Chiesto il rinvio a giudizio per 12 indagati, tra personale del Pertini e guardie carcerarie, e 2 anni per un funzionario del Prap che ha scelto il rito abbreviato. Il papà di Stefano: “Serve una nuova perizia per accertare la causa della morte”
Chiesto il rinvio a giudizio di dodici persone coinvolte, a vario titolo, nel processo per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto il 22 ottobre dello scorso anno all’ospedale Sandro Pertini, a sei giorni dal suo arresto. E’ quanto formalizzato dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy al giudice delle udienze preliminari, Rosalba Liso. In particolare, i pm hanno chiesto il processo nei confronti di sei medici e tre infermieri dell’ospedale Pertini e di tre agenti penitenziari, due anni di reclusione invece per un tredicesimo indagato, Claudio Marchiandi, (funzionario del Prap, il Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria) che ha optato per il rito abbreviato.
“Il lavoro fatto dai pubblici ministeri noi lo apprezziamo. Certo è che ribadiamo e presenteremo alla prima udienza del processo la richiesta affinché venga effettuata una perizia definitiva per accertare le cause della morte di Stefano”. E’ quanto afferma Giovanni Cucchi, papà di Stefano, a margine dell’udienza nel processo che vede imputate tredici persone tra medici, infermieri e agenti penitenziari per la morte del giovane geometra romano. “Ci sono elementi determinanti e chiari – ha aggiunto- che a nostro parere indicano quel che è successo. Nella consulenza dei tecnici del pm non si legano i fatti l’uno all’altro. Non ci sono nessi causali, insomma. La frattura della vertebra L3 ha originato i problemi al midollo e la sostanziale immobilità. Bisogna ripartire dalla perizia – conclude – per valutare l’operato di chi è coinvolto in questa vicenda ed ha responsabilità nella morte di mio figlio”.