El Baradei: «La comunità internazionale non sostenga un regime che uccide la sua gente». La denuncia: picchiatori pagati dal potere. Appello Ue: «Basta violenze». Suleiman tenta una mediazione
Dopo giorni di manifestazioni e scontri in piazza, torna a parlare il presidente egiziano. In un’intervista alla rete televisiva americana Abc, Hosni Mubarak ha detto di essere «stufo» della situazione ma ha aggiunto: «Se vado via oggi ci sarebbe il caos». Le parole di Mubarak sono arrivate al termine di una giornata che ha visto il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman, tentare una mediazione con l’opposizione, mentre però nelle strade del Cairo è di nuovo scorso il sangue, con spari di cecchini, uno straniero picchiato a morte e una vera e propria caccia ai giornalisti e agli oppositori scatenata dai «supporter» del partito al potere .
L’OFFERTA DI SULEIMAN – Nel discorso trasmesso dal canale televisivo di Stato, il vicepresidente Suleiman ha offerto di indire elezioni presidenziali per agosto giustificando che anticiparle determinerebbe un «vuoto costituzionale». Convinto che le violenze contro i dimostranti a piazza Tahrir siano state siano state frutto di «un complotto», Suleiman ha invitato i giovani ad aver fiducia in Mubarak. «È un uomo di parola», ha detto, chiedendo ai giovani egiziani confidare nello Stato. Suleiman ha ringraziato i dimostranti e li ha invitati a sciogliere i cortei. «Non date credito a quanto raccontano le tv satellitari che offendono il nostro Paese», ha detto riferendosi ai canali panarabi al Jazeera e al Arabiya. «Sciogliete il sit-in tornate a casa e abbiate fiducia nello Stato». Un atteggiamento comprensivo? Di certo c’è bisogno di allentare le tensioni. Lo ha ben presente il primo ministro Ahmed Shafiq che ha chiesto al ministro dell’interno di non ostacolare i cortei in programma per domani in quella che è stata definita «Giornata della partenza». Anche se per la protesta, organizzata dai «Giovani della rivoluzione», che continueranno a chiedere al presidente Hosni Mubarak di lasciare il potere, si prevede scendano in piazza circa 1 milione di persone, nella sola capitale.
CECCHINI – Le parole di Omar Suleiman sono arrivate in un’altra giornata di forte tensione, con scontri tra i manifestanti e i supporter di Mubarak, scesi in strada in gran numero. Alcuni cecchini hanno aperto il fuoco dal tetto dell’albergo Remsis su piazza Abdul Munim Riad, nel centro della capitale, uccidendo una persona e ferendone due. In precedenza uno straniero è stato picchiato a morte in Piazza Tahrir. Non si sa nulla della sua identità, neppure se possa trattarsi di un giornalista, visto che decine di sostenitori del presidente egiziano Hosni Mubarak hanno fatto irruzione in un hotel del Cairo a caccia di operatori dei media. I quali denunciano un crescendo delle intimidazioni nei loro confronti, compresi episodi di pestaggio e arresti nonostante gli appelli del governo Usa.
SPARI E SASSAIOLE – Il personale dell’Onu ha lascia to il Paese per trasferirsi a Cipro, fino a quando la situazione non sarà tornata alla normalità. Al Jazeera ha raccontato, e mostrato, sassaiole da una parte all’altra di piazza Tahrir (con oggetti lanciati anche dai balconi dei palazzi circostanti) e di un teso faccia a faccia tra gli schieramenti pro- e anti-Mubarak, tenuti separati a fatica da una fascia-cuscinetto di poliziotti. Per cercare di riportare la calma, il primo ministro egiziano, Ahmed Shafiq, si è detto pronto ad andare in piazza per discutere con i manifestanti. Lo stesso Shafiq ha chiesto scusa per quanto accaduto nella giornata di mercoledì: «Si è trattato di un errore fatale. Quando le indagini riveleranno chi c’è dietro questo crimine e come è stato possibile che sia accaduto prometto che i responsabili saranno puniti per quanto hanno fatto». Gli scontri di mercoledì in piazza Tahrir, che si sono conclusi con oltre 1.500 feriti e un bilancio che è salito a dieci vittime, sarebbero stati causati, denuncia l’opposizione, da picchiatori professionisti mandati tra la folla dal partito di Mubarak.
