Nota del presidente della camera: otto chiarimenti sulla casa di Montecarlo; «Chi spera che sia costretto a desistere dal porre il tema della legalità si rassegni». «L’affitto a Tulliani? La mia sorpresa e il mio disappunto possono essere intuibili»
ROMA – «In quasi trenta anni di impegno parlamentare non ho mai avuto problemi di sorta con la giustizia e non ho assolutamente niente da nascondere nè tantomeno da temere per la vicenda monegasca. Pertanto, chi spera che in futuro io sia costretto a desistere dal porre il tema della trasparenza e della legalità nella politica è meglio che si rassegni». Lo afferma Gianfranco Fini in una lunga nota nella quale spiega nel dettaglio la vicenda della casa di An a Montecarlo. Ma fa anche trasparire la propria contrarietà quando ha saputo dell’affitto dell’appartamento a Tulliani: «La vendita dell’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al Notaio Aureglia Caruso e sulla natura giudica della socieà acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla – scrive Fini – Qualche tempo dopo la vendita ho appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l’appartamento. La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere facilmente intuibili».
NON STRILLO CONTRO MAGISTRATI”COMUNISTI, BEN VENGA L’INDAGINE – «Un’inchiesta della Magistratura accerterà se sulla vicenda della casa a Montecarlo sono state commesse irregolarità o violazioni di legge. È la ragione per cui mi sono fino ad oggi limitato ad affermare ‘Ben vengano le indaginì. A differenza di altri non ho l’abitudine di strillare contro i magistrati comunisti…». Inizia così una lunga nota del presidente della Camera Gianfranco Fini, in merito alla vicenda della compravendita dell’appartamento di Montecarlo che era stato lasciato in eredità ad An. «Secondo molti la rilevanza che il caso ha assunto dovrebbe spingermi a chiarire rapidamente, senza attendere interrogatori e rogatorie internazionali, alcuni punti non facilmente comprensibili per l’opinione pubblica. Premesso che il caso è diventato tale per l’ossessiva campagna mediatica dei giornali berlusconiani, che fingono di ignorare che la vicenda non ha ad oggetto soldi o beni pubblici ma solo la gestione di una eredità a favore di A.N., sento comunque il dovere di fare chiarezza per cio» di cui sono a conoscenza».
OTTO CHIARIMENTI – Il presidente della Camera Gianfranco Fini, con una lunga nota fa il punto sulla casa di An a Montecarlo.
1) L’appartamento di Montecarlo (peraltro di modeste dimensioni) fu valutato, quando venne in possesso di A.N., circa quattrocentocinquanta milioni di lire e per tale valore fu regolarmente iscritto a bilancio. La stima fu fatta dalla societa» che amministra il condominio ed è stata spontaneamente esibita agli inquirenti insieme con gli altri documenti richiesti.
2) Chi ebbe modo di visitare l’appartamento, l’On. Lamorte e la Sig.ra Marino, mia segretaria particolare, riferirono che esso era in condizioni fatiscenti, inabitabile senza cospicue spese di ristrutturazione.
3) Non corrisponde al vero che siano state avanzate a me o, per quel che mi risulta, all’amministratore Sen Pontone o ad altri proposte formali di acquisto.
4) Nel 2008 il Sig. Giancarlo Tulliani mi disse che, in base alle sue relazioni e conoscenze del settore immobiliare a Montecarlo, una società era interessata ad acquistare l’appartamento, notoriamente abbandonato da anni.
5) Verificato dagli Uffici di A.N. che l’offerta di acquisto era superiore al valore stimato (trecentomila Euro a fronte di quattrocentocinquanta milioni di lire) e in ragione del fatto che il bene rappresentava unicamente un onere per A.N. (spese di condominio ed altro), autorizzai il Sen. Pontone alla vendita come accaduto altre volte in casi analoghi.
6) Solo per restare nell’ambito dell’eredità Colleoni, alcuni terreni a Monterotondo, un appartamento ad Ostia ed uno in Viale Somalia a Roma furono venduti in tempi diversi con le medesime modalita». In nessuna occasione, a partire dalle assemblee nazionali convocate secondo statuto per l’approvazione dei bilanci, alcun dirigente di A.N. contestò o sollevò perplessita« sulle avvenute vendite essendo evidente che la »giusta battaglia« cui faceva riferimento il testamento consisteva nel rafforzamento del partito anche attraverso nuovi introiti finanziari e non certo attraverso l’utilizzo di terreni o appartamenti (specie se all’estero) non necessari all’attività politica.
7) La vendita dell’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al Notaio Aureglia Caruso e sulla natura giudica della societa» acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla.
8) Qualche tempo dopo la vendita ho appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l’appartamento. La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere facilmente intuite.
Berlusconi soddisfatto. Gelo sulla mossa del cofondatore. L’idea di una raccolta di firme per le dimissioni
Lo descrivono infuriato per quei passaggi durissimi della nota di Fini che lo chiamano in causa non solo come cospiratore occulto, ma anche come detrattore del lavoro dei magistrati: «Approfitta perfino di questa occasione per attaccarmi, non ha vergogna…». Ma lo raccontano anche soddisfatto, quasi trionfante per quella che considera una «pessima figura» da parte del presidente della Camera, che ad oggi, quando ancora «è tutto da vedere se questa vicenda si chiuderà qui…», risulta più debole, colpito, forse sul punto di affondare e di dare le dimissioni dallo scranno più alto di Montecitorio, come lui auspica e prevede da giorni: «L’avevo detto io che su questa storia ne avremmo viste delle belle…».
È insomma un Silvio Berlusconi double face quello che apprende la notizia dell’autodifesa di Gianfranco Fini nella sua villa di Arcore. Le battute che gli attribuiscono sulla questione sono tante, così come le intenzioni, ed è difficile capire davvero se siano farina del suo sacco: c’è chi giura di averlo sentito dire che il caso di Fini è di gran lunga peggiore di quello di Scajola che almeno non si è messo a fare il castigatore dei costumi altrui, chi lo ha visto fregarsi le mani perché adesso i finiani allo sbando torneranno docilmente nel Pdl o comunque abbasseranno pretese e toni, chi lo ha sentito ironizzare su una nota che sembra scritta dai suoi nemici, e chi lo descrive pronto ad usare l’arma finale, il voto, per uccidere nella culla ogni velleità presente e futura di terzo polo ora che l’ex leader di An è così «azzoppato».
A frenare la valanga di indiscrezioni e ricostruzioni è dunque subito sceso in campo palazzo Chigi, con una nota del portavoce Paolo Bonaiuti nella quale si smentiscono preventivamente giudizi o commenti di qualsivoglia segno attribuiti al premier, che invece è impegnato «nel programma di governo» in vista della verifica di settembre. Come a dire, il premier vola alto e guarda avanti, non entra in vicende che si commentano da sole.
Ma basta vedere come si muovono i fedelissimi del Cavaliere per capire che tira una pessima aria per Fini. I «falchi» infatti sono già in piena attività con la richiesta di dimissioni subito, formulata tra gli altri da Daniela Santanchè che si scandalizza perché da Fini arriva «un vergognoso tentativo di scaricare le colpe su compagna e parenti», e sono già pronte iniziative come una raccolta informale di firme per far dimettere immediatamente il presidente della Camera, che secondo alcuni tra poco potrebbe essere sondato dal capo dello Stato su una vicenda sempre più scottante.
Contemporaneamente però ci si muove anche sul terreno più propriamente politico, come fa Osvaldo Napoli, che nell’offensiva di Fini contro Berlusconi vede «la decisione di chiudere la verifica prima ancora di aprirla» proprio perché «butta in politica» quella che è un’inchiesta giudiziaria della quale dovrà rispondere alla magistratura, mentre Gaetano Quagliariello accusa il presidente della Camera di aver reso con le sue parole tutta la vicenda «ancora meno trasparente» di quanto non fosse prima.
Insomma, il leader di Futuro e Libertà è sottoposto al bombardamento di chi gli intima di togliersi di mezzo (ma tanti nel Pdl non credono sia una buona mossa quella delle petizioni per le dimissioni) e chi pensa che sia il momento di sottrargli forze e truppe, in vista di quel chiarimento di settembre che nemmeno Berlusconi avrebbe deciso a cosa debba portare. E’ vero infatti che la tentazione di votare è sempre forte, ma nel suo entourage erano in tanti ieri a ragionare sulla nuova strada che potrebbe aprirsi: un accordo nella maggioranza alle condizioni di Berlusconi e non certo di Fini, grazie alla riconquista di buona parte del drappello di Fli. Scenari, che cambiano di ora in ora, perché «tutto potrebbe ancora succedere» dicono i fedelissimi del premier, e in una situazione «così imbastardita e confusa si vive alla giornata».
Paola Di Caro