Ma resta la tentazione di una verifica parlamentare. In giornata il capo del governo vede Tremonti
Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini in una immagine di archivio (Ansa) |
Si apre oggi una settimana che potrebbe essere decisiva per il futuro del centrodestra. Tutti o quasi i nodi più spinosi infatti — caso Brancher, intercettazioni, manovra e rapporto con Fini — dovrebbero venire al pettine, e il premier è impegnato a trovare soluzioni nel più breve tempo possibile.
La settimana è quella decisiva e Silvio Berlusconi ha un obiettivo sopra tutti: quello di uscirne con la sua leadership rafforzata anche se per farlo, dicono i suoi, non dovrà necessariamente andare alla sfida con l’universo mondo. Piuttosto, è un ruolo assieme di sintesi e di rilancio quello che si propone il premier. Per questo — dopo che sabato notte si è concesso una serata di svago in Sardegna, ospite dell’amico Ennio Doris che festeggiava i suoi 70 anni — ieri la sua giornata è stata monopolizzata dalla più urgente delle incombenze, la soluzione del caso Brancher. Che, con le dimissioni del ministro chieste e come sembra ottenute da Berlusconi in un incontro con lui ieri sera, sgombra il campo da una mina pericolosissima: il voto sulla mozione di sfiducia che avrebbe tentato i finiani e fatto rischiare il deragliamento della maggioranza. Ma sul tavolo del Cavaliere restano aperti almeno altri tre dossier: manovra, intercettazioni e soprattutto caso Fini. Quest’ultimo, che è il più complicato da risolvere, potrebbe prendere più tempo dei «pochi giorni» di cui aveva parlato Berlusconi per dare soluzione ai problemi aperti. Ma potrebbe prendere anche una piega imprevista fino a poche settimane fa.
Come proposto ufficialmente infatti dal capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, si potrebbe davvero arrivare a una «separazione consensuale» tra Berlusconi e Fini, che preveda — almeno nell’ipotesi che stanno cominciando a prendere in considerazione i finiani — non ovviamente una cacciata dei reprobi dal partito e dalla maggioranza, ma la nascita di una sorta di federazione tra due soggetti che resterebbero assieme sotto lo stesso tetto del centrodestra. Solo così, cioè con l’assicurazione di non essere gettato in mare aperto e senza ciambelle di salvataggio, Fini potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di un addio alla creatura politica che ha contribuito a fondare, perché avrebbe il tempo, lo spazio, gli uomini (anche i fedelissimi berlusconiani gliene attribuiscono una trentina alla Camera e una quindicina al Senato) per costruire un soggetto che avrebbe la sua libertà di movimento al pari della Lega, direbbe la sua su candidature, leadership, alleanze, scelte strategiche.
La strada del «terzo polo» sul modello del partito liberale inglese, spiegano i fedelissimi dell’ex leader di An, al momento sarebbe solo l’extrema ratio, quella da imboccare cioè qualora si arrivasse a una rottura traumatica tale da spaccare definitivamente il centrodestra e magari portare al voto. Il punto però è che non è ancora chiaro quale sarà la scelta finale di Berlusconi, che tutti prevedono dovrà presto incontrarsi per un chiarimento definitivo con Fini. Perché il premier, dicono, è tentato tanto dall’addio consensuale con l’alleato — che metterebbe fine almeno per ora a una situazione impossibile da reggere ancora — che dalla voglia di cacciare lui e i suoi dalla maggioranza e andare avanti con i voti che gli restano, probabilmente sufficienti per continuare anche se con grandi difficoltà. Ma il problema di come espellere i finiani è ben chiaro al premier, che secondo alcuni potrebbe avere in mente un altro percorso, almeno per l’immediato: quello di una verifica parlamentare sul governo e sui temi chiave della maggioranza per la fase due. Al momento è un’ipotesi tra le altre, una tentazione di Berlusconi per fare una conta tra chi sta con lui e chi contro, e assieme un modo per rilanciare mediaticamente il centrodestra nel caos passando per una rilegittimazione attraverso il voto parlamentare.
E chi conosce bene il premier ritiene la strada «praticabile», anche se il capitolo non è stato ancora affrontato in maniera esplicita dal capo del governo con i suoi, perché un vertice del centrodestra si terrà solo domani, alla vigilia dell’ufficio di presidenza. Infine, nella settimana in cui in commissione Giustizia inizia la discussione generale sul ddl intercettazioni, si arriva alla stretta sulla manovra. Ieri il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, ha smentito che ci sia stato uno «scontro» tra Berlusconi e Tremonti. Ma oggi tra il Cavaliere e il ministro dell’Economia è previsto un faccia a faccia, per mettere forse la parola fine alle trattative sulla manovra. Con le Regioni e alcuni ministri sul piede di guerra e le imprese che chiedono cambiamenti sul fisco, Berlusconi vorrebbe trovare quello spazio di azione che gli permetterebbe di dare risposte rassicuranti pur nell’ambito di un provvedimento i cui saldi — su questo non si transige — non possono cambiare.
Paola Di Caro