Il capogruppo di Futuro e Libertà: «Cosa pensa il ministro del plurimputato Berlusconi?»
Bocchino e Fini (Ansa) |
ROMA – Non si placa la polemica tra finiani e Pdl sulla richiesta di dimissioni del presidente della Camera. Anzi, la tensione sale alle stelle. L’escalation di accuse reciproche ormai è inarrestabile e le parole pronunciate dal leader della Lega Umberto Bossi («Siamo nella palude, l’unica possibilità è votare») lasciano pensare che lo scenario di un’accelerazione verso la crisi di governo sia sempre più plausibile. L’ultimo scambio di battute al vetriolo ha come protagonisti il coordinatore Pdl e ministro Sandro Bondi e Italo Bocchino. Oggetto dello scontro le ipotetiche dimissioni del presidente della Camera Gianfranco Fini. Il capogruppo di Futuro e Libertà a Montecitorio ha replicato attraverso una nota al ministro che lo aveva accusato «di essere in stato confusionale». «Ha chiesto – ha detto Bondi – le dimissioni di mezzo governo e contemporaneamente una verifica di maggioranza a settembre».
ATTACCO A BONDI – «Bondi anziché aggredirmi verbalmente dicendo che sono in stato confusionale – attacca Bocchino – farebbe bene a dirci se nella scala dei suoi valori deve dimettersi prima un plurimputato come Berlusconi o il presidente Fini a cui la magistratura non ha niente da chiedere neanche come persona informata sui fatti». «La differenza tra noi e Bondi – continua il finiano – è anche nella lealtà perché noi abbiamo sempre difeso Berlusconi dalle aggressioni esterne mentre loro si sono fatti promotori di un’aggressione contro Fini soltanto perché, e uso parole di Feltri, non si è voluto “mettere a cuccia” nel “partito contorno”». «Che Bondi provi piacere a stare a cuccia facendo il contorno di Berlusconi è comprensibile, così come è comprensibile – conclude Bocchino – che Fini con la sua storia e il suo consenso abbia scelto di non starci».
LA NOTA DI BONDI – Le parole di Bondi che hanno fatto scattare la dura replica di Bocchino erano contenute in una nota del ministro: «Ho l’impressione che all’onorevole Italo Bocchino sfugga, quantunque faccia sfoggio di baldante sicurezza, la durezza e al tempo stesso la complessità della politica». Il coordinatore nazionale del Pdl aveva poi aggiunto: «Chiedere, come fa oggi l’onorevole Bocchino, da una parte le dimissioni pressoché dell’intero governo e dall’altra parte la convocazione di un vertice con tanto di verifica, tradisce l’estremo stato di confusione e di smarrimento in cui si trova il capogruppo di Fli». Martedì Bocchino aveva detto che chiedendo le dimissioni di Fini, come insiste da giorni una parte del Pdl, «si correva il rischio di una grave crisi istituzionale».
BOCCHINO: SI DIMETTA BERLUSCONI – Bocchino – in un’intervista a Repubblica – ha poi aggiunto che le possibilità che Fini si dimetta «sono pari a zero». E certo, prima di lui, «che non è nemmeno sotto processo», dovrebbe essere «Berlusconi a dimettersi, al contrario imputato in più processi» e con lui «per lo stesso motivo i ministri Matteoli, Fitto e il sottosegretario Bertolaso». Il capogruppo di Futuro e Libertà alla Camera sottolinea che se i berlusconiani «vanno avanti di un solo passo siamo alla crisi istituzionale» e «la sta aprendo Berlusconi». Il presidente della Camera, dice, «dipende dal Parlamento che gli dà la fiducia, ma il Parlamento non può e non deve dipendere dal governo». In ogni caso, si chiede come possa il Cavaliere chiedere le dimissioni di Fini, «proprio lui che è imputato in più processi» come i ministri e il capo della Protezione Civile. «Noi – aggiunge – non abbiamo mai chiesto le loro dimissioni». Anche se Berlusconi ufficialmente in questi giorni non si è pronunciato, per Bocchino «ci sono prove inconfutabili che lui sia il mandante di tutta l’operazione»: in primis le dimissioni chieste dal portavoce del Pdl (Capezzone) e mai smentite, e in secondo luogo «la raccolta di firme contro Fini arrivata dal Giornale, che è una sua proprietà». Il «rispetto del ruolo istituzionale di Fini» diventa allora «una precondizione» per evitare la crisi: «Non possiamo più stare a guardare gli avvoltoi, non possiamo più tollerare che il presidente della Camera sia quotidiano bersaglio della stampa berlusconiana».
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