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Processo breve , via libera alla Camera Berlusconi: «Noi compatti, gli altri no». Berlusconi alla stampa straniera: «Non mi ricandido, Alfano premier»

BERSANI: governo verso l’abisso. il popolo viola conntesta il senatùr e la santanchè. Maggioranza a quota 314. Il testo va al Senato. Bossi: i numeri ci sono. L’Anm: Stato sconfitto, ci faremo sentire. Il Cavaliere e Gheddafi: «Prima di dire sì agli alleati ho pensato alle dimissioni». Il Wsj e il Guardian dopo la cena coi corrispondenti esteri. Ma Bonaiuti: «Un ragionamento enfatizzato»

I cartelli di protesta dell’Idv dopo l’approvazione del ddl

ROMA – Dopo tre settimane di intenso dibattito, la maggioranza riesce ad approvare alla Camera il testo sul processo breve e Silvio Berlusconi rinsalda la sua maggioranza. Le «Disposizioni in materia di spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e durata del processo», il provvedimento che di fatto riduce i tempi della prescrizione per gli incensurati non ancora colpiti da una sentenza di primo grado e che all’ultimo minuti ha cambiato nome grazie a un emendamento del relatore Maurizio Paniz, passa a Montecitorio con 314 voti a favore e 296 contrari su 610 votanti.

PREMIER SODDISFATTO – Per l’opposizione la prescrizione breve è una «amnistia mascherata». Assai critica anche l’Anm, che promette battaglia. «È una sconfitta per lo Stato» dice il leader del sindacato delle toghe Luca Palamara. «Così si affossa definitivamente il processo» aggiunge, specificando che i magistrati faranno sentire la loro voce. «Sono convinto che difficilmente questa legge potrà reggere un vaglio di costituzionalità», gli fa eco il segretario dell’Anm Giuseppe Cascini. Il premier invece è soddisfatto. Finalmente una legge che mette l’Italia al passo con l’Europa, avrebbe argomentato con i diversi deputati che lo hanno chiamato per informalo dell’approvazione della legge sulla cosiddetta «prescrizione breve». La soddisfazione del capo del governo è chiaramente legata anche alla tenuta della maggioranza che in questi due giorni ha dato prova, a detta del premier, di una reale compattezza: è stata l’opposizione – ha confidato ai suoi – a fare una pessima figura. Tra l’altro – ha proseguito nel ragionamento – i voti in più che ha ottenuto la maggioranza dimostrano che quota 330 è un obiettivo concreto. Dello stesso avviso Umberto Bossi: «Questo voto ci dice che i numeri ci sono. Non arriviamo a 330? Sempre meglio di niente» ha commentato il leader della Lega, dopo il voto finale. E alla domanda sul timore di scarcerazioni per effetto della legge, il Senatùr ha aggiunto: «Sono tutti giochi di prestigio della sinistra che ha fatto questa battaglia alla morte». «La maggioranza tiene bene sui numeri» ha poi chiarito il coordinatore del Pdl, Denis Verdini. «Non è tanto la quota 314 ma il fatto che abbiamo tenuto bene per due giorni e dimostrato coesione» osserva, ricordando anche che se a questo numero si aggiungono le assenze il numero dei voti per la maggioranza sale ancora.

PROTESTANO IDV E POPOLO VIOLA – L’opposizione ha votato con la Costituzione in mano il suo «no» al testo sulla prescrizione breve. Al momento del voto infatti, i deputati del Pd e IdV, in piedi hanno esposto il testo della Carta. A voto concluso poi i deputati dipietristi hanno innalzato dei cartelli con scritte «Rogo Thyssen, nessuna giustizia»; «Crac Parmalat, nessuna giustizia»; «Santa Rita, nessuna giustizia». «Il governo nella coscienza degli italiani ha fatto un passo verso l’abisso – ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani -. Ora sta a noi far comprendere la vergogna di questo provvedimento che dimostra l’assoluto disprezzo verso i problemi veri del paese». E mentre andava in scena anche l’ultimo atto per l’approvazione alla Camera , in piazza Montecitorio infuriava la protesta del popolo viola e dei familiari delle vittime di Viareggio e L’Aquila. «Così ci negate la giustizia» è stato per tutto il pomeriggio lo slogan dei manifestanti. L’onda lunga del dissenso finisce per travolgere la deputata Daniela Santanchè, che viene apostrofata dai manifestanti con parole dure ed invitata a dimettersi. Anche Bossi è stato contestato: «Venduto, venduto» gli ha gridato la folla dopo il voto in Aula.

