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Prelievo del Dna a dieci persone per trovare chi ha ucciso Yara. Non c’è stata violenza sessuale. C’è anche l’ipotesi del soffocamento

La sim nel giubbotto della vittima. Polemiche sulle ricerche. Abitano nella zona e hanno precedenti per aggressioni a sfondo sessuale. Nessuna indiscrezione sulla presenza di tracce biologiche riconducibili all’assassino. La conferma dall’autopsia: chi l’ha rapita ha commesso l’omicidio prima di riuscire ad abusare di lei.

BERGAMO – Da dove ricominciare con le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio, in attesa che dall’autopsia giungano informazioni in grado di indirizzare la bussola della verità? L’ipotesi che circola negli ambienti investigativi nelle ultime ore è la seguente: acquisire il Dna da una decina di persone che abitano nella zona e hanno precedenti per aggressioni a sfondo sessuale per poi poter confrontare l’impronta genetica con tracce da ritrovare sul cadavere della ragazzina. L’iniziativa pare dettata dalla logica innanzitutto ma è supportata anche dai primi riscontri oggettivi che paiono affiorare dopo oltre tre mesi di buio. Se Yara è rimasta vittima di un maniaco e se questo maniaco è qualcuno che aveva adocchiato lei e conosceva i dintorni di Brembate, allora la prima pista da esplorare è quella dell’archivio: ripescare casi di violenza sessuale e accendere un faro su chi li commise.

Questa intuizione, però, ha bisogno di un presupposto e cioè che sul corpo di Yara sia rintracciabile il Dna dell’aggressore. L’impresa non appare facile: lunedì il pool di esperti dell’istituto di medicina legale di Milano, coordinati dalla dottoressa Cristina Cattaneo ha lavorato fino a tarda ora sul tavolo operatorio ma al momento non sono trapelate indiscrezioni; si sa semplicemente — ma questa non è una novità— che il cadavere era in condizioni pessime (il volto, ad esempio, era quasi del tutto scarnificato) e che sarà difficile persino stabilire con certezza la presenza di coltellate sui tessuti. Ma intanto la macchina delle indagini non si ferma agli esami medico legali.

Lunedì mattina polizia e carabinieri sono tornati nel campo in fondo a via dei Bedeschi a Chignolo d’Isola dove è stata trovata Yara, per eseguire una serie di prove: cronometro alla mano è stato calcolato il tempo che un’auto impiega per coprire il percorso dalla palestra di Brembate a Chignolo; test ripetuto più volte perché le vie d’accesso al terreno che è stato per tre mesi la tomba di Yara sono ben cinque. Alla prova del cronometro ne verrà accostata un’altra: i tabulati con i numeri di telefono agganciati alla cella di Brembate la sera del 26 novembre (quando la studentessa sparì) verranno messi a confronto con gli identici elenchi della cella di Mapello e di Chignolo; tra i numeri presenti in entrambi i luoghi ci dovrebbe essere anche quello dell’assassino.

A proposito di telefoni, c’è un dettaglio che fa riflettere: la sim card del cellulare di Yara è stata trovata in una tasca del giaccone della ragazzina. Come interpretare questo dato? Forse l’aggressore ha costretto la vittima a togliere quell’elemento dal telefonino per non lasciare impronte digitali (ipotesi realistica) oppure ha voluto lasciare sul luogo del delitto un qualche segnale (ipotesi suggestiva).

Gli inquirenti stanno anche rivolgendo la loro attenzione alla discoteca «Sabbie Mobili Evolution», situata a un centinaio di metri dal luogo del ritrovamento: si ritiene che l’assassino conoscesse quella zona, forse proprio per averla frequentata.

Infine, in queste ore si affaccia qualche polemica sui controlli effettuati nelle scorse settimane dai volontari nella zona di Chignolo: ci si chiede come mai, nonostante sia stato accertato che il terreno era stato passato in rassegna almeno due volte, una delle quali anche con l’aiuto di alcuni cani, nessuno abbia notato il cadavere di Yara. Una critica che ha generato nervosismo nell’ambiente della Protezione civile di Bergamo che da lunedì sera ha decretato il silenzio stampa. È anche trapelato che sono stati ascoltati tutti i volontari che a dicembre perlustrarono la radura di via dei Bedeschi; lontano da ogni polemica sull’efficienza delle ricerche, gli inquirenti hanno solo voluto accertare l’ipotesi che Yara possa essere stata portata lì in un periodo successivo alla morte. Uno scrupolo, più che altro, in quanto le risultanze medico legali non lasciano molti dubbi sul fatto che la ragazzina sia stata portata a Chignolo nelle ore immediatamente successive alla scomparsa da Brembate.

