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Prove di dialogo del governo Ma il popolo della piazza non molla

Egitto, verso il trasferimento pacifico dei poteri. Suleiman: «Stilata una road map». Aumento di salari e pensioni. Promesse di libertà di stampa. Ma i dimostranti dicono: fuori Mubarak

(Reuters)

IL CAIRO (EGITTO) – La rivolta popolare in Egitto entra nella terza settimana e il braccio di ferro tra il regime di Hosni Mubarak e gli oppositori non accenna a placarsi: le dimostrazioni continuano nonostante le concessioni del governo. Migliaia di persone, oltre 10.000 secondo alcuni testimoni, sono radunate intorno alla sede dell’Assemblea del Popolo (camera) ed altre migliaia intorno al palazzo della televisione di stato. Sventolano striscioni e bandiere su cui c’è scritto «Il popolo vuole fare cadere il regime». I manifestanti scandiscono: «Siamo il popolo, siamo il potere». «È stato annunciato un aumento dei salari. Provano ad ingannarci. È una bustarella politica per ridurre il popolo al silenzio», spiega in piazza aggiungendo che il «popolo non ha fiducia nel nuovo governo».

COMMISSIONI – Perché la protesta non perda la spinta propulsiva, il Movimento 6 aprile, promotore della prima gigantesca manifestazione, il 25 gennaio, ha convocato per oggi due manifestazioni, una a piazza Tahrir, un’altra dinanzi alla televisione di Stato egiziana, al Cairo. E intanto, il regime cerca di fare nuove concessioni. Lunedì l’esecutivo ha approvato un piano per aumentare gli stipendi del settore statale del 15 per cento è impegnato a spendere 6,5 miliardi di sterline egiziane (940 milioni di dollari) per aumentare le pensioni. Oggi il vicepresidente Omar Suleiman ha annunciato che sono pronti «un piano e un calendario per la transizione pacifica»., ha detto Suleiman, promettendo che le violenze nei confronti dei manifestanti finiranno e ricordando che Mubarak ha nominato una commissione per emendare la Costituzione e così rispondere alle richieste delle forze politiche. Il governo egiziano tenta di addomesticare la piazza con promesse democratiche, come l’ampliamento della libertà di stampa e la liberazione dei prigionieri di coscienza. La dimostrazione odierna sarà una prova della capacità della piazza di mantenere la pressione sul governo del Rais. Il rilascio del manager di Google, Wael Ghoneim, potrà galvanizzare la protesta.

IL POPOLO DI PIAZZA TAHRIR – Al Cairo i manifestanti hanno trascorso la notte accampati nella centrale Piazza Tahrir. Nonostante i tentativi di dialogo, nelle piazze della capitale e di altre città egiziane, si continua a chiedere a gran voce le dimissioni immediate del presidente Hosni Mubarak, uno dei punti su cui si sono arenati anche i colloqui tra il governo e i partiti di opposizione dei giorni scorsi. Nuovi incontri sono attesi per oggi. La richiesta di un suo immediato allontanamento non trova riscontro e tanto i Fratelli Musulmani, principale forza di opposizione, tanto il gruppo liberale dei Nasseriani hanno annunciato di non essere intenzionati a portare avanti il dialogo finché tutte le richieste della piazza non saranno soddisfatte. Le richieste dei manifestanti comprendono, oltre all’addio di Mubarak, una serie di riforme costituzionali, garanzie di una completa libertà di informazione e la fine dello stato d’emergenza. Intanto, Human Rights Watch ha diffuso un bilancio provvisorio dei primi 15 giorni di proteste, in cui si parla di 297 morti. Dati per ora non confermati dalle autorità egiziane.

OBIETTIVO COMPLICATO – Il governo Usa ha ammesso che sarebbe «un obiettivo complicato» per l’Egitto organizzare e celebrare subito elezioni libere e credibili. Se il presidente, Hosni Mubarak, si dimettesse ora l’Egitto dovrebbe andare al voto nell’arco di 60 giorni, secondo quanto prevede la Costituzione egiziana; e questo porrebbe l’interrogativo se l’Egitto sia preparato ad organizzare elezioni regolari, se si tiene conto che nel passato furono «ben lontane dall’essere libere e imparziali», ha detto il portavoce dei Dipartimento di Stato, Philip Crowley che ha aggiunto. «C’è molta strada da fare per arrivare al momento in cui si possano celebrare elezioni libere e giuste, tanto per il Parlamento che per la Presidenza». Le parole di Crowley riflettono i timori dell’amministrazione Usa secondo cui, elezioni troppo ravvicinate, rischiano di assicurare una vittoria alla fratellanza Musulmana, l’unica opposizione sufficientemente organizzata dopo anni di regime, senza dare spazio alle altre voci.

TRANSIZIONE – Sembra quindi consolidarsi al momento al posizione del vice presidente dell’Egitto Omar Suleiman che sabato scorso è stato investito dal segretario di Stato americano Hillary Clinton a guidare la transizione dell’Egitto alla democrazia. Documenti di Wikileaks passati al Daily Telegraphgià rivelano che nel 2008 era il candidato preferito di Israele alla successione di Hosni Mubarak. Secondo quanto si apprende da questi documenti con lui i dirigenti dello stato ebraico parlavano quotidianamente attraverso una hotline segreta con il Cairo. Suleiman avrebbe suggerito che le truppe israeliane sarebbero state «benvenute» in Egitto per fermare il contrabbando di armi ai terroristi di Hamas a Gaza. E in quell’occasione, nel 2008 durante colloqui con esponenti americani, il vice presidente egiziano venne appunto citato come il candidato preferito. «Non c’è dubbio che in uno scenario per la successione non c’è candidato con cui Israele si trovi più a suo agio che con Suleimnan», si legge in una comunicazione dell’agosto 2008 di David Hacham, un alto funzinario del ministero della difesa israeliano all’ambasciata americana a Tel Aviv.

Prove di dialogo del governo Ma il popolo della piazza non mollaultima modifica: 2011-02-08T16:12:05+01:00da
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