GLI ARTICOLI 3 E 4 – L’articolo 3 del testo approvato, modificato da un emendamento del relatore Paniz riduce i tempi della prescrizione per gli incensurati passando da un quarto a un sesto della pena edittale. Si applica ai processi che non sono ancora giunti a sentenza di primo grado. Non riguarda i reati di grave allarme sociale: terrorismo e mafia, ad esempio. Contro questa norma hanno tuonato le opposizioni, sostenendo che è l’ennesima legge ad personam applicabile al processo Mills, in cui è imputato il premier. In Aula passa anche l’articolo 4, quello sulla «durata ragionevole del processo» e sull’«obbligo di segnalazione» L’articolo, anche questo riformulato dal relatore Paniz, prevede che il capo dell’ufficio giudiziario segnalerà al ministro della Giustizia e al Csm le toghe che “sforano” i tempi del processo stabiliti dalla legge: tre anni in primo grado, due anni in appello, e un anno e 6 mesi in Cassazione, per quanto riguarda i reati con la pena massima di 10 anni.

SCRUTINIO SEGRETO – Alla Camera la maggioranza ha superato anche la prova del voto segreto chiesto e concesso su un emendamento dell’Idv, ottenendo 316 preferenze, e dunque sei voti in più rispetto alla quota massima di 310 ottenuta durante le votazioni a scrutinio palese. Il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha parlato di «opposizione ridicolizzata». «Sui miei deputati metto non una mano sul fuoco, ma tutte e due» ha replicato Dario Franceschini, capogruppo del Pd. «Sono in sei – ha aggiunto – ad aver votato con la maggioranza. Sui deputati del Pd non ho dubbi. Chi sia stato lo si capisce, ma io non sono sleale da attribuire ad altri questo voto».

ATTACCHI A FINI – Dopo la seduta notturna di martedì, polemiche e ostruzionismo hanno tenuto banco anche durante la seduta di mercoledì mattina. Il Pd, con Roberto Giachetti, ha duramente attaccato il presidente della Camera Gianfranco Fini definendolo «il peggiore presidente per l’opposizione» per via delle sue decisioni sui tempi a disposizione della minoranza. Subito dopo l’attacco di Giachetti, è intervenuto Pier Ferdinando Casini a difesa del leader di Montecitorio: «Inaccettabile». In serata poi le scuse dello stesso Giachetti al presidente della Camera.

APPELLO CEI – In queste ultime ore di schermaglie alla Camera, dai vescovi italiani è arrivato l’appello a una «maggiore serenità». «Al di sopra di tutto ci deve essere il desiderio e la meta concreta del bene comune – ha spiegato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei – che è fatto di tanti aspetti che devono essere affrontati in un clima di maggiore serenità. Altrimenti – ha concluso il cardinale – non si va da nessuna parte».

Angelino Alfano e Silvio Berlusconi (Ansa)

Silvio Berlusconi non ha intenzione di ricandidarsi alla guida del governo, al termine del suo attuale mandato. Questo almeno sarebbe emerso nel corso della cena di martedì sera con la stampa estera. Il presidente del Consiglio, riportano sul loro sito l’autorevole Wall Street Journal (il cui corrispondente a Roma ha partecipato all’incontro) ha indicato come suo successore alla guida del Pdl e quindi alla premiership per il centrodestra l’attuale ministro della Giustizia Angelino Alfano. Le dichiarazioni rilasciate dal capo del governo sono state «enfatizzate», hanno voluto però precisare il portavoce del premier Paolo Bonaiuti e il coordinatore del Pdl Denis Verdini. «Penso che sia uno stato d’animo del presidente», ha affermato Verdini, «sono cose che ha detto, non dico che non le ha dette, ma gli viene data un’enfasi che le fa sembrare cose certissime; sono cose che ha detto spesso “se fosse per me…”. Noi ora siamo sommersi di fax e telefonate al partito, il cui senso è “Silvio resisti”». Secondo Bonaiuti «è bene circoscrivere queste dichiarazioni, rese nel corso di una cena, di una chiacchierata libera, ma non sono cose da dare in modo così apodittico, non c’è nulla di deciso».

IL LEGAME CON GHEDDAFI – Nel corso della cena, il Cavaliere si è soffermato sulle prossime elezioni politiche: «Se ci sarà bisogno di me come padre nobile, sono disponibile. Potrei essere capolista del Pdl, ma non voglio un ruolo operativo», ha puntualizzato. Berlusconi poi ha anche citato il suo legame «personale» con il colonnello libico Muammar Gheddafi, svelando di aver preso in considerazione l’idea delle dimissioni nei giorni precedenti alla decisione di partecipare assieme agli alleati alle operazioni in Libia. «Con tutte le difficoltà personali che questa decisione rappresentava per me, ho pensato fosse mio dovere dimettermi. Ma tutti mi hanno chiesto di non farlo e così sono rimasto al mio posto», ha spiegato Berlusconi.

Redazione online

Processo breve , via libera alla Camera Berlusconi: «Noi compatti, gli altri no». Berlusconi alla stampa straniera: «Non mi ricandido, Alfano premier»ultima modifica: 2011-04-14T12:26:37+02:00da
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