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Fiat, i tre operai reintegrati tornano in fabbrica. Ma per loro vietato lavorare

L’azienda: «legittime le misure adottate». la fiom: pronti alla denuncia penale. I lavoratori licenziati sono entrati nello stabilimento. Per l’azienda però possono solo svolgere attività sindacale

I tre operai della Fiat Sata di San Nicola di Melfi (Potenza) licenziati e poi reintegrati (Ansa)

MILANO – I tre operai della Fiat reintegrati dal giudice del lavoro sono entrati nello stabilimento Fiat di Melfi ma non potranno svolgere attività lavorativa. A Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli sarà impedito l’accesso alle postazioni nella catena di montaggio, ma due di loro, delegati Fiom, potranno continuare a svolgere attività sindacale all’interno della fabbrica. I tesserini magnetici degli operai sono stati riattivati. Alle 13.30 i tre lavoratori – licenziati e poi riassunti dal giudice – hanno potuto varcare i tornelli della Fiat Sata di Melfi, fra gli applausi dei colleghi, ma sono stati bloccati dalla vigilanza interna che li ha invitati a seguirli nel loro gabbiotto. La decisione di far uscire gli operai è stata presa dai legali della Fiom, dopo che un avvocato e un ufficiale giudiziario sono entrati in fabbrica, dove hanno avuto conferma che la Fiat accetterebbe la loro presenza a patto che i tre occupino una saletta e svolgano solo attività sindacale, senza tornare al lavoro sulle linee di produzione.

APPELLO A NAPOLITANO – «Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani»: lo ha detto ai giornalisti Giovanni Barozzino appena uscito dalla fabbrica e parlando anche a nome dei suoi altri due colleghi licenziati e poi reintegrati. «Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice», ha aggiunto Barozzino parlando ai cronisti. «Non vogliamo essere confinati in una saletta sindacale – ha aggiunto – che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta – ha concluso Barozzino – non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno».

FIOM – La Fiom intanto ha proclamato due ore di sciopero, che si sono tenute dalle ore 14 alle 16, e ha chiesto anch’essa l’intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e «di tutte le istituzioni democratiche». Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil chiede a Napolitano e alle altre istituzioni «di intervenire presso la magistratura e ristabilire il principio costituzionale secondo cui la legge è uguale per tutti».
«Fiat ci ha detto oggi che ai tre lavoratori è concesso di entrare fino alla saletta sindacale, continuando dunque a svolgere attività sindacale, ma non hanno accesso alla linea produttiva, non ottemperando così alla sentenza del tribunale che prevede il reintegro sul posto di lavoro», ha spiegato al telefono il responsabile auto della Fiom, Enzo Masini. «Abbiamo chiesto all’ufficiale giudiziario di verbalizzarlo e faremo una denuncia penale alla Fiat», ha aggiunto Masini, accompagnando all’uscita della fabbrica i tre operai non ammessi al lavoro dopo aver incontrato i rappresentanti di Fiat alla presenza del legale Fiom.

LA REPLICA DELL’AZIENDA – La replica della Fiat non si è fatta attendere. In un nota in cui l’azienda sostiene di aver «doverosamente eseguito» il provvedimento di reintegro emesso dal Tribunale di Melfi, la Fiat si dice « fiduciosa che il Tribunale di Melfi, nel giudizio di opposizione, saprà ristabilire la verità dei fatti» e ribadisce «la ferma convinzione che siano pienamente legittimi i provvedimenti adottati nei confronti dei tre lavoratori licenziati e poi reintegrati dal giudice del lavoro.

SACCONI – Sulla questione è intervenuto anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che ha detto che non intende entrare nel merito del contenzioso giuridico sul licenziamento e la sentenza di reintegrazione dei tre operai di Melfi, anche se si dice d’accordo con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha invitato la Fiat a reintegrare i lavoratori. Pressato dai giornalisti che al Meeting di Comunione e Liberazione, gli chiedevano un parere sulla questione Melfi, Sacconi ha volutamente distinto la dimensione giudiziaria della vicenda da quella politica. Una minoranza di lavoratori, secondo Sacconi, non può impedire agli altri di lavorare. «Sulla vicenda che riguarda alcune persone e per la quale ci sono processi giudiziari in corso – sono parole del ministro – non mi esprimo. Mi stupisco di coloro che che si stupiscono della prima sentenza. Sarebbe stata una novità una sentenza diversa. Rispetto la dimensione giudiziaria di questa vicenda, poi c’è una dimensione politica e mi dispiace non aver mai sentito la Fiom pronunciarsi su questa dimensione politica. Il giudice deve esaminare se c’è stato o meno sabotaggio, io non sono in grado di dire se c’era sabotaggio in quel caso. Può una minoranza di lavoratori impedire agli altri di lavorare avvicinandosi al Carrello che alimenta la produzione e bloccando la produzione? – chiede Sacconi – può esserci un atto di questo tipo anche nell’ambito di uno sciopero regolarmente programmato? Può esserci la possibilità da parte di una minoranza di bloccare il lavoro degli altri ?» E la risposta a queste domande retoriche non può essere che negativa ma sarebbe importante che anche la Fiom si esprimesse in linea teorica – e non sul caso specifico – condannando casi in cui pochi lavoratori impediscono il lavoro di tutti. «Sarebbe importante – ha sottolineato il ministro – che anche la Fiom» dicesse che «sul piano teorico non è giusto fermare un carrello».

Redazione online

Fiat, i tre operai reintegrati tornano in fabbrica. Ma per loro vietato lavorareultima modifica: 2010-08-23T17:29:51+02:00da
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