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Stop caporalato: per vincere la “schiavitù” serve una legge

Gli intermediari di manodopera, ad oggi, rischiano 50 euro di multa se colti in flagrante. Da qui nasce la proposta di Cgil, Fillea e Flai per far sì che il caporalato diventi un reato.

Sono centinaia di migliaia i lavoratori ridotti in schiavitù. Immigrati ricattati e sfruttati da uomini senza scrupoli: i caporali. Un fenomeno che non riguarda solo il profondo Sud ma si sta diffondendo a macchia d’olio anche nelle regioni centrosettentrionali. Eppure oggi è possibile fare ben poco per contrastare questo ramo della criminalità che balza agli onori della cronaca raramente, solo quando si assiste a fatti violenti come quelli di Rosarno. Perché i caporali rischiano, solo se colti in flagrante, una sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore ingaggiato. Niente di più. Per questo, per far sì che il caporalato diventi un reato perseguibile penalmente, Cgil, Fillea e Flai hanno deciso di presentare una proposta di legge che prevede non solo la reclusione da tre a sei anni, ma anche clausole di salvaguardia dei lavoratori extracomunitari che denunciano i propri aguzzini. Dopo l’entrata in vigore del reato di clandestinità, infatti, chi ha denunciato il proprio sfruttatore si è trovato in mano un decreto di espulsione. “Occorrono dunque clausole di salvaguardia dei lavoratori extracomunitari, che consentano di spezzare il filo doppio che lega vittima a carnefice, clausole che oggi già vivono in importanti protocolli sottoscritti con alcune istituzioni locali e Prefetture” spiegano i promotori dell’iniziativa.

La proposta di legge viene presentata il 24 gennaio al teatro Ambra Jovinelli di Roma . Intervengono, tra gli altri,: il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, i segretari di Flai e Fillea, Stefania Crogi e Walter Schiavella, il Procuratore Generale Onorario della Cassazione Pier Luigi Vigna, il membro del Consiglio Superiore della Magistratura Guido Calvi, il Presidente della Fnsi Roberto Natale, l’onorevole Cesare Damiano, la senatrice Anna Maria Carloni. A sostegno della proposta di legge prende il via anche la campagna stop caporalato, che vedrà la mobilitazione delle categorie e della confederazioni in tutta Italia per sensibilizzare i cittadini e le istituzioni. Per cercare di accendere i riflettori in modo più ampio sui cosiddetti “mercati delle braccia” dove avviene la compravendita degli immigrati, con o senza intermediari. Marciapiedi dove i lavoratori si mettono in vendita in molti casi anche al privato. Tutto per un pugno di euro.

Secondo le recenti stime della Cgil, in generale l’apporto del cosiddetto lavoro nero al Pil italiano è pari a circa il 17% contro una media dei Paesi avanzati dell’Europa del 4%. Dei 400 mila lavoratori sotto caporale (stime fornite dalla Cgil) la maggior parte si concentra al Sud, ma si stanno creando anche nuovi fronti. Come l’Emilia Romagna dove nel mantovano gli immigrati per lo più di nazionalità indiana vengono reclutati per la raccolta dei meloni o il Trentino Alto Adige, dove si comprano le braccia per la raccolta delle mele. Nel Lazio, invece, i caporali “si trovano da Latina in giù” come ha rilevato la Cgil e come hanno raccontato gli immigrati intervistati nello smorzo (così nel gergo si chiamano i punti dove gli immigrati si mettono in vendita, solitamente vicini ai depositi di materiale edile) di via Tiburtina. Non solo. La crisi economica che ha aperto anche nuovi scenari, spingendo anche gli italiani ad affacciarsi dove all’alba si concentrano i lavoratori in cerca di lavoro.

Chiara Ribichini

Stop caporalato: per vincere la “schiavitù” serve una leggeultima modifica: 2011-01-24T12:19:56+01:00da
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