Termina dopo 10 mesi la sospensione dei lavori negli insediamenti ebraici. Abu Mazen: «Temo nuovi scontri»
GERUSALEMME – La moratoria temporanea sulle nuove costruzioni negli insediamenti in Cisgiordania, concessa dieci mesi fa dal governo israeliano, è scaduta alla mezzanotte di ieri, ma Israele e l’Autorità Palestinesi hanno deciso di darsi un’altra settimana di tempo per tentare di giungere a un compromesso sulla questione, che possa salvaguardare i colloqui di pace diretti, ripresi all’inizio di settembre grazie alla mediazione degli Stati Uniti. Lo riporta il sito web del Jerusalem Post. Già all’alba di stamane le ruspe si erano messe al lavoro. Molti coloni avevano vissuto la vigilia quasi come un conto alla rovescia, con manifestazioni collettive che dovevano sfociare nel riavvio immediato dei lavori per i nuovi insediamenti. Ma la situazione era difficile per il governo israeliano e tesa sul fronte internazionale. Il presidente palestinese Abu Mazen, insieme agli Stati Uniti, era tornato a chiedere il congelamento della colonizzazione in Cisgiordania, affermando di voler proseguire nelle trattative, ma che senza un ulteriore blocco il processo di pace sarà una perdita di tempo. Dal canto suo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto al presidente dell’Anp di portare avanti negoziati sinceri e positivi, nonostante la fine della moratoria. In giornata Abu Mazen incontrerà a Parigi il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier Francois Fillon.
FESTEGGIAMENTI – La fine della moratoria è stata considerata come una liberazione dai coloni. E in alcuni insediamenti, come a Revava, in Cisgiordania, migliaia di loro sono pronti, attrezzi di lavoro in pugno, ad edificare interi palazzi in una notte di festeggiamenti. Il premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu ha chiesto ai coloni di «dare prova di moderazione», evitando le provocazioni. Un atteggiamento di prudenza sposato anche dal leader dell’Anp Abu Mazen, che ha lasciato New York per recarsi in visita in Francia. I palestinesi non lanceranno una nuova Intifada qualora i colloqui di pace con Israele dovessero arenarsi: «Abbiamo provato l’Intifada – ha detto – e ci ha portato solo tanti danni». Il leader dell’Anp ha più volte ribadito l’intenzione di abbandonare i colloqui di pace qualora Israele avesse ripreso la costruzione delle colonie. Ma adesso riapre a soluzioni più dialoganti: «Prenderemo una decisione in base agli sviluppi sul terreno».
BARAK – Moderatamente fiducioso si è detto il ministro israeliano della Difesa, Ehud Barak, secondo il quale l’accordo con i palestinesi per una nuova moratoria sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania è probabile al 50%. «Credo che le possibilità di arrivare a un accordo accettato da entrambe le parti sulla moratoria siano al 50%», ha detto Barak in un’intervista concessa alla Bbc. Poi ha aggiunto: «Penso che le probabilità di avere un processo di pace siano molte più alte. Spero che non venga bloccato dalla questione della moratoria e che si possa procedere spediti verso un negoziato e un accordo concreti». E a «sperare» ancora in un accordo sono anche gli Stati Uniti, che continuano a guardare con preoccupazione alla scadenza della moratoria. «Continueremo a esortare e fare pressione tutto il giorno per ottenere una soluzione» della questione della colonizzazione, ha dichiarato David Axelrod, principale Consigliere del presidente americano Barack Obama, all’emittente ABC. «Riteniamo essenziale che (i negoziati, ndr) continuino a progredire, che si continui a discutere e a cercare di risolvere queste questioni. Abbiamo la speranza che ciò avvenga», ha detto Axelrod. «Queste discussioni sono assolutamente determinanti, siamo arrivati ad un punto critico per questa regione», ha concluso.
Redazione online