I pm di Perugia chiedono aiuto al Lussemburgo per le tracce dei soldi di Anemone. Somme ingenti transitate a San Marino anche sui depositi di Rinaldi
Angelo Balducci |
ROMA— Sono due imprenditori inseriti nella «cricca» ad aver fornito agli investigatori la traccia su una casa all’estero messa a disposizione di Guido Bertolaso. Ne parlano al telefono, in una delle intercettazioni non ancora depositate. Non è l’unica. Sono diversi i riferimenti su questa possibilità concessa al capo della Protezione Civile. Lui stesso, in un altro colloquio registrato durante le indagini, farebbe cenno ad un «appoggio» che si trova oltreconfine. Per questo i magistrati di Perugia hanno delegato nuovi accertamenti ai carabinieri del Ros, non escludendo che l’appartamento possa essere intestato a una delle società che fa capo al costruttore Diego Anemone. Nei colloqui si parla di Montecarlo e dunque ci si è orientati verso la Costa Azzurra, però non si escludono altre località, visto che si è già accertato come Angelo Balducci e lo stesso Anemone avessero effettuato investimenti all’estero, in particolare in Tunisia.
DENARO – Si cercano gli immobili, ma si cercano soprattutto i soldi. Nei giorni scorsi i pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi hanno incontrato il Commissario della Legge di San Marino Rita Vannucci. E da lei avrebbero già avuto conferma dell’esistenza di nuovi depositi bancari intestati allo stesso Balducci e al commissario per i Mondiali di Nuoto Claudio Rinaldi. Su quei conti sarebbero transitate decine di milioni di euro e non è escluso che anche altri indagati abbiano utilizzato lo stesso meccanismo per occultare le proprie provviste finanziarie. Per scoprirlo è stata trasmessa ieri una richiesta di rogatoria alle stesse autorità sanmarinesi e quelle del Lussemburgo dove sono già stati trovati 3 milioni di Balducci e 2 di Rinaldi. Le verifiche già disposte in quei Paesi avrebbero consentito di scoprire che anche Anemone potrebbe aver portato lì una parte dei propri soldi e adesso è necessario una risposta ufficiale per poter effettuare contestazioni formali e stabilirne la provenienza.
ACCERTAMENTI – Del resto sono stati gli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza a dimostrare come negli ultimi anni le imprese del costruttore abbiano quadruplicato il fatturato grazie all’aggiudicazione di numerosi appalti inseriti nel programma dei «Grandi Eventi» e dunque assegnati con procedure più rapide e sottoposte a un minor numero di controlli. Un privilegio che il costruttore avrebbe ripagato concedendo favori a numerosi interlocutori istituzionali. Oltre ai fondi messi a disposizione dell’ex ministro Claudio Scajola, del generale dei servizi segreti Francesco Pittorru e del genero del manager delle Infrastrutture Ercole Incalza per l’acquisto di appartamenti a Roma, l’imprenditore avrebbe effettuato gratuitamente anche decine di ristrutturazioni.
PAGAMENTI – Secondo i primi dati acquisiti dagli investigatori soltanto una quarantina di interventi inseriti nell’ormai famosa lista trovata in uno dei computer dell’azienda di Anemone sarebbero stati pagati. Nella maggior parte degli altri casi non sarebbe stata emessa alcuna fattura e nel caso dei lavori effettuati per il Vaticano la cifra dovuta sarebbe stata in realtà accantonata, in modo da poter contare su una provvista in contanti da utilizzare in caso di necessità. Un sistema che i pubblici ministeri hanno evidenziato ieri durante l’udienza convocata dal giudice per decidere il commissariamento di tutte le società che fanno capo all’imprenditore sollecitato dall’accusa.
«IN BIANCO» – Sono stati i magistrati a ribadire come esistesse una «disponibilità “in bianco” delle imprese a compiacere i pubblici funzionari: può trattarsi di concussioni, con i soggetti titolari di pubbliche funzioni che inducono o costringono i privati a elargire utilità indebite (ad esempio, dietro la minaccia di ritardare pagamenti dovuti per legittime spettanze degli appaltatori), ovvero di prezzi di una corruzione insita nella struttura stessa del rapporto fra i due soggetti, con il privato che già sa, nel momento in cui avanza la propria candidatura per l’aggiudicazione di un lavoro, che quel lavoro gli verrà assegnato soltanto a condizione di soddisfare qualunque richiesta del soggetto pubblico. Della prima chiave di lettura, però, ci sono solo larvati ed episodici segnali e dunque non resta che la seconda, tale da offrire della fattispecie concreta un quadro emblematico di malaffare nella gestione della cosa pubblica, dove la corruzione si annida fra le stesse condizioni poste da chi è chiamato ad amministrarla, e giunge al grottesco risultato di una assoluta bilateralità di cointeressenze».
Fiorenza Sarzanini