Un altro attacco delle cosche contro Salvatore Di Landro. La bomba ha infranto i vetri della sua abitazione e di quelle vicine: nessuno è rimasto ferito. “Vogliono farmela pagare perchè ho sempre fatto il mio dovere” il commento del magistrato
Un altro attentato contro il procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro. Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone dell’abitazione del magistrato: l’esplosione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre del procuratore, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno è rimasto ferito.
Il 3 gennaio scorso una bomba era esplosa nella sede della Procura generale reggina, davanti al portone dell’ufficio del procuratore.
In seguito, una serie di intimidazioni hanno colpito diversi magistrati di Reggio Calabria.
Buste con proiettili e minacce di morte sono state inviate, tra l’altro, al Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, ed ai pm della Procura reggina Vincenzo Lombardo e Antonio De Bernardo.
La bomba contro la Procura generale di Reggio Calabria e le minacce ai magistrati indussero il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a compiere, nel gennaio scorso, una visita in città per esprimere la sua solidarietà e vicinanza ai magistrati.
“Contro di me, a partire dall’attentato a gennaio contro la Procura generale, c’è stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata”. il commento di Di Landro all’episodio. “Vogliono farmela pagare, evidentemente – ha aggiunto di Landro – per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato”.
“Lo Stato è vicino al procuratore generale Di Landro e a tutta la magistratura reggina. Questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell’impegno finora profuso nel contrasto all’Ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia”, il commento del ministro della Giustizia, Angelino Alfano.