Summit del Gruppo di contatto sulla Libia. «È l’opzione migliore». Con Roma anche Madrid. Parigi pronta a dare aiuto militare ai ribelli
Trentasette ministri degli Esteri di Europa, Paesi Arabi, Africani e i vertici delle principali organizzazioni internazionali, dall’Onu alla Nato, dalla Lega Araba, all’Ue e l’Organizzazione dei Paesi islamici (Oic) si sono riuniti a Lancaster House a Londra, sede di rappresentanza del Foreign Office. È il summit del Gruppo di contatto sulla Libia che intende trovare una via d’uscita alla crisi libica e sul dopo Gheddafi, dove sembra prendere sempre più piede l’ipotesi dell’esilio del Colonnello in un Paese africano. Opzione avanzata dal ministro degli Esteri Franco Frattini, e sostenuta tra gli altri dalla omologa spagnola Trinidad Jimenez. Presenti anche i vertici del Consiglio Nazionale Transitorio dei ribelli di Bengasi, la maggiore forza di opposizione al Colonnello, guidata da Muahammed Jabril. Ad aprire i lavori il premier britannico David Cameron, che cederà la guida al ministro degli Esteri William Hague. Assente a sorpresa l’Unione africana cui il Gheddafi si è affidato per la soluzione della crisi attraverso una road- map.
TRATTATIVE – Nel giorno del Summit di Londra, si moltiplicano le voci su una possibile trattativa che aprirebbe la strada all’esilio del leader libico. Il ministro degli Esteri libico Musa Kusa – secondo fonti stampa – si trova in Tunisia, dove starebbe trattando con delegati italiani una «agevole via di uscita» per il Raìs. Voce confermata da al Jazeera secondo la quale Kusa potrebbe raggiungere l’Italia. Lunedì il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini aveva dichiarato che «vi sono paesi africani che potrebbero offrire ospitalità» al colonnello, anche se «non ci sono ancora proposte formali» e il capo della diplomazia spagnola Jimenez e quello britannico Hague non escludono l’ipotesi che – dice la Jimenez – sarebbe ancora «giuridicamente» possibile (il Tribunale Penale Internazionale non ha ancora formalizzato alcuna accusa contro il Raìs).
ARMI E DIALOGO – Mentre il Regno Unito non è impegnato a negoziare un’uscita di Muammar Gheddafi dalla Libia, («questo non impedisce ad altri di farlo», ha detto il ministro degli Esteri britannico William Hague), il ministro Frattini dichiara di considerare il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi un «interlocutore sempre più credibile», «specialmente dopo la pubblicazione» del suo manifesto politico». Al termine del Summit, il ministro Frattini traccia un bilancio parlando di «risultato politico estremamente positivo» e di «unità di visione sul fatto che la missione nel paese non è un fine». L’obiettivo, sostiene il ministro italiano, è una soluzione politica. Tra i trentasette ministri riuniti a Londra c’è condivisione sul fatto che spetti ai libici decidere il loro futuro attraverso un processo a cui «Gheddafi non partecipi» e il Cnt alla guida. «Il Raìs deve lasciare», aggiunge Frattini ribadendo l’esigenza di «sostenere un’azione condivisa per l’avvio di un dialogo che includa tutte le parti del territorio libico, sia i gruppi tribali come tutte le forze organizzate in vista di un percorso che potrebbe portare alla definizione di una Costituzione». In questo contesto «il cessate il fuoco è certamente indispensabile» e ha come precondizione l’uscita di Gheddafi «altrimenti – ha spiegato il ministro – si rischierebbe un paese diviso in due».
AIUTI – Il sostegno umanitario, di cui fa parte la missione Ue con quartier generale operativo a Roma, è stato oggetto del confronto del ministro italiano con il colleghi di Qatar, EAU e Turchia. «Come Italia continueremo ad essere protagonisti delle azioni umanitarie e stiamo pensando con questi paesi a corridoi che non riguardino solo l’est ma anche a zone come Misurata che, quando le truppe di Gheddafi si ritireranno, resterà abbandonata alla devastazione».
