Si è costituito ai carabinieri l’uomo che ha sparato a don Francesco Cassol, il sacerdote colpito da un proiettile mentre dormiva nelle campagne baresi durante un ritiro spirituale con alcuni giovani: “Pensavo fosse un branco di cinghiali”
Risolto il giallo della morte di don Francesco Cassol, il prete ucciso l’altra notte mentre dormiva nelle campagne di Altamura, nel barese, durante un ritiro spirituale in tenda con una ventina di giovani. A ucciderlo è stato un cacciatore, un 51enne di Altamura, che ha reso “piena confessione” a i carabinieri.
All’uomo e ad altri cacciatori, già ieri sera, era stato sequestrato il fucile da caccia per procedere agli accertamenti balistici. L’uomo era anche stato portato in caserma per essere ascoltato. La sua versione dei fatti però non aveva pienamente convinto gli investigatori, anche perché sul suo volto c’erano varie escoriazioni e contusioni dovute ad una caduta che l’uomo diceva di aver fatto qualche giorno prima. Il cacciatore tuttavia era stato rilasciato ma stamani, in compagnia del suo avvocato, ha deciso di costituirsi ai carabinieri e di confessare i fatti.
Secondo le sue dichiarazioni il cacciatore verso la mezzanotte tra il 21 ed il 22 agosto è arrivato al Pulo di Altamura con la propria autovettura per la caccia del cinghiale e si è fermato a qualche decina di metri dal terreno dove si trovavano don Cassol e i partecipanti al “Raid Goum”, il ritiro spirituale in località disabitate. E’ stato tratto in inganno dalle sagome a riposo dei partecipanti al raduno che ha scambiato tutte per cinghiali ed ha deciso di esplodere un colpo all’indirizzo di quello che riteneva essere un capo branco. Pochi istanti dopo, avendo sentito il vociare dei componenti del gruppo, si è reso conto del tragico errore, e si è allontanato con la sua auto.
L’autopsia compiuta dal medico legale ha accertato che don Francesco Cassol è molto dissanguato “molto rapidamente”, forse nel giro di quattro-cinque minuti.
“La famiglia, a parte il grande dolore per l’assurdità dell’episodio, ringrazia il procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati, il pm Manfredi Dini Ciacci e l’Arma dei carabinieri per l’enorme ed efficace sforzo prodotto perché la morte di don Francesco non rimanesse senza colpevoli”. Lo affermano i legali della famiglia Cassol, i deputati del Pdl Francesco Paolo Sisto e Maurizio Paniz. “La rapidità del risultato – concludono – costituisce comunque motivo di fiducia nella giustizia, oltre che divina, terrena”.