LA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE – In Italia, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto di essere stato contattato dal vicepresidente egiziano, Suleiman, e di avere ricevuto la richiesta di una mediazione italiana presso l’Europa affinché venga sostenuta una road map verso le riforme. Alcuni capi di Stato e di governo europei – Nicolas Sarkozy, Silvio Berlusconi, Angela Merkel, David Camerone Josè Luis Zapatero – hanno intanto diramato un comunicato congiunto invocando la fine delle violenze: «Assistiamo con estrema preoccupazione al deterioramento della situazione in Egitto. Il popolo egiziano deve poter esercitare il proprio diritto a manifestare pacificamente, e beneficiare della protezione delle forze di sicurezza. Le aggressioni contro i giornalisti sono inaccettabili». Anche Ban KiMoon, segretario generale dell’Onu, è intervenuto sostenendo che il processo di transizione politica in Egitto deve «iniziare subito».
LE OPPOSIZIONI: «NO AL GOVERNO» - Sul fronte politico egiziano, va invece registrata la nuova presa di posizione dei gruppi di opposizione. Mohamed ElBaradei e i Fratelli Musulmani hanno respinto l’offerta di dialogo avanzata dal neo-premier Shafik, affermando che «prima deve andarsene Mubarak». «Abbiamo rifiutato l’incontro – ha spiegato ElBaradei – per noi qualsiasi negoziato presuppone le dimissioni di Mubarak e anche il ripristino della sicurezza a piazza Tahrir». Mohammed al-Beltagi, membro dei Fratelli musulmani, ha fatto sapere che la sua organizzazione «rigetta qualunque risultato emerga dall’incontro». Hanno invece accettato di dialogare con il governo, secondo quanto riferito da Al Jazeera, i liberali del partito Wafd.
L’INGAGGIO DEI PICCHIATORI – C’è poi la polemica sui picchiatori che sarebbero stati ingaggiati direttamente dal partito di governo per creare disordini in piazza Tahrir. Una fonte dell’agenzia di stampa LaPresse parla di un prezzo pagato agli improvvisati miliziani che oscillerebbe «tra i 40 e 100 dollari a seconda della zona». Per le strade del Cairo il prezzo è più alto, sostiene la fonte che che racconta anche di un uomo bloccato in piazza Tahrir mentre picchiava i manifestanti. Alla polizia avrebbe chiesto: «Non fatemi niente, sono stato pagato, mi hanno dato 100 dollari per picchiare». Una versione che fa il paio con il racconto di Davide Frattini, inviato del Corriere della Sera: «In mezzo a loro – si legge nell’articolo pubblicato oggi sul quotidiano – riappaiono (erano svaniti dopo il caos di venerdì) i giubbotti di pelle nera, gli occhiali da sole e gli sguardi che decidono da che parte stai. Agenti in borghese — o che almeno sembrano tali— dirigono la folla, danno indicazioni nei punti di accesso alla piazza».
«MUBARAK RESPONSABILE DI TUTTO» – Che ci sia stato oppure no un vero e proprio reclutamento di milizie di provocatori, il presidente egiziano, Hosni Mubarak, sarà ritenuto comunque «responsabile» di ogni altro «massacro» che avrà luogo in piazza, ha dichiarato ad Al Jazeera Hamdy Kandil, portavoce dell’Associazione Nazionale per il Cambiamento, il movimento guidato ElBaradei. L’ex capo dell’agenzia atomica internazionale continua a spiegare al mondo, attraverso interviste ai principali media, le ragioni che inducono lui e molti altri a chiedere un cambio della guardia al vertice del Paese. Parlando con il britannico Guardian, ElBaradei chiede che la comunità internazionale ritiri il sostegno a Mubarak e a «un regime che uccide la sua gente». «Le violenze di ieri sono l’ennesima prova che il regime ha perso il senso comune», ha affermato ElBaradei -. Non abbiamo alcuna intenzione di avviare un dialogo con questo regime finché il principale responsabile di tutto ciò, Mubarak, non lascerà il paese».
Redazione Online