Società Strutture studiate per clienti adulti in nome della tranquillità. «Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi
MILANO – In Italia il testimonial ideale potrebbe essere Alessadro Piperno, l’autore di Persecuzione, l’unico che ha avuto il coraggio di ammettere nel salotto buono di Daria Bignardi: «I bambini mi irritano anche ai ristoranti». In Germania si sono portati avanti. Infatti gli annunci immobiliari promettono senza remore: «Neu für ältern ohne kinder», nuovo per adulti senza bambini. La tendenza si è già estesa a ristoranti, alberghi e caffè, gaiamente kinder verboten, dove cioè le piccole pesti (ma anche quelle angeliche) sono bandite. E non si tratta dell’evoluzione postmoderna di lontani divieti impronunciabili. Semplicemente di una ricerca del silenzio, della tranquillità: come quando la Svizzera ha predisposto carrozze senza cellulari, pur lasciando, evidentemente, quelle per i telefonino-dipendenti.
Anche nella «children-amichevolissima» Svezia molti hotel non accettano prole sotto i dodici anni. In Spagna, ha raccontato ItaliaOggi, la catena Iberostar accetta ospiti a partire dai 14 anni. La Sandals dai diciotto. In Austria l’albergo Cortisen è vietato ai bambini ed è sempre pieno. La compagnia inglese Thomas Cook Airlines vola già due volte alla settimana per Creta e Gran Canaria solo con adulti, perlopiù diretti verso villaggi e hotel che condividono la stessa filosofia. E negli Stati Uniti la National Transportation Safety Board ha scritto alla Federal Aviation Administration per far introdurre la regola «un passeggero-un posto». Più che un sistema antirischio, un dissuasore di mobilità infantile.
Forse è l’effetto della generazione No Kid, cui si era appellata nel 2008 la scrittrice francese Corinne Maier, peraltro mamma due volte, che in un libro aveva elencato quaranta ragioni per non avere figli. «Da noi nessuno lo vorrà mai ammettere, ma garantisco che nei locali più trendy il bambino non è mai ben visto. Ricordo quando a Massimiliano Ossini fu impedito di entrare al Coast Music Bar di Porto Cervo all’ora dell’aperitivo perché era in compagnia dei figli piccoli», racconta Roberto Piccinelli, autore dell’annuale Guida al piacere e al divertimento.
Barbara Casillo, direttore di Confindustria Alberghi, assicura che «non è possibile vietare l’ingresso ai bambini, lo proibisce la legge. Un albergatore è tenuto a respingere un cliente soltanto se non ha con sé un documento di identità». Però aggiunge: «Tecnicamente non mi scandalizzo all’idea che un esercente possa decidere di investire su un particolare target». Come, per esempio, l’Alpin Garden in Val Gardena, il Palazzo Hedone a Scicli, la Scalinatella di Capri, che non fanno mistero di prediligere i clienti adulti.
Del resto, che l’Italia non sia un Paese per piccoli non lo dice solo quel risicato indice di natalità – 1,2 – che ci inchioda all’ultimo posto tra le nazioni industrializzate. Luca, papà di quattro bambini, il 20 luglio scorso ha denunciato sul sito dell’Associazione nazionale famiglie numerose che «un noto ristorante a Sottomarina Chioggia (Venezia)» gli ha negato un tavolo sostenendo che era tutto già prenotato. Peccato che a una seconda telefonata, omettendo la presenza dei bambini, il tavolo sia comparso magicamente. La curatrice del sito, Regina Maroncelli, di Bergamo, anche lei quattro figli, ricorda invece di quella volta a Santa Margherita Ligure che fu cacciata fuori da un negozio di giocattoli (sic!) a causa della prole numerosa. E Cristina Bazzani, romana, ha messo in evidenza tutte le difficoltà a trovare un appartamento in affitto nella capitale con otto figli. Suo marito Mauro ora dice: «Le iniziative tedesche e svedesi non mi scandalizzano. Loro almeno da quarant’anni hanno messo in piedi politiche per la famiglia, adesso possono permettersi di fare delle cose per chi è senza figli».
Elvira Serra