L’AUTOPSIA – Non ci sarebbero tracce di violenza sessuale sul corpo di Yara Gambirasio. Lo dicono le prime indiscrezioni sulla lunga autopsia condotta sul corpo della ragazzina di Brembate Sopra, iniziata alle 14 di ieri pomeriggio e terminata solo a notte fonda dopo oltre dodici ore di lavoro da parte dell’equipe coordinata dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo.

SOFFOCAMENTO – Anche se per avere un quadro certo ci vorranno comunque alcuni giorni, c’è anche il soffocamento tra le ipotesi al vaglio dei medici legali. Secondo indiscrezioni, al momento però non confermate, l’esatta causa della morte (che è uno dei quesiti principali cui devono rispondere gli anatomopatologi) non è stata ancora definitivamente accertata. Le lesioni riscontrate già nell’immediatezza del ritrovamento, compatibili con delle coltellate, sono quattro sulla schiena, che non sono state la causa del decesso, e una più profonda al collo. Ma da una serie di altri segni non si potrebbe escludere nemmeno l’ipotesi del soffocamento. Per avere un quadro certo ci vorranno comunque alcuni giorni, dato che le risultanze dei prelievi effettuati sui resti non saranno disponibili e contestualizzabili in breve tempo.

IPOTESI CONFERMATE – Dal massimo riserbo che li circonda per ora sarebbe appunto emersa solo l’assenza di tracce di violenza sessuale, peraltro già ipotizzata nel corso della prima prima ispezione effettuata al momento del rinvenimento del cadavere. Una deduzione che derivava dal fatto che la ragazza avesse ancora indosso vestiti e biancheria. Questo fa pensare che il rapitore abbia ucciso Yara prima di riuscire a usarle violenza, forse a causa di una sua reazione.

LE TRACCE DELL’ASSASSINO – Non si sa invece se sul corpo siano state tracce biologiche dell’omicida, cosa che sarebbero di importanza fondamentale per le indagini. Eventuali elementi che potrebbero far risalire al Dna dell’assassino potrebbero essere messi a confronto con quelli di alcuni pregiudicati per reati di tipo sessuale che vivono nei dintorni. Nei prossimi giorni proseguiranno altri accertamenti, riscontri, analisi e confronti.

IL RISERBO DELL’ANTROPOLOGA – Risoluto il «no comment» della dottoressa Cristina Cattaneo. «Io ho il veto assoluto – si è limitata a dire l’ antropologa forense – non posso e non voglio dirvi nulla su questa vicenda, perchè è a rischio anche la credibilità di quello che dirò poi un domani». E ancora: «C’è un magistrato competente su questo caso – ha aggiunto – chiedete a lei, è l’unica persona che può dire qualcosa: io non posso dire nulla, perchè, come voi capite, ho un mestiere da difendere».

FIORI E POESIE SULLA STRADA – Intanto anche all’esterno dell’Istituto di medicina legale di Milano è continuato il viavai di persone che hanno lasciato un fiore, una dedica o una poesia in ricordo della ragazzina. Una anziana signora milanese ha legato alla cancellata una cornice di legno con all’interno un bigliettino sul quale c’è scritto: «Yara è il fiore più bello che Gesù ha mandato quaggiù». Numerosi sono anche gli studenti che andando a lezione nella vicina università si fermano, anche a gruppi, a commentare. I mazzi di fiori deposti davanti alla cancellata sono ormai una trentina.

Redazione Online

Claudio Del Frate

Prelievo del Dna a dieci persone per trovare chi ha ucciso Yara. Non c’è stata violenza sessuale. C’è anche l’ipotesi del soffocamentoultima modifica: 2011-03-01T15:25:28+01:00da
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