Appalti – I documenti. Il racconto di un funzionario. «Una nota riservata da Matteoli a Fusi»
Gli scatti del Ros: Fusi (a destra) con De Santis |
FIRENZE — La piccola West Point toscana era solo un inizio. Leggendo le nuove carte depositate dai magistrati fiorentini sulla Scuola Marescialli si capisce che secondo loro quell’appalto— considerato pilotato dall’inizio alla fine— era il grimaldello che stava portando la procura nel complesso mondo del ministero delle Infrastrutture. Gli atti integrativi di indagine, circa 3.000 pagine, sono divisi in due parti. La prima cerca di cementare le accuse già note ad Angelo Balducci e Fabio De Santis con riscontri e ammissioni. La seconda vuole dimostrare come nessuna fase di quell’appalto, spalmato in un arco temporale che va dal 2001 al 2009, sia stata fatta nell’interesse pubblico.
IL RAPPORTO – Lo scorso 7 giugno i carabinieri del Ros di Firenze depositano una ponderosa informativa nella quale elencano le «prove documentali» ovvero i riscontri a quanto desunto dalle intercettazioni. Si tratta di un lavoro certosino che va dalle ricevute e le foto degli orologi che Francesco Piscicelli e il patron della Btp Riccardo Fusi regalano sotto Natale a Fabio De Santis, un Audemars Piquet acciaio da 4.270 euro e un Chopard da 4.063 euro, fino a un verbale di gara relativo a una gara d’appalto per il G8 della Maddalena nel quale Fusi formula un’offerta assolutamente identica a quella che gli suggerisce — «dettare» è il verbo usato dai carabinieri— Piscicelli, l’intermediario di Angelo Balducci. Nelle nuove carte vi sono testimonianze considerate fondamentali, come quella di Claudio Iafolla, capo di gabinetto del ministro Altero Matteoli, che parla della nomina «pilotata» di De Santis (che non aveva i titoli) a provveditore delle Opere pubbliche toscane. Una nomina sponsorizzata da Verdini per conto dell’amico imprenditore Riccardo Fusi e considerata come un favore a Balducci, e quindi una prova di corruzione, che Iafolla racconta così: «Me lo disse il ministro, come fa di solito dice: “ci sarebbe questo De Santis, io vorrei mandarlo al provveditorato di Firenze”». E ancora: nell’informativa ci sono documenti che provano pratiche che potrebbero essere classificate alla voce «do ut des» come l’assunzione, da parte di una azienda che ha appena vinto un appalto, della figlia di Anna Maria Pallavicini, la «zarina» del ministero delle Infrastrutture.
AL MINISTERO – Gerardo Mastrandrea è il capo ufficio legislativo del ministero delle Infrastrutture. Nella sua deposizione dello scorso 17 maggio racconta «in modo leale», parole dei pubblici ministeri, il complesso iter dell’appalto della Scuola. A cominciare dai rapporti tra l’imprenditore Fusi, il suo sponsor Denis Verdini e il ministro Altero Matteoli. «Io non vengo contattato da Verdini. Ho modo di vederlo a un pranzo… a un pranzo, che si svolge… ad ottobre, in cui mi convoca il ministro, si svolge all’Harry’s Bar, intorno al 20, 25 ottobre. Dice “mi raggiunga a questo pranzo”. Io vado all’Harry’s Bar e vedo lì Verdini e Fusi… e il ministro Matteoli. Non sapevo di trovarmi di fronte… Io ho avuto proprio l’impressione che volesse, in qualche modo, dimostrare a Fusi che aveva fatto un lavoro di messa in contatto (…). Mi disse, mi disse il ministro “Mastrandrea, che cosa state facendo?”