulita e mi adopererò con chiunque sia d’accordo, non importa di quale partito».
MAREA NERA – La marea nera del Golfo del Messico può essere il risultato di un errore umano o di scorciatoie da parte delle aziende petrolifere, ha detto Obama. Dopo il fallimento dell’operazione «top kill», ci sono nuovi problemi nei tentativi della Bp di arginare la fuoriuscita di petrolio. Si è infatti incastrata una delle seghe utilizzate per tagliare il braccio flessibile del pozzo nell’operazione chiamata «cut and tape». Lo ha annunciato il responsabile per le operazioni di contenimento, Thad Allen, che ha indicato che adesso la priorità è liberare la sega e portare a termine il secondo taglio del braccio entro la giornata. Se l’operazione andrà a buon fine, verrà poi installato un tappo sulla valvola del pozzo per catturare e aspirare il greggio che fuoriesce. Il primo taglio, effettuato nella notte, era andato a buon termine, ma l’operazione è molto rischiosa e per ora, scrive la Abc, ha già provocato un aumento del 20% del greggio disperso in acqua. Allen ha poi confermato che la chiazza di petrolio ha già toccato parte dello Stato del Mississippi. Una chiazza è ormai a circa 15 chilometri dalle coste della Florida e potrebbe toccare le spiagge di Pensacola entro il fine settimana. Il greggio è già arrivato sulle isole-barriera al largo di Alabama e Mississippi e ha già imbrattato quasi 200 chilometri di coste in Louisiana.
CAMERON – L’Agenzia di protezione ambientale ha invitato a una tavola rotonda a Washington insieme a scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti anche James Cameron, regista canadese di Titanic e The Abyss. La presenza del regista, interpellato in quanto esperto di tecnologie sottomarine, ha provocato l’ironia negli organi d’informazione americani. «Per fortuna che c’è Cameron che viene in aiuto della presidenza Obama», ha commentato l’editorialista del New York Times, Maureen Dowd, ironizzando sul destino del «candidato che camminava sulle acque» e che adesso è «travolto da una crisi sott’acqua». Ironia forse fuori luogo, in quanto Cameron è un appassionato della materia al punto da avere una flotta di mini-sommergibili, piattaforme da esplorazione e robot marini valutati 400 milioni di dollari che nei giorni scorsi ha messo a disposizione della Bp.
ASSICURAZIONI – Brutte notizie per la Bp anche dal mondo assicurativo. Quasi la metà dei soci di Lloyd’s e molti assicuratori internazionali hanno chiesto a un giudice americano d’invalidare la richiesta di rimborso (700 milioni di dollari) per l’assicurazione stipulata da Transocean, la proprietaria della piattaforma Deepwater Horizon affondata nel Golfo del Messico. Secondo gli assicuratori il contratto d’affitto della piattaforma mostra chiaramente come la polizza copra soltanto eventuali danni alla struttura stessa e non la fuoriuscita del greggio. «Le responsabilità contestate a Bp – si legge nel documento visto dal Times – dipendono dalla perdita del pozzo, che è posizionato ben al di sotto della superficie: tali responsabilità non sono comprese nella polizza».
Redazione online
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