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Berlusconi in tribunale: «C’è una magistratura che lavora contro il Paese»

Il presidente del consiglio: «soldi a ruby perchè non si prostituisse». Il premier dal tribunale di Milano dove è imputato del processo diritti tv Mediaset. Udienza sospesa fino alle 15

MILANO – «Nemmeno per sogno, ma che condanna. C’è una magistratura che lavora contro il Paese»: sono queste le prime parole pronunciate dal premier Silvio Berlusconi, che è tra gli imputati al processo sui diritti tv Mediaset, prima di entrare nell’aula della prima Corte d’assise d’appello accolto da numerosi sostenitori. È la prima volta che il premier partecipa all’udienza dibattimentale davanti ai giudici della prima sezione penale del tribunale. Due settimane fa aveva seguito l’udienza preliminare del caso Mediatrade.

INTERCETTAZIONI E CASO RUBY – «In un paese civile le intercettazioni non possono essere portate a processo perché manipolabili e poi quando si parla al telefono sul far della notte si è più in una zona onirica che nella zona della realtà» proclama ancora il premier che risponde anche ai giornalisti sul caso Ruby: «Non esiste alcuna concussione. Sono sempre cortesissimo e ho chiesto un’informazione preoccupato per una situazione che poteva dar luogo ad un incidente diplomatico. Ho dato dei soldi a Ruby perché non si prostituisse. Non c’è questa accusa infamante e non c’è nulla di reale perché la stessa ragazza che avrebbe dovuto essere la vittima ha dichiarato sempre, ha giurato, ha sottoscritto, il fatto di non aver avuto avance da parte mia. La ragazza ha raccontato davanti a me e a tutti una storia dolorosa che ci ha persino commosso. L’avevo aiutata – aggiunge il premier – e le avevo persino dato la possibilità di entrare in un centro estetico con un’amica che lei avrebbe potuto realizzare se portava il laser antidepilazione per un importo che a me sembrava di 45 mila euro. Invece lei ha dichiarato di 60 mila e io ho dato l’incarico di darle questi soldi per sottrarla a qualunque necessità, per non costringerla a fare la prostituta, per portarla anzi nella direzione contraria». «Siccome c’è da fare poco al governo sono qui a trovare un’occupazione. Su di me è stato gettato fango incredibile. Un fango incredibile che viene su di me che in fondo sono un signore ricco, ma che viene su tutto il Paese» ha poi aggiunto il presidente del Consiglio. Al processo Mediaset non ci sono «fatti» contro di me ma «pure invenzioni astratte dalla realtà. Non credo farò dichiarazioni spontanee a meno che i giudici non le dicano troppo grosse costringendomi a intervenire» ha concluso il premier.

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA – Berlusconi prima dell’inizio del processo Mediaset, ha spiegato inoltre che quelli a suo carico «sono processi mediatici» e «questa è la dimostrazione che nel nostro Paese siamo giunti a una situazione limite per cui bisogna riformare la giustizia». Il premier ha aggiunto anche che la riforma «non è affatto punitiva» ma serve a «portare la magistratura ad essere quello che deve essere, non quello che è oggi come arma di lotta politica». Entrando poi nello specifico del processo sui diritti tv Mediaset Berlusconi ha precisato: «In sintesi estrema vengo sospettato di essere socio occulto di un signore che vendeva diritti a Mediaset – ha spiegato il premier -, è inesistente come situazione». Secondo l’accusa, infatti, Berlusconi sarebbe stato il socio occulto del produttore americano Frank Agrama, uno degli imputati. «Gli hanno sequestrato tutti i conti e tutti i soldi – ha chiarito il premier riferendosi ad Agrama -, anche gli ultimi che ha fatto in Europa e li hanno trovati tutti, come è logico che sia, nella sua disponibilità e nei suoi conti». Queste, ha concluso il capo del governo, sono accuse «assolutamente infondate e demenziali».

IL PROCESSO – Una volta terminato il colloquio con i giornalisti Berlusconi è entrato in aula. A questo punto i giudici della prima sezione penale del tribunale di Milano hanno revocato la contumacia. Nell’ambito del cosiddetto processo sui diritti tv Mediaset infatti il premier è, come detto, imputato insieme, tra gli altri, a Fedele Confalonieri e al produttore americano Frank Agrama. Il dibattimento ha quindi preso il via. La prima testimone sentita è stata Paola Massia, ex collaboratrice dell’imprenditore cinematografico Frank Agrama, anch’egli imputato nel processo. «Berlusconi e Agrama si conoscevano personalmente. Lo so, perché li ho visti» ha dichiarato la Massia.

ALL’USCITA – Alla fine della prima parte dell’udienza, che dovrebbe riprendere alle ore 15, Berlusconi (che una volta messo piede fuori ha avuto anche un battibecco con il giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo da lui definito «signor Stalin») è uscito dall’aula: «Ho passato una mattinata surreale» ha dichiarato il premier. «Tutto – ha aggiunto Berlusconi – è sul nulla perché non c’è una prova non c’è un documento e una testimonianza di un passaggio di denaro a sostegno delle tesi del pubblico ministero che sono solo frutto della sua fantasia. Abbiamo sentito alcuni testimoni – ha detto il premier parlando con un microfono – vengo via con una sensazione drammatica di perdere tempo. Si tratta di processi incredibili, fatti solo per gettare fango su un avversario».

DAVANTI AL TRIBUNALE – Per tutta la mattinata gli altoparlanti sistemati davanti all’ingresso del Palazzo di Giustizia di Milano, dove all’esterno si è tenuto un vero e proprio comizio del Pdl, diffondevano di tanto in tanto le note di «Meno male che Silvio c’ e». L’inno a Berlusconi veniva di volta in volta intonato dai circa 200-300 sostenitori del premier muniti di bandiere del Popolo delle libertà e tricolori. Numerose anche le bandiere della Copagri, mentre più defilato c’è un vessillo del Sole delle Alpi. La musica ad alto volume si sentiva distintamente anche all’interno del Palazzo di Giustizia.

LA CONTROMANIFESTAZIONE – Un gruppo di contestatori di Silvio Berlusconi, capitanati dal blogger Piero Ricca, famoso per aver detto al premier Silvio Berlusconi «buffone» si era invece riunito davanti all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia di Milano in corso di Porta Vittoria. I manifestanti avevano esposto uno striscione con la scritta «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, basta leggi ad personam». Il gruppo, costituito da alcune decine di persone, era però ben distante dai sostenitori di Silvio Berlusconi.

Redazione online

Berlusconi in tribunale: «C’è una magistratura che lavora contro il Paese»ultima modifica: 2011-04-11T15:14:20+02:00da
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