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Wikileaks, l’ennesima spina nel rapporto tra web e Obama. la guerra è appena iniziata. Parola di hacker

Passato alla storia come il primo presidente eletto grazie a Internet, l’ex senatore di Chicago ha adottato negli ultimi due anni alcune tra le scelte più sgradite in rete. E l’affaire Assange non ha fatto altro che peggiorare le cose. I pirati informatici, dopo gli attacchi ad Amazon, Mastercard e Paypal, avvertono: la battaglia cibernetica a difesa della liberta su Internet proseguirà. Facebook e Twitter intanto hanno chiuso gli account utilizzati dagli attivisti pro Assange

Il primo campanello d’allarme era già suonato due mesi dopo l’insediamento, nel marzo del 2009. Barack Obama, il presidente “amico di Internet, eletto grazie al web, l’alfiere di una nuova era, dichiarava “segreto di stato” i contenuti dell’Anti-Counterfeiting Trade Agreement un accordo commerciale (ancora oggi in discussione) che potrebbe porre seri limiti al peer to peer e alla libertà su Internet. E il popolo della rete, che aveva sostenuto la sua candidatura nel 2008 dando vita alla prima campagna elettorale online della storia,  si trovò d’improvviso con un presidente che, sui temi tecnlogici e rispetto alla libertà della rete, era molto più pragmatico e conservatore di quanto non avesse fatto credere. O di quanto in molti avevano voluto credere.

Che l’immagine di un Obama molto geek fosse lontana dalla realtà, almeno secondo molti osservatori, ebbe poi conferma poco tempo dopo, quando nel marzo del 2010, parlando agli studenti della Hampton University il presidente dichiarò che “con gli Ipod, gli Ipad, Xbox e Playstation, che tra l’altro non so usare, le informazioni diventano una specie di intrattenimento più che una forma di arricchimento”. Non era tanto la bocciatura dell’informazione online deludere  i fan online del presidente quanto la sua ammissione, neanche troppo nascosta, di non avere assolutamente idea di come si usassero i gadget più amati dalla rete.

In questi due anni di presidenza insomma il cosiddetto popolo della rete americano ha dovuto scoprire a proprie spese che buona parte del sogno di una nuova era tecnologica alla Casa Bianca era, almeno in parte, un mito che non corrispondeva alla realtà, come sottolineato per esempio da Wired. All’inizio di quest’anno, per esempio, dopo aver promesso nel corso del tradizionale discorso alla nazione, che si sarebbe impegnato a rendere pubblici tutte le attività dei lobbisti a Washington, garantiva l’immunità e l’anonimato, proprio a quei lobbisti che avevano permesso l’approvazione di leggi a favore delle grandi aziende di telecomunicazioni.

A dare il definitivo colpo di grazia alla luna di miele tra cyber attivisti e Obama ci ha pensato quest’estate il sempre attivo senatore Joe Lieberman che, presagendo forse l’arrivo della tempesta Wikileaks,  ha presentato, con l’approvazione della Casa Bianca, una proposta di legge che avrebbe permesso al presidente degli Stati Uniti di “spegnere Internet”. Il testo sosteneva infatti che il provvedimento poteva venire preso solo di fronte a gravi minacce, ma la mancanza di una spiegazione di quali potessero essere queste gravi minacce lasciava una tale discrezionalità nell’uso del provvedimento da farlo sembrare una reale minaccia alla libertà d’espressione.

Sempre secono buona parte della stampa americana, a sopravvivere nella retorica obamiana su Internet era rimasta forse la lotta contro la censura dei contenuti online. Nella battaglia che aveva visto scontrarsi Google e la Cina il governo americano aveva preso apertamente le parti del motore di ricerca invitando il governo di Pechino a essere più aperto e democratico rispetto alla rete. Ma la libertà della rete è sempre più bella quando è quella degli altri e, come sottolineano senza mezzi termini sul blog democratico Hufftington Post, i tentativi di abbattere Wikileaks degli ultimi giorni hanno definitivamente distrutto anche questo ideale obamiano.

 

I pirati informatici filo-Assange vanno alla guerra: gli hacker promettono di intensificare la
battaglia cibernetica, annunciando di aver reclutato altre truppe. E le scaramucce iniziali si stanno trasformando in una vera e propria battaglia. Nelle ultime ore i sostenitori di Wikileaks sono riusciti a interrompere Mastercard e Visa; ed è partita subito la controffensiva: Facebook e Twitter hanno chiuso gli account utilizzati dal gruppo per lanciare l’operazione “Vendetta di Assange”.

In una chat on-line con la Afp, gli organizzatori del gruppo Anonymous assicurano che un numero crescente di volontari sta ingrossando le fila a difesa di Wikileaks e del suo fondatore, Julian Assange. “Abbiamo iniziato con un piccolo numero di utenti (una cinquantina), ora siamo a circa 4.000”.
“Il reclutamento avviene attraverso Internet, il che vuol dire ovunque: imageboard, forum, Facebook, Twitter…”. Un portavoce ufficioso del gruppo, che dice di chiamarsi Coldblood, ha assicurato alla Bbc Radio che “la campagna non è finita, tutt’altro: si stanno aggiungendo volontari e sono sempre di più quelli che scaricano lo strumento che permette di sferrare l’attacco DDoS (distributed denial of service)”. Coldblood, che parla con un accento inglese, ha detto di essere di essere un 22enne ingegnere del software: “Questa è una guerra, ma non la vostra guerra convenzionale. Una guerra cibernetica: stiamo cercando di mantenere Internet aperta e libera per tutti, nel modo in cui è ed è sempre stata”; e ha spiegato che nel mirino ci sono “principalmente le aziende che hanno deciso per una qualche ragione di non avere più a che fare con Wikileaks”.

Julian Assange, 39 anni, australiano, è considerato dai sostenitori un paladino della libertà di stampa, ma ora si trova a fare i conti con le accuse di reati sessuali mosse contro di lui da due donne in Svezia. Arrestato martedì 7 dicembre a Londra, Assange resterà in carcere almeno fino al 14 dicembre. Per quel giorno il tribunale di Westminster ha fissato una nuova udienza sulle accuse di stupro e molestie sessuali che avrebbe commesso in Svezia.

Nei giorni scorsi sono andati temporaneamente fuori uso Paypal e il sito della banca svizzera Swiss Post Office; nelle ultime ore  un attacco informatico concertato è riuscito a interrompere Mastercard e Visa. Le azioni sono state esplicitamente definite “una vendetta” per le decisioni delle due società di carte di credito di congelare tutti i bonifici a Wikileaks, accusata di attività illegale; Mastercard ha riconosciuto di aver subito “una perturbazione” e fonti bancarie hanno ammesso che c’è stata un’interruzione al business globale. Più tardi, anche il sito di Visa è rimasto inaccessibile.
L’attacco degli hacker di Anonymous, battezzato “Operazione Payback”, ha preso di mira anche il sito della procura svedese (che vuole interrogare Assange per l’accusa di molestia sessuale) e del governo svedese (prima il sito web del governo di Stoccolma poi il ministro della Giustizia). E non è finita, perché oltre-Atlantico i sostenitori di Wikileaks hanno colpito il sito web della paladina conservatrice del Tea Party, Sarah Palin, disabilitando le sue carte di credito e quel del marito Todd. Colpito anche il sito del senatore, Joe Lieberman, il primo a chiedere alle aziende Usa di ritirare il sostegno tecnico a Wikileaks.

Wikileaks, l’ennesima spina nel rapporto tra web e Obama. la guerra è appena iniziata. Parola di hackerultima modifica: 2010-12-10T03:42:00+01:00da
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