Coinvolta la lista di Formigoni e il listino provinciale milanese del Pdl. L’accusa per consiglieri comunali e provinciali è di falso ideologico. Per la procura: «prove granitiche»
MILANO – Una decina di consiglieri comunali e provinciali della Lombardia sono indagati dalla procura di Milano per falso ideologico in relazione a circa 700-800 presunte firme false presentate a sostegno della lista «Per la Lombardia» di Roberto Formigoni che ha corso per le ultime elezioni regionali. Le firme considerate false dall’accusa, inoltre, da quanto si è appreso, riguardano anche il listino provinciale milanese del Popolo della Libertà.
LE PROVE – Ci sono «prove granitiche» – assicurano in ambienti giudiziari – sulla falsità delle firme, dal momento che sono stati convocati, negli ultimi mesi, uno ad uno tutti i firmatari che hanno assicurato di non aver apposto il loro nome e cognome nei moduli. In teoria, i sostenitori della lista «per la Lombardia» hanno raccolto 3.800 firme (il minimo previsto dalla legge è di 3.500), ma 700-800 di queste sarebbero false e, quindi, la lista non poteva concorrere alla tornata elettorale.
L’INCHIESTA – I consiglieri comunali appartenenti a diversi Comuni e province della Lombardia hanno ricevuto un invito a comparire nei prossimi giorni in Procura, firmato dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, che coordina l’inchiesta, nata anche a seguito di un esposto dei Radicali che avevano consegnato ai magistrati copia di circa 500 firme da loro ritenute false. Gli inquirenti però sono andati oltre e, nel corso delle indagini, hanno convocato centinaia di persone che hanno spiegato di non aver mai firmato per le liste, anche se il loro nome e la loro firma compariva a sostegno dei listini. Gli inquirenti avrebbero dunque individuato quasi 800 firme false per il listino di Formigoni e anche firme false in quello del Pdl. L’esposto dei Radicali riguardava soltanto, invece, la lista del governatore della Lombardia. I radicali, inoltre, avevano presentato anche un secondo esposto al pm, perché, a loro dire, anche in base ad articoli di stampa, la lista di Formigoni sarebbe stata riaperta all’ultimo momento per fare entrare come candidata consigliere regionale Nicole Minetti, poi eletta nel listino bloccato. Tra i consiglieri provinciali lombardi indagati per falso ideologico nella vicenda delle firme false a sostegno del listino di Roberto Formigoni e della lista Pdl ci sono Barbara Calzavara e Massimo Turci, entrambi consiglieri provinciali a Milano.
CAPPATO – «L’indagine della Procura di Milano ha fatto emergere una quantità di falsi molto superiore a quella che avevamo trovato con i nostri mezzi». Marco Cappato, capolista della Lista Bonino-Pannella a Milano, dopo la notizia dell’indagine per falso ideologico: «Si tratta – aggiunge Cappato – di una truffa elettorale realizzata attraverso un’attività di falsificazione massiccia che non può che configurare il reato di associazione per delinquere contro i diritti civili e politici dei cittadini. Un’associazione per delinquere che è stata coordinata da un responsabile che spetterà alla magistratura individuare, senza limitarsi agli esecutori materiali». «Sempre sul piano formale e giudiziario – afferma ancora -, è ora doveroso che la giustizia amministrativa prenda atto dell’inesistenza delle firme valide per la presentazione del listino Formigoni e riconosca il diritto dei cittadini lombardi ad elezioni legali». «Al di là delle responsabilità giudiziarie – dice Cappato -, non c’è invece alcun dubbio su chi sia l’unico vero responsabile politico della truffa: il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il quale, se anche fosse stato estraneo (come gli auguro) alla programmazione e realizzazione della truffa, se ne è però assunto tutta la paternità politica quando ha diffamato noi della Lista Bonino-Pannella, accusandoci di aver manomesso i suoi moduli, e quando ha per 14 mesi rifiutato di collaborare all’accertamento della verità». «Il presidente della Regione Lombardia – conclude – ha mentito sapendo di mentire. Per questo, per la parola tradita prima ancora che per il tipo di coinvolgimento, attivo od omissivo, nell’associazione a delinquere della truffa realizzata, il presidente Formigoni si deve ora dimettere. L’alternativa sarebbe per lui di sperare nei tempi della malagiustizia italiana».
Redazione online