MANOVRA. Nei ministeri verso la pensione 95 dirigenti, presentate all’Inps 1.500 domande
ROMA — Cento milioni di euro. Tanto dovrebbe costare allo Stato quest’anno, secondo il Tesoro, la fuga dei dirigenti pubblici verso la pensione, messa in atto prima dell’entrata in vigore della manovra, per evitare la rateizzazione, fino a tre anni, delle buonuscite superiori a 90 mila euro, da cui sono esclusi coloro che vanno in pensione per raggiunti limiti di età. E intanto, da Pechino, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dice di non sentirsi «spaventata dal fatto che le donne possano andare in pensione anche un po’ più in là nel tempo».
Cento milioni, dunque. Ma verrà rispettata la stima? A giudicare dalle indiscrezioni, l’impatto potrebbe essere superiore. A determinare un fuggi fuggi generale è stata la prima versione del decreto, che poneva il tetto a 24 mila euro, facendovi rientrare praticamente tutti, perché una buonuscita, dopo 35-40 anni di servizio, supera i 50 mila euro. Secondo il Tesoro, nel 2010 dovrebbero essere 800 i soggetti spinti verso la pensione, per un importo medio di circa 130 mila euro. Nel 2011, invece, a uscire dovrebbero essere in 2.100, per 280 milioni, spesa compensata da 680 milioni di risparmi, con un saldo positivo, per le casse dello Stato, di 400 euro. Altri 240 milioni verrebbero infine risparmiati nel 2012. Ma intanto anche in via XX Settembre è in atto la fuga tra i 15 mila dipendenti: una settantina le domande di pensionamento tra i dirigenti di prima e seconda fascia. Tra i primi, che sono 70, le domande sono state 7. All’Inps sono stati circa 1.500 i dirigenti a presentare domanda di pensionamento ma il fenomeno starebbe rientrando. Lo conferma Guido Abbadessa, membro del Consiglio di Vigilanza dell’istituto, per il quale «più di qualcuno ha ritirato la domanda dopo l’innalzamento del tetto a 90 mila euro».
All’Inail il fenomeno è più circoscritto: qui le uscite previste erano in ogni caso 400, nell’ultima settimana sono state presentate 130 richieste, solo la metà delle quali riferibili all’effetto-manovra. Quanto all’Inpdap, 4-5 dirigenti generali hanno chiesto il pensionamento, seguiti, a cascata, dai dirigenti di più alto livello. L’effetto su tutti i dipendenti pubblici, le cui pensioni fanno capo all’istituto, secondo Enrico Ponti, membro del Consiglio di Vigilanza, è stato cospicuo, con ritiri nell’ordine delle migliaia. Numeri che superano le previsioni di Tremonti. Il fenomeno è acuito dal fatto che la manovra impone che la buonuscita venga liquidata con i criteri del Tfr (lavoratori privati), anziché col più vantaggioso sistema del Tfs (dipendenti pubblici). In fuga, al ministero della Pubblica istruzione, ci sarebbero quattro dei 10 direttori generali e uno dei due capi dipartimento, oltre a diversi dirigenti. In sede periferica avrebbero già presentato dimissioni alcuni direttori generali di Uffici scolastici regionali e vari dirigenti degli uffici periferici. Numeri elevati anche perché il 31 maggio per i dirigenti scolastici si chiudeva una delle «finestre» per andare in pensione. Solo nel Lazio, dove i presidi sono il 10% del totale nazionale, ci sono state 32 richieste di pensionamento (ce n’erano state 86 a gennaio) e 150 telefonate di chiarimento.
Al ministero dei Beni culturali si sarebbero dimessi quattro direttori generali, mentre al ministero della Salute sarebbero andati via 11 dirigenti, il 10% del totale. Anche tra i questori è allarme generalizzato ma a causa di un’altra norma: quella che stabilisce che dal gennaio prossimo le promozioni hanno effetto giuridico e non economico. Motivo per cui, coloro che, avendo maturato 5 anni come dirigenti superiori, attendevano di potersi pensionare come direttori generali per ottenere il relativo aumento, circa 50, stanno chiedendo di uscire subito.
Antonella Baccaro
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