FRANCIA – La Francia è pronta a discutere con gli alleati un aiuto militare agli insorti in Libia. Lo ha dichiarato il capo della diplomazia francese, Alain Juppé, sottolineando che non è previsto dalle recenti risoluzioni delle Nazioni Unite sulla Libia. «Non è quello che prevede la risoluzione 1973, né la risoluzione 1970. Per il momento la Francia si attiene alla stretta applicazione della risoluzione. Questa dice, noi siamo pronti a discuterne con i nostri partner», ha dichiarato il ministro. In precedenza, l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Susan Rice aveva affermato che gli Stati Uniti non «escludono» di fornire assistenza anche militare ai ribelli libici. «Abbiamo ed è di tutta evidenza un grande interesse a che Gheddafi lasci il potere» ha detto la Rice alla tv Abc ricordando che se la missione autorizzata dall’Onu ha il fine di «proteggere i civili» l’obiettivo di fondo è la caduta del leader libico.
SALVACONDOTTO – Al termine della conferenza internazionale di Londra il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha sottolineato che Gheddafi «deve lasciare» la Libia, ma la coalizione internazionale «non può promettergli un salvacondotto». «Pensiamo innanzi tutto a che lasci il paese», ha detto il ministro italiano, poi «le conseguenze» delle azioni del Raìs libico «sono nelle mani del tribunale internazionale», la Cpi. «Nessuno potrebbe impegnarsi a una immunità giurisdizionale, assolutamente nessuno – ha ribadito il titolare della Farnesina – men che meno l’Italia che è paese fondatore della Corte Penale internazionale». L’esilio di Gheddafi è stato comunque uno degli argomenti trattati nella conferenza di Londra, ha confermato Frattini. Il ministro italiano, però, non si è sbilanciato sulle candidature. Quanto al coinvolgimento di paesi africani, Frattini si è limitato a osservare che «quella di un paese africano è una delle opzioni, non è un segreto che l’Unione Africana può esercitare una leva politica di pressione». «Quello che è indispensabile è che vi siano paesi disponibili ad accogliere Gheddafi e la sua famiglia, e ovviamente far finire questa situazione che altrimenti potrebbe prolungarsi per qualche tempo» ha aggiunto Frattini, ma «perché queste cose abbiano successo devono essere discrete».
VOCI – Oltre alla voci relative alla misteriosa missione di Musa Kusa un’indiretta conferma della pista dell’esilio viene dalle stesse dichiarazioni rilasciate da Gheddafi questa mattina.«Lasciate che sia l’Unione africana a gestire la crisi, la Libia accetterà tutto quello che l’Ua deciderà» ha dichiarato oggi Gheddafi, nel messaggio pubblicato dall’agenzia ufficiale Jana. L’Ua ha proposto una cessazione immediata dei combattimenti e l’apertura di un dialogo tra libici, preliminare a una «transizione» democratica ma nella sua mediazione sarebbe presente – seppur non esplicitata – anche la carta dell’esilio.
DEGNI DI HITLER – Nel suo discorso, Gheddafi si è anche rivolto al «gruppo di contatto» invitando la coalizione a interrompere l’offensiva contro la Libia. Un’azione degna di Hitler, ha aggiunto: «Lasciate la Libia ai libici, state eseguendo un’operazione di sterminio, state distruggendo un popolo che viveva in pace e in sicurezza, state per distruggere un paese in corso di sviluppo».
IL CONSIGLIO DI TRANSIZIONE – Non si accontenta dell’esilio il Consiglio Nazionale di Transizione libico. «La soluzione ideale non è mandare in esilio Gheddafi ma portarlo a processo», ha ribadito Guma el-Gamaty, membro del Consiglio. «I crimini commessi contro il popolo libico non possono essere dimenticati». Guma el-Gamaty ha parlato anche del futuro del Paese e ha ribadito che il Consiglio faciliterà la nascita di una costituzione. «Non è nostro compito promulgarla», ha però detto. «Noi ci occuperemo di mettere a punto una bozza. Poi sarà la volta di un organo rappresentativo della popolazione libica. Il risultato sarà poi sottoposto a referendum».
FINO ALL’USCITA DI SCENA DEL RAIS – Dopo l’esordio a Londra, a livello ministeriale, il gruppo di contatto sulla Libia si riunirà in Qatar e poi a Roma. Questa formula, riferiscono fonti diplomatiche, proseguirà i lavori stabilmente – le date non sono state fissate – con riunioni periodiche fino alla fine della crisi libica con l’uscita di scena di Muammar Gheddafi e la completa democratizzazione del Paese.
Redazione online