I manifestanti restano accampati nella piazza epicentro delle proteste. Intanto, Il Cairo cerca la normalità: il traffico per le strade è in aumento e alcuni negozi riaprono i battenti. Il timore di saccheggi è però ancora molto forte
L’Egitto non tornerà mai indietro, non potrà più essere il Paese di Mubarak. Il cambiamento è irreversibile e soprattutto deve avvenire “ora”. Così gli Usa di Barack Obama guardano al Paese del Mediterraneo protagonista di una rivolta che non ha precedenti.
Forse, è vero, alla luce della peggiore crisi degli ultimi 30 anni, L’Egitto non sarà più il Paese di Mubarak, ma ad oggi, il presidente non ha ancora deciso di dimettersi, sfidando così le rivolte contro il suo governo autoritario, dopo che sono cominciati i colloqui tra governo e opposizione per cercare di risolvere la situazione.
I colloqui tra il governo del Cairo e sei gruppi dell’opposizione (tra cui i Fratelli Musulmani) non hanno però soddisfatto il popolo di piazza Tahrir, nel centro della capitale, da 14 giorni consecutivi teatro della rivolta contro l’esecutivo guidato da Hosni Mubarak. I manifestanti, infatti, vogliono le dimissioni del rais e, per questo motivo, resteranno accampati nella piazza principale.
Intanto, però, il resto della città sta cercando di tornare alla normalità. Come riferisce l’emittente al Jazeera, il traffico nelle strade è in aumento, in corrispondenza con la riapertura delle attività commerciali. “C’è molto sentimento popolare al Cairo e c’è molta attenzione in Egitto per quello che i manifestanti stanno cercando di ottenere, ma allo stesso tempo le persone stanno cercando di tornare alla normalità il più possibile”, racconta il corrispondente della tv qatariota al Cairo.
“Ma alcuni dei supermercati, ad esempio, sono ancora chiusi per il timore di saccheggi e le banche sono state aperte ieri solo per poche ore”, aggiunge il giornalista.
Intanto i carri armati restano a guardia degli edifici governativi, delle ambasciate e di altre importanti istituzioni nella città.