La decisione della Corte Costituzionale: “Valuti il giudice sugli impegni”. Cade dunque parzialmente lo “scudo” che congela i tre processi in cui il premier è imputato. Ghedini: “C’è un equivoco ma rispettiamo”. Il Popolo Viola festeggia
MILANO – Lo scudo per il premier e i ministri è parzialmente illegittimo. È questo il verdetto della Consulta, che ha ridimensionato la legge sul legittimo impedimento, bocciandone una parte. Con 12 sì e 3 no, i quindici giudici della Corte Costituzionale hanno rilevato questione di illegittimità sul comma 4 dell’articolo 1 (quello relativo all’«impedimento continuativo») e, in parte, l’incostituzionalità del comma 3, nella parte in cui il legittimo impedimento non poteva essere valutato dal giudice. La Consulta ha stabilito che devono essere i magistrati a valutare, caso per caso, se sussistano realmente motivi di legittimo impedimento per il capo del governo e per i ministri, rifiutando di fatto l’automatismo del legittimo impedimento, perdipiù autocertificato dal soggetto interessato. I commi della legge che la Consulta ha bocciato in tutto o in parte sono stati dichiarati illegittimi per violazione degli articoli 138 (necessità di una legge costituzionale) e 3 (principio di uguaglianza dinanzi alla legge e irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione) della Costituzione. «Si tratta – ha spiegato il costituzionalista Giovanni Guzzetta – di una sentenza di illegalità parziale, che salva la logica del bilanciamento fra l’esigenza dell’imputato di essere presente nelle udienze e quella dei giudici di celebrare il processo. In tal senso, la Consulta indica il perimetro entro il quale si può “giocare” la carta del legittimo impedimento e soprattutto chi è che alla fine dà le carte. È una sentenza che fa chiarezza, sdrammatizzando il conflitto e agendo in modo molto equilibrato».
I LEGALI DEL PREMIER – Cauto il commento dei legali di Silvio Berlusconi: in una nota congiunta, Niccolò Ghedini e Piero Longo spiegano di rispettare la sentenza ed esprimono soddisfazione per il fatto che «la legge sul legittimo impedimento nel suo impianto generale è stata riconosciuta valida ed efficace». Gli avvocati sottolineano tuttavia che la sentenza è basata su un «equivoco» sulla natura della norma e non tiene conto del fatto che è stata già provata la «oggettiva impossibilità» di una «leale collaborazione» con i giudici. «Nell’intervenire su modalità attuative – spiegano Ghedini e Longo -, la Corte Costituzionale sembra avere equivocato la natura e la effettiva portata di una norma posta a maggior tutela del diritto di difesa e soprattutto della possibilità di esercitare serenamente l’attività di governo».
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Il plenum della Corte, riunito al palazzo della Consulta (Ansa) |
I COMMI – Con la sua decisione, la Corte costituzionale ha posto diversi paletti alla legge, nata come scudo dai processi per il presidente del Consiglio e i ministri e che lo stesso Cavaliere ha fatto valere in tre procedimenti a suo carico (Mediatrade, Mills e Mediaset) con conseguenze sollevazione della questione di legittimità da parte dei magistrati milanesi titolari dei fascicoli. In particolare, la Consulta ha bocciato la certificazione di Palazzo Chigi sull’impedimento e l’obbligo per il giudice di rinviare l’udienza fino a sei mesi, dichiarando illegittimo il comma 4 dell’articolo 1 della legge 51 del 2010. I giudici avrebbero inoltre bocciato in parte il comma 3, affidando al giudice la valutazione del legittimo impedimento. Quanto all’articolo 1, quello che prevede che per premier e ministri, chiamati a comparire in udienza in veste di imputati, costituisce legittimo impedimento «il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti», la Consulta ha fornito una interpretazione del comma, ritenendolo legittimo solo se, nell’ambito dell’elenco di attività indicate come impedimento per premier e ministri, il giudice possa valutare l’indifferibilità della concomitanza dell’impegno con l’udienza, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento tra esigenze della giurisdizione, esercizio del diritto di difesa e tutela della funzione di governo, oltre che secondo un principio di leale collaborazione tra poteri.
REAZIONI – La decisione dei giudici della Consulta soddisfa l’opposizione, mentre non convince particolarmente la maggioranza. Per il Pd, la legge è stata «smontata» dal verdetto della Corte Costituzionale. «Non c’era bisogno di essere né cattivi né comunisti per capire che la legge sul legittimo impedimento sarebbe stata sostanzialmente bocciata» ha detto la capogruppo Anna Finocchiaro. Assai critico il coordinatore del Pdl Sandro Bondi. «Siamo di fronte – ha detto – al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico». Ha brindato ed esultato invece la piccola delegazione del Popolo Viola riunitasi davanti al palazzo della Corte costituzionale dopo aver appreso la notizia della bocciatura parziale. «Berlusconi ora dovrà spiegare a Napolitano perché ha fatto promulgare una legge in parte incostituzionale», hanno detto i rappresentati del movimento.
REFERENDUM – Il verdetto della Consulta avrà ricadute sulla Consulta stessa, che diventerà con molta probabilità arbitro di frequente interpellato dal governo per conflitto di attribuzioni ogni qual volta il magistrato ordinario non riconoscerà in un processo sussistere i presupposti per il legittimo impedimento sollevato da un membro dell’esecutivo. Non solo. Alla luce della decisione dei giudici della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione dovrà adattare il quesito referendario per l’abrogazione del legittimo impedimento, ammesso mercoledì, alla nuova formulazione uscita dalla sentenza Consulta.
Redazione online