In piazza pd e popolo viola. Di Pietro: «Le proteste potrebbero trasformarsi in rivolta». L’Aula approva la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione contro i magistrati di Milano
ROMA – Sul caso Ruby la maggioranza tiene. La Camera ha infatti approvato, con dodici voti di scarto, la richiesta avanzata dal Pdl di sollevare davanti alla Consulta un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. L’obiettivo è quello, in pratica, di trasferire il processo al Tribunale dei ministri, sottraendolo all’autorità giudiziaria di Milano, visto che uno dei reati contestati al premier Silvio Berlusconi, la concussione, sarebbe di natura ministeriale (l’altro reato è prostituzione minorile).
PROCESSO BREVE E OSTRUZIONISMO – Dopo la votazione sul caso Ruby e una piccola interruzione, la seduta è ricominciata a Montecitorio con l’esame della proposta di legge sul sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni. Con interventi a raffica sugli emendamenti al testo, l’Italia dei valori ha fatto ostruzionismo per far slittare il più avanti possibile l’inizio dell’esame del testo.
LA VOTAZIONE – Per la votazione sul caso Ruby, i banchi del governo erano al gran completo. Presenti tutti i ministri, tranne il presidente del Consiglio: nella poltrona da lui abitualmente occupata si è seduta Michela Vittoria Brambilla, tra Umberto Bossi e Franco Frattini. I banchi erano tanto pieni che Ignazio La Russa e Giorgia Meloni non hanno trovato posto e hanno dovuto accomodarsi sui banchi dei deputati. Con la maggioranza hanno votato anche i deputati liberaldemocratici Daniela Melchiorre e Italo Tanoni.
I NUMERI – Sui numeri in Aula è però bagarre. Il capogruppo Pd Dario Franceschini ha apostrofato la votazione come «un’altra pagina davvero vergognosa», mettendo poi l’accento sui dodici voti di vantaggio della maggioranza. «Sono arrivati a 314: i 330 sono un miraggio del premier e come tutti gli altri si allontana», ha detto Franceschini. «Dodici voti di maggioranza bastano» ha tagliato corto dal canto suo Bossi. E anche il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, ha mostrato soddisfazione per l’esito del voto. «La maggioranza cresce e continuerà a crescere» ha detto. Secondo i calcoli fatti nel Pdl, infatti, con i due nuovi «ingressi» (Melchiorre e Tanoni), i voti a favore del governo dovrebbero essere 323: in realtà, però, si continua a conteggiare tra le fila della maggioranza Antonio Gaglione, che, sempre assente nelle ultime votazioni, non si è mai schierato ufficialmente a favore del governo. Quanto al voto su Ruby, sempre secondo fonti Pdl, alla maggioranza sarebbero mancati i voti di 7 assenti.
IN PIAZZA PD E POPOLO VIOLA – In concomitanza con l’inizio dei lavori alla Camera ha preso il via il presidio organizzato da Popolo Viola e Articolo 21 contro il disegno di legge del governo sulla giustizia e in particolare contro il processo breve che sarà in discussione alla Camera. Piazza Montecitorio è blindata e un centinaio di persone manifesta dietro le transenne a una cinquantina di metri dall’ingresso principale del palazzo. A fare compagnia all’enorme tricolore del Popolo Viola ci sono anche bandiere dell’Idv, di Rifondazione Comunista, di Sinistra e Libertà e una di Futuro e Libertà. Il Pd ha deciso di organizzare una propria manifestazione al Pantheon, a partire dalle ore 18, alla quale parteciperà il segretario Pier Luigi Bersani.
DI PIETRO – A Montecitorio erano arrivati alla spicciolata prima del voto i deputati, con Antonio Di Pietro che si è fermato a parlare con la gente in piazza. «Prima che si passi dalla manifestazione alla rivolta vera e propria – ha detto il leader Idv -, invito i cittadini a dare seguito a un referendum politico che metta con le spalle al muro il presidente del Consiglio e indichi, al presidente della Repubblica, la dicotomia ormai esistente tra una maggioranza numerica in parlamento e una maggioranza politica che non c’è più».
BERLUSCONI– Assente a Montecitorio il premier ha riunito a Palazzo Grazioli i capigruppo della maggioranza, prima della votazione in Aula. «Contro di me è in atto un vero brigatismo giudiziario», avrebbe detto Berlusconi commentando la pubblicazione delle intercettazioni a suo carico contenute negli atti di accusa dei pm nel processo Ruby. «Ve lo ripeto ancora una volta – avrebbe aggiunto il presidente del Consiglio – io non ho fatto nulla».
Redazione online