Le violazioni che sono costate il commissariamento del Credito cooperativo fiorentino. Gli ispettori di Bankitalia: «Gravi irregolarità
FIRENZE – Punto primo: «L’assetto di governo della banca è privo di contraddittorio e di controllo». Poi un rilievo generale sui «processi organizzativi risultati lacunosi». Altra questione: lo «sviluppo degli impieghi di denaro non è improntato a canoni di prudenza», per non parlare del «mancato o non corretto esercizio dei controlli antiriciclaggio». E infine le «operazioni in conflitto di interessi». Eccole, le «gravi irregolarità» costate il commissariamento al Credito cooperativo fiorentino (Ccf) di Campi Bisenzio, l’Istituto bancario guidato fino a pochi giorni fa da Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl. Questi cinque punti (e molto altro ancora) sono nella lista delle «violazioni» rilevate dagli ispettori della Banca d’Italia, Vincenzo Catapano e Antonio Cattolico, nella relazione di 109 pagine con la quale è stato proposto al ministro Giulio Tremonti di commissariare la banca: proposta votata all’unanimità dal Direttorio di Bankitalia e accolta dal ministro. Ora la relazione è sul tavolo del procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi («Ci sono spunti interessanti per nuove indagini») e del suo sostituto Luca Turco. Ma anche la procura di Roma ne possiede una copia perché la banca di Verdini è stata al centro di molti passaggi di denaro che hanno a che fare con l’inchiesta sull’eolico in Sardegna sulla quale i magistrati romani stanno cercando di fare luce.
Denis Verdini |
L’inchiesta sulla banca di Verdini
Sul fronte fiorentino le indagini relative al Credito cooperativo sono in piedi da molti mesi. Partendo dal «patto corruttivo» che sarebbe stato stipulato per la costruzione della Scuola Marescialli a Firenze, gli inquirenti scoprirono il rapporto «ambiguo» fra Verdini e Riccardo Fusi, l’imprenditore, ex socio e amico di sempre. La procura accertò una gestione «spregiudicata» della banca del coordinatore Pdl e arrivò a indagare sia lui (per mendacio bancario) sia Fusi (per appropriazione indebita). In mezzo a tutto questo l’ispezione di Bankitalia e, adesso, l’esito deciso dal ministro Tremonti. Da due giorni il Credito cooperativo è nelle mani dei commissari straordinari nominati dal governatore di Bankitalia Mario Draghi: il professor Angelo Provaroli, ex rettore dell’Università Bocconi, e Virgilio Fenaroli, manager bancario. Avranno un anno di tempo per mettere ordine nella gestione dell’Istituto di credito.
Il «sistema» Verdini
«Ben vengano gli ispettori così potranno accertare che qui è tutto in regola». Così disse a febbraio il banchiere Verdini. A giudicare dalla relazione si direbbe invece che ci sia un lungo elenco di episodi accanto ai quali i controllori di Bankitalia non scriverebbero la parola «regolare». A cominciare da quell’«assetto di governo della banca è privo di contraddittorio e di controllo». Cosa significa? Sono due punti legati a uno stesso «difetto»: praticamente, questo ipotizzano gli inquirenti, gli uomini di Verdini erano nei punti chiave della banca. Cioè nel Consiglio di amministrazione e negli organi di controllo (il collegio sindacale). Qualche esempio: il vicepresidente della banca era il suo avvocato penalista, Marco Rocchi. L’altro suo avvocato, civilista, Antonio Marotti, era presidente del collegio dei sindaci revisori. A voler ipotizzare intrecci sospetti fra Verdini e Fusi, la procura potrebbe approfondire anche la presenza di Monica Manescalchi, la segretaria di Fusi, nel collegio dei probiviri. E ancora: i sindaci revisori Luciano Belli e Gianluca Lucarelli avevano ruoli importanti nella Edicity, la società di Simonetta Fossombroni, moglie di Verdini. Belli è un socio mentre Lucarelli è presidente del collegio sindacale.
La mancanza di prudenza
Fra i rilievi di Bankitalia ci sono «gli impieghi di denaro non improntati a canoni di prudenza». In sostanza la concessione di fidi e finanziamenti senza che ci fossero le garanzie necessarie. «C’è una concentrazione di denaro erogato a pochi soggetti» spiegano gli ispettori «e non sempre ben individuati». La maggior parte delle irregolarità è stata accertata nel rapporto con il colosso delle costruzioni Baldassini-Tognozzi-Pontelli (Btp) di Riccardo Fusi. Sarebbero stati concessi alla Btp fra i 20 e i 25 milioni di euro di finanziamenti sulla base di contratti preliminari di compravendita immobiliare mai andati a buon fine (ai quali, cioè, non è mai seguito un solo rogito). Fra le «imprudenze» del Credito cooperativo di Verdini anche i rapporti con la Ste, la Società toscana di edizioni (editrice de Il Giornale della Toscana). La banca, violando i vincoli normativi, le aveva concesso soldi per più del 10% del suo valore patrimoniale. I controllori di Bankitalia, inoltre, rilevano «gravi violazioni» delle norme antiriciclaggio: per esempio non sono state eseguite correttamente alcune delle operazioni obbligatorie per segnalare versamenti sospetti. Come nel caso di otto assegni da 12.499 euro versati (sul conto della Ste) nella banca di Verdini per aggirare, ipotizzano i magistrati di Roma, le norme che fissano in 12.500 euro il limite massimo per far partire la segnalazione.
Giusi Fasano