. Ho detto “noi abbiamo avuto questa delibera dell’Autorità, adesso vedremo”. Punto. Poi si son messi a parlare, tra l’altro, di politica, poi un pranzo anche molto veloce, insomma». Intorno al 24-25 novembre 2008, ricorda Mastrandrea, arriva la delibera sul cantiere da parte dell’Autorità dei Lavori Pubblici. Il funzionario viene messo in guardia dai consulenti. «Mi dicono “non prenderlo per oro colato, perché ha una visione comunque parziale del problema”». L’illegittimità del cantiere dell’Astaldi, alla quale Fusi vorrebbe fosse revocato l’appalto, non sembra così conclamata. «Mi ero un po’ preoccupato perché, devo dire la verità, da giurista quella delibera l’avevo trovata, tra virgolette, un po’ troppo di parte, cioè non avevo mai visto un atto in cui si prendono le ragioni di una delle due parti in causa in maniera così evidente, perciò… Però erano ragioni comunque giuridicamente sostenibili per cui alla fine… non me la sono sentita, insomma, di non dar seguito». Le pressioni per bloccare i lavori vanno avanti, dunque. Un funzionario «ribelle», Mercuri, si mette di mezzo. Verrà poi esautorato. Mastrandrea riprende coraggio: «Vado dal ministro e dico al ministro “guardi ministro non ci sono le condizioni per sospendere il cantiere, a mio avviso, perché stanno emergendo dei dati che l’Autorità dei Lavori Pubblici stranamente non sapeva, non lo so, non gliel’hanno detti, non… eccetera per cui non… a quel punto… io ministro non me la sento di farle firmare alcun atto o qualche cosa che comporti la sospensione dei lavori”». Una misura estrema, la giudica il funzionario, «del tutto spropositata». Ma inarrestabile, pare. Intanto De Santis ha ottenuto l’agognata nomina a provveditore delle Opere Pubbliche toscane. «L’ho conosciuto solo una volta che è venuto nella mia stanza assieme a Balducci. Era un appuntamento strano. Mi hanno chiesto questo appuntamento per venire da me quasi per dire… “te l’abbiamo detto”». Arriviamo nel 2009, e Mastrandrea prepara una nota riservata per il ministro, che i magistrati scoprono essere finita nelle mani dell’imprenditore Fusi. Si dimostrano molto interessati a questa fuga di notizie. Mastrandrea: «Non mi voglio sbagliare, ma quel fax è questa nota qui, che io ho dato al ministro. Non posso escludere che il ministro l’abbia data a Verdini. Verdini l’ha girata a Fusi, hanno visto che era quel contenuto e lui, Vinti (il vecchio legale di Fusi ndr), è tornato da me, o m’ha chiamato il 27 per dire “guarda che quella procedura non c’entra nulla con la cosa, perché non riguarda…”, insomma era al corrente».
IL COGNATO – Pierfrancesco Gagliardi è il cognato di Piscicelli, con il quale condivide la celebre conversazione nella quale quest’ultimo «ride» davanti alle immagini del terremoto dell’Aquila. Definirlo come un pentito è forse eccessivo. Ma nell’interrogatorio del 21 maggio, il cognato ammette certe pratiche corruttive da parte della presunta «cricca». I pm chiedono se gli orologi fossero un modo per ammorbidire le persone al ministero che «non volevano dare un segnale». Risposta: «Un orologio, un regalo, a Natale, Pasqua e Capodanno come diceva e… i lavori alla villetta o se aveva preso altri accordi in termini di dazione di danaro, questo lui non me lo ha mai esplicitato (…), gli orologi erano per qualcuno lì dell’ufficio della Ferratella, per De Santis o per la dottoressa Forleo». Gagliardi, poi, conferma gli incontri del cognato con Denis Verdini. E racconta di aver consigliato a Fusi di andare a parlare con «il capo dei capi», ovvero Matteoli. Alla domanda se Gagliardi conosca davvero il ministro, la risposta è quasi una confessione di millantato credito. «Io ho preso un caffè con Altero Matteoli, una volta a giocare a calcetto, ma è questa la questione capito… la persona a cui volevamo parlare era Matteoli, ma l’avevo visto cinque minuti a pigliare un caffè in giardino lì alle Mazzette, allora… mi ero fatto bello, ecco, diciamo così…».
Marco Imarisio