Dopo la scoperta di oltre 700 contraffazioni sul listino del presidente. Il governatore: mi hanno scelto due milioni di lombardi, resto al mio posto. Il Pd: chieda scusa
MILANO – «La validità della mia elezione è dovuta al popolo sovrano che ha scelto Formigoni preferendolo a qualsiasi altra soluzione».
Il presidente parla di sé in terza persona, al termine di una giornata piena di nervosismo e di tensione. Una giornata a suo modo importante, per gli impegni e gli incontri in calendario. In mattinata il governatore è nel mantovano con Emma Marcegaglia, nel pomeriggio a Monza a benedire un traguardo storico, il via al restyling della Villa Reale. Le risposte ai cronisti sul tema di giornata, le presunte firme false al suo listino e gli avvisi di garanzia che stanno raggiungendo gli uomini del Pdl, sono secche: «Consiglio a tutti di evitare di anticipare le sentenze. Ci sono ipotesi accusatorie che dovranno tutte essere verificate, in questo momento sta parlando l’accusa, ma ci sarà il momento in cui parlerà la difesa e poi un giudice terzo dovrà giudicare». Quanto alle dimissioni, Formigoni tira dritto: «Un’ipotesi che non sta né in cielo né in terra». Firme vere o false? «Lo stabilirà la magistratura. Per ora si tratta solo di un’accusa tra le tante che circolano in questo strano Paese.
Soddisfazione palpabile invece dalle parti dei Radicali . «Formigoni si dimetta», dicono Marco Cappato e Lorenzo Lipparini, secondo cui «l’esito delle elezioni in Lombardia è nullo non perché Formigoni non abbia il sostegno popolare, ma perché ha dimostrato di aver in spregio il rispetto delle regole, perché dopo un ventennio di potere la consuetudine delle poltrone ha reso l’ego di questi personaggi al di sopra delle procedure». Più cauto il Pd, che con Maurizio Martina e Luca Gaffuri chiede quantomeno al governatore di riferire in aula: «Pdl e Lega dimostrano tutta la loro inaffidabilità. Ora dovranno scusarsi con tutti i cittadini per aver sostenuto il falso, e cioè che le liste erano perfettamente regolari». Il capogruppo al Pirellone del Carroccio Stefano Galli non ci sta però a finire in un unico calderone: «È una vicenda che danneggia tutti, ma che coinvolge solo il Pdl. Anzi, sarebbero tutti da prendere a calci nel sedere, dal primo all’ultimo, siamo stati colpiti tutti per colpa di quattro stupidi. Non si fanno raccogliere le firme agli inetti. Hanno dimostrato di essere degli incapaci, dilettanti allo sbaraglio».
Sul fronte Pdl la linea difensiva è chiara: «Non sarà un caso che gli avvisi di garanzia partano a un mese esatto dalle elezioni», osserva per tutti il capogruppo in Comune Giulio Gallera. Che poi però aggiunge: «Se c’è stata qualche piccola leggerezza va condannata. Ma di certo nessuno ha estorto firme a cittadini ignari». E il Terzo Polo? «È una vicenda che dimostra la lontananza del Pdl dalle regole del gioco», attacca il vicepresidente di Fli, Italo Bocchino. Un’altra ex è ancora più velenosa. Sara Giudice, l’«anti-Minetti»: «Avevo già detto che la mia firma su quei moduli era falsa. Il listino di Formigoni è illegittimo sia dal punto di vista legale che morale».
Andrea Senesi