Tolti i sigilli alla villetta di cogne. La donna, in cella per l’omicidio del figlio Samuele, additò un compaesano come autore del delitto
La villetta dei Lorenzi a Cogne (Ansa) |
COGNE (AOSTA) – Annamaria Franzoni è stata condannata per calunnia, per aver additato un compaesano come autore del delitto del figlio. Un anno e quattro mesi è la pena decisa al termine del processo Cogne bis per la donna che sta già scontando la pena (ormai definitiva) per la morte del figlioletto Samuele.La sentenza è stata pronunciata dal giudice Roberto Arata del tribunale di Torino e l’imputata non era in aula. La Franzoni, in sostanza, è stata riconosciuta colpevole di calunnia «in concorso con altri» non identificati (così come recitava il capo d’accusa): il 31 luglio del 2004, a distanza di più di due anni dall’omicidio e di qualche giorno dalla sentenza di condanna di primo grado, il suo difensore dell’epoca, Carlo Taormina, depositò una sentenza in cui si invitavano gli inquirenti a indagare sul conto di Ulisse Guichardaz, un vicino di casa.
DISSEQUESTRATA LA VILLETTA – Nel dispositivo della sentenza, il giudice Arata ha anche adesso disposto il dissequestro della villetta di Cogne, in cui la Franzoni viveva con il marito e i due figli e dove il piccolo Samuele venne assassinato. Nessun commento da parte di Stefano Lorenzi, marito di Annamaria, presente in aula al momento della lettura del dispositivo . «Vi ringrazio – ha detto l’uomo ai cronisti – ma non ho nessun commento da fare».
CONDANNATO ANCHE UN FOTOGRAFO – Al processo Cogne bis era stato chiamato in causa un secondo imputato, il fotografo svizzero Eric Durst, che partecipò, nel luglio del 2004, insieme ad altri collaboratori dell’avvocato Taormina, a un sopralluogo nella villetta: sua fu un’impronta digitale lasciata su uno stipite che in un primo tempo la difesa aveva presentato come uno degli indizi che potevