Lo Stato ebraico considerava pericolosissima la minaccia missilistica e ha pianificato un’offensiva per neutralizzare Gaza e il Libano
L’inesauribile giacimento di segreti diplomatici a disposizione di Wikileaks continua a dispensare notizie “esplosive”, che messe poi sotto la lente d’ingrandimento di una più ponderata attenzione si rivelano certamente degne di attenzione, ma magari non così sensazionali. Sembra essere il caso anche dell’ultima rivelazione del sito pirata guidato dall’australiano Julian Assange, che ha come oggetto i programmi bellici di Israele. Alla fine del 2009, si legge in un documento riservato (almeno in origine) dell’ambasciata americana a Tel Aviv e pubblicato dal quotidiano norvegese Aftenposten, lo Stato ebraico si stava preparando a «una guerra su vasta scala».
Era trascorso quasi un anno dall’operazione Piombo Fuso nella Striscia di Gaza, che aveva inflitto un colpo durissimo al movimento integralista islamico Hamas al potere in quel territorio palestinese ma aveva anche lasciato, con le sue 1400 vittime in buona parte civili, strascichi pesanti per la credibilità internazionale di Israele. Dal punto di vista dei responsabili militari di Gerusalemme, soprattutto, tutto quel piombo e quel sangue non sembravano aver risolto il problema per cui erano stati versati: la minaccia del lancio di razzi da Gaza contro il territorio israeliano.
Su questo argomento, scrive Aftenposten, il capo di stato maggiore israeliano generale Ashkenazi si intrattenne nel novembre 2009 con una delegazione del Congresso americano guidata dal rappresentante democratico Ike Shelton. Ashkenazi, si legge nel documento pubblicato dal giornale norvegese, disse di star «preparando l’esercito isrealiano a una guerra su larga scala». E questo perché «è più semplice trasformarla in una piccola operazione piuttosto che fare il contrario».
Il capo delle forze armate dello Stato ebraico si soffermò in particolare sulla minaccia missilistica che pendeva sopra il suo Paese («È più grave che mai, è per questo che attribuiamo tanta importanza alla difesa antimissilistica») a causa della politica minacciosa attuata dall’Iran. Ashkenazi spiegò agli ospiti americani che Teheran disponeva di circa 300 missili Shahab in grado di raggiungere il territorio israeliano e precisò che in caso di attacco iraniano avrebbe avuto un tempo ridottissimo per reagire: non più di dodici minuti.
Ma per il generale il pericolo più insidioso veniva proprio da Gaza, oltre che dal Libano: due territori di confine dove agiscono movimenti fanaticamente ostili a Israele come Hamas e Hezbollah, entrambi finanziati e armati dall’Iran di Ahmadinejad. «Hamas – disse Ashkenazi secondo il documento diffuso da Wikileaks – avrà la possibilità di bombardare Tel Aviv, dove si trova la più alta concentrazione di popolazione israeliana»: stiamo in effetti parlando di un’area urbana estesa poche centinaia di chilometri quadrati, nella quale risiedono oltre tre milioni di persone, quasi la metà dell’intera popolazione del Paese.
Per questo Ashkenazi parlò dell’eventuale ricorso a «una guerra su vasta scala». E riferendosi alle circostanze dell’operazione Piombo Fuso, secondo Aftenposten, il capo di stato maggiore israeliano sottolineò che l’esercito non aveva mai attaccato intenzionalmente obiettivi civili, ma aggiunse che in un eventuale futuro conflitto Israele non avrebbe più osservato «restrizioni sulle azioni militari nelle aree abitate».
Roberto Fabbri