A Varsavia la finale mondiale della manifestazione. In gara più di 300 mila studenti. Imagine Cup 2010, tre nazioni asiatiche si impongono nelle principali categorie. Curtoise: «Siete già leader»
Jean Philippe Courtoise, presidente di Microsoft International, interviene all’Imagine Cup a Varsavia |
VARSAVIA – Jean-Philippe Courtoise, presidente di Microsoft International, già li chiama «leader». Non ha dubbi che saranno loro la classe dirigente del futuro. E come lui la pensano un po’ tutti nella compagnia fondata da Bill Gates, ben consapevoli che anche la loro storia di successo, in fondo, è una storia che nasce da un’idea e da un piccolo garage utilizzato come studio da quello studente che sarebbe poi diventato Mister Innovazione per antonomasia. Dal palco del Teatro dell’Opera di Varsavia, che ha ospitato le finali mondiali dell’Imagine Cup 2010 e che è stato trasformato per l’occasione in un’arena multimediale, Curtoise ha esortato i finalisti a dare corpo alle proprie idee, ad inseguire i propri sogni, a commettere tutti gli errori che sarà necessario fare perché, citando G. B. Shaw, «una vita in cui sono stati fatti degli errori è comunque migliore di una vita in cui non si è fatto niente». E a fare del proprio meglio per immaginare un mondo diverso – di qui il nome della manifestazione – e per provare a cambiarlo. Non a caso il tema della manifestazione sono gli otto «Millennium Goals» delle Nazioni Unite, gli obiettivi del millennio che vanno dalla riduzione della povertà e della fame nel mondo e al miglioramento dell’istruzione e delle condizioni di salute a livello globale, passando per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente.
NEL TEATRO DI CHOPIN – Hanno partecipato in più di 320 mila, in rappresentanza di 110 nazioni del mondo intero. Si sono sfidati nelle undici categorie in cui è suddivisa la kermesse. E sotto i riflettori del teatro costruito agli inizi dell’800 dall’architetto italiano Antonio Corazzi e che per primo ha celebrato il genio di Chopin, nella serata conclusiva di giovedì alla fine ha brillato la stella della Thailandia i cui portacolori, gli studenti del team «Skeek», hanno trionfato nel «software design», la più importante delle sezioni in cui era ripartita la gara. Il loro progetto, un software che consente anche agli studenti sordomuti di seguire lezioni a qualunque livello trasformando le parole dell’insegnante in testo che compare in tempo reale su un monitor sia sotto forma di «balloon» come quelli dei fumetti sia mediante il linguaggio dei segni interpretato da un avatar, è stato giudicato il migliore di tutti e si è aggiudicato il primo premio di 25 mila dollari. Ma altrettanto degni di nota erano i progetti presentati dagli altri cinque team arrivati fino all’ultima selezione. Per la cronaca, al secondo posto si sono piazzati rispettivamente i team di Serbia e Nuova Zelanda. Nella categoria delle Embedded Technologies (software abbinato ad hardware) si è invece imposta Taiwan. Nella categoria «game», videogiochi a loro volta ispirati ai principali problemi che affliggono l’umanità, il successo è andato invece alle Filippine.
LINGUA UNIVERSALE – Non è forse un caso che i tre successi principali (le altre categorie riguardano sfide puramente informatiche e matematiche o arti visive, come la fotografia e la produzione di film) siano andati a squadre di tre Paesi emergenti dell’area orientale. Lo stesso Jon Perera, general manager dell’Education Group di Microsoft, parlando con il Corriere prima che si conoscessero i responsi delle giurie aveva esortato a pensare che non necessariamente i nuovi cervelloni emergeranno dalla Silicon Valley. Se l’Imagine Cup è lo specchio del mondo reale, allora questa profezia si sta già avverando. Non è la prima volta, del resto, che studenti di nazioni che non rientrano tra le otto più industrializzate del mondo riescono ad emergere con idee e progetti tecnicamente validi ma anche innovativi e creativi quanto basta per stare una spanna sopra gli altri. E questo grazie alla tecnologia, la vera nuova lingua universale, capace di abbattere ogni frontiera e ogni barriera e di mettere sullo stesso piano aree del pianeta con storie, cultura e condizioni di vita della popolazione molto diverse tra loro.
STUDENTI IN CAMPO– «Agli studenti non abbiamo chiesto solo di realizzare dei software come fossero compiti assegnati dall’insegnante – ha sottolineato Anthony Salcito, vice presidente Education della società di Redmond, nell’aprire l’Education Leaders Forum, il meeting tra esponenti del think tank di tutte le nazioni sul ruolo dell’istruzione abbinata alle tecnologie che si è svolto parallelamente all’Imagine Cup -. Abbiamo invece voluto che si impegnassero in prima persona nell’individuare progetti per risolvere i problemi del mondo che fossero tarati sulle esigenze dei rispettivi Paesi». I tempi sono maturi. Il ruolo consolidato e sempre più crescente dei social network, l’evoluzione dei dispositivi che consentono di raggiungere anche zone solitamente isolate (in Africa ci sono problemi con le connessioni via cavo, ma i passi avanti dei mobile device rendono sempre più agevole il superamento del digital divide), la crescita del cloud computing, ovvero la disponibilità online di risorse e tecnologie che non necessitano più di essere residenti in una singola macchina. Tutto questo sposta ancora di più l’attenzione sui giovani e sul mondo degli studenti, coloro che queste tecnologie sono in grado di maneggiare e di applicare al loro percorso di formazione. Anche per questo a Varsavia, nella due giorni dedicata al futuro dei sistemi educativi nel mondo, è stata presa in prestito una frase di Nelson Mandela: «L’istruzione è la più potente arma che si possa utilizzare per cambiare il mondo». Parole che forse mai come oggi sono state così dense di significato.
LA SCHEDA. Linguaggi senza parole e dati via radio: ecco la tecnologia che include gli esclusi. I sei progetti finalisti dell’Imagine Cup 2010. C’è anche il software contro lo spreco quotidiano di cibo
Una dimostrazione del funzionamento del progetto che ha vinto l’Imagine Cup (foto A.Sala) |
Nel mondo esistono 364 milioni di persone con problemi di udito. Ci sono molte scuole specializzate per consentire loro di ricevere un’educazione di base. Ma a mano a mano che il livello della formazione si alza, diminuiscono le possibilità di proseguire negli studi. Una sola università, negli Usa, è dedicata a questi studenti. Il software elaborato dal team thailandese – che si è aggiudicato l’Imagine Cup 2010 dopo la sfida finale con Finlandia, Serbia, Singapore, Nuova Zelanda e Malaysia – permette invece loro di seguire qualunque tipo di lezione, dalle scuole elementari all’università. Il software Skeek converte infatti le parole dell’insegnante in un testo che viene riprodotto su un monitor che trasmette l’immagine del professore sottoforma di un «balloon», la classica nuvoletta dei fumetti. Non solo: in un’altra icona lo stesso testo viene riprodotto nel linguaggio dei segni. Il tutto realizzabile con una webcam, un computer e un microfono.
LINGUAGGI SENZA PAROLE – Il progetto del team finlandese serve invece ad agevolare coloro che, per motivi professionali o semplicemente perché hanno a che fare con persone sordomute, hanno necessità di imparare il linguaggio dei segni. Il software sviluppato dai ragazzi dell’università di Turku si basa su una libreria di mini-video che mostrano come compiere con esattezza il movimento che corrisponde ad una parola o ad una frase. Prevede inoltre la possibilità di esercitarsi davanti alla webcam come se si fosse davanti ad uno specchio e di ripetere la cosa ogni volta che è necessario. Insomma, come avere un insegnante – e di una materia così particolare e complessa – sempre a disposizione.
NIENTE INTERNET? C’E’ LA RADIO – Dotare i bambini africani, o di altre regioni sottosviluppate nel mondo, di un laptop ormai non è più considerato qualcosa di impossibile. Computer a basso costo sono stati studiati e sviluppati proprio pensando alle esigenze di questi angoli svantaggiati del pianeta. Ma i computer, se restano isolati, servono a poco. E che in certe aree del mondo sia difficile connettersi al web è risaputo. Il progetto del team della Nuova Zelanda punta a risolvere questo problema facendo ricorso alle onde radio. Un software trasforma un testo o uno speech in un segnale compatibile con la trasmissione in Am e in Fm. Una volta recepito mediante una normale radiolina (o un lettore mp3 dotato di ricezione radio) e trasmesso al computer mediante un cavo del costo di pochi centesimi il segnale viene riconvertito in testo. In questo modo è possibile garantire anche ai bambini che vivono nei villaggi più sperduti l’accesso a informazioni e materiali di studio che altrimenti sarebbero preclusi loro.
MENO SPRECHI CON IL FRIGO INTELLIGENTE – Il progetto del team Malaysia parte dalla constatazione che esiste al mondo una grande percentuale di cibo che viene buttato perché semplicemente scaduto o andato a male. Una tendenza, come è facile immaginare, concentrata nei Paesi ricchi. Solo negli Usa ci sarebbero 200 milioni di tonnellate di cibo buttato ogni giorno. Che non sono solo un “peccato”, ma anche uno spreco di risorse e di energia, quelle servite per produrlo, trasportarlo e immagazzinarlo. Energia che ha un costo ambientale ovviamente molto elevato. Di qui l’idea di razionalizzare i contenuti di dispense e frigoriferi mediante un software che avvisa l’utente se ci sono cibi in giacenza da troppo tempo, consigliano anche ricette per privilegiare quelli vicini alla scadenza. Non solo: abituandosi a trascrivere la lista della spesa anche nel programma, e non solo sul fogliettino del block notes, il software è in grado di lanciare un alert qualora si stiano per comprare dei doppioni, magari a causa di una confezione di cibo deperibile dimenticata nella parte più nascosta del frigo. E’ poi possibile prevedere delle diete personalizzate grazie ad un’estensione del programma capace di calcolare per ogni cibo valori nutritivi e calorie e di elaborare statistiche su quanto è stato consumato con relativa analisi delle ripercussioni sul proprio benessere.
COMUNICARE CON GLI OCCHI – Cosa sarebbe una vita senza possibilità di comunicare? Se lo sono chiesti gli studenti del team della Serbia che si sono ispirati ad una puntata di “Dr. House”, in cui il medico capiva quello che il paziente completamente paralizzato gli diceva attraverso il movimento degli occhi, per elaborare un programma che consente a chi si trova in condizione di immobilità forzata di parlare con gli altri, inviare sms, partecipare a chat, navigare in Internet o leggere libri. Il tutto grazie a degli elettrodi da ecg leggermente modificati che, applicati alla fronte del soggetto, sono in grado di riconoscere i movimenti della fronte e delle palpebre. E proprio attraverso di essi la persona che usa il software può compiere scelte nel menù di navigazione. Una persona completamente paralizzata dal collo in giù e che magari non ha possibilità di esprimersi neppure attraverso la voce può così comandare il programma allo stesso modo in cui lo farebbe con un mouse o con uno schermo touch screen e accedere dunque al web, utilizzare i social network (sono stati previsti appositi plug in per utilizzare Facebook ma anche per navigare tra le mappe di Bing e via via il sistema può essere implementato).
INSEGNANTI IN NETWORK – Di istruzione nei paesi sottosviluppati si sono occupati anche gli studenti del team di Singapore che con Teacher Think Tank hanno previsto un’interfaccia che mette in comunicazione insegnanti di tutto il mondo. Quelli che vivono in nazioni povere e che magari hanno a loro volta dei debiti di formazione (e che quindi possono avere necessità di chiedere consulenze su singoli argomenti o sul come tradurre parole e frasi) possono chiedere aiuto ai colleghi del resto del mondo tramite un sms, non avendo magari a disposizione una connessione ad Internet. Il network degli insegnanti che si sono resi disponibili ad aiutare i colleghi in difficoltà ricevono la richiesta e possono rispondere con un altro sms che raggiungerà la persona che aveva fatto la richiesta. Il tutto avviene potenzialmente in tempo reale.
Al. S.
Alessandro Sala