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Minacce alla madre del pugile killer

Vita impossibile dopo che suo figlio ha ucciso Emlou.. sfasciata la vetrata del palazzo; «Filippini mi seguono fino al posto di lavoro». I vicini di casa: meglio se va via.

Oleg Fedchenko (Fotogramma)

MILANO– Prima la vetrata del portone di casa presa a sassate e le scritte sulle pareti del palazzo: «A morte». Poi i pedinamenti fin sul posto di lavoro e le minacce. Vive blindata la madre di Oleg Fedchenko, il pugile ucraino che lo scorso 6 agosto ha massacrato a pugni in viale Abruzzi la 41enne filippina Emlou Arvesu. Lei, la 49enne Larisa, cameriera in un lussuoso albergo in zona Centrale, oltre a dover affrontare la tragedia di un figlio omicida, ora è costretta a nascondersi da chi predica vendetta.

Non sono lontane le parole dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Solo cinque giorni fa la comunità filippina era riunita nella chiesa del Redentore di via Pierluigi da Palestrina per l’ultimo saluto alla vittima, un invito alla «pace tra le comunità» e al «superamento delle barriere di lingua e colore». Quella di Oleg e soprattutto il dolore della famiglia di Emlou, sembrava una ferita ricomposta grazie alla devozione e alla pacatezza della comunità filippina. Non è cosi, purtroppo.
Dal giorno successivo al delitto la mamma di Fedchenko vive lontano dal palazzo di viale Gran Sasso. Una precauzione per evitare flash e telecamere, si disse. Oggi, a quasi due settimane dall’omicidio, le cose stanno diversamente. Negli ultimi giorni – come denunciato alla polizia dalla donna e dai suoi legali Francesca Maria Rosa Santini e Paola Boccardi – la 49enne ucraina è stata pedinata in strada da alcuni uomini «due o tre persone, con tratti somatici asiatici, probabilmente filippini»: «Mi seguono in strada, dall’albergo nel quale ora vivo fino al posto di lavoro. Mattina e sera». Un trattamento andato avanti ogni giorno. La donna prima ha abbandonato la bicicletta, poi è stata costretta a muoversi solo in taxi o scortata dal compagno o dai legali. Nella denuncia, che ha fatto seguito a quella sporta tre giorni dopo il delitto per il danneggiamento al portone del palazzo, si parla anche di altro: di minacce, di insulti. In viale Gran Sasso, dopo la vetrata sfasciata, la sua presenza non è vista di buon occhio: «Non c’entriamo con questa storia, meglio se si trasferisce da un’altra parte», raccontano alcuni inquilini.

Le scritte sulla facciata contro «Oleg l’assassino» sono state subito cancellate dal custode del palazzo, ancora prima dell’arrivo della polizia. «E’ inquietante che ci siano persone che ora cercano di scaricare sulla madre di Oleg la rabbia per quanto accaduto – spiegano i legali -. La comunità filippina è stata esemplare, ma evidentemente c’è chi per fanatismo cerca la vendetta. La signora ora vive reclusa, ha paura». Martedì mattina Larisa ha potuto incontrare per la prima volta il figlio ancora detenuto al cento psichiatrico di San Vittore. «E’ stata lei a dare l’allarme alla polizia, lei si è resa conto che suo figlio poteva essere violento – hanno detto i legali -. Ha fatto di tutto per evitare questa tragedia. Purtroppo le belle parole di questi giorni, gli inviti alla riflessione non sono serviti e non bastano. La realtà è molto diversa, c’è chi sta seminando odio. Questa storia adesso non faccia altre vittime».

Cesare Giuzzi

Minacce alla madre del pugile killerultima modifica: 2010-08-19T12:41:49+02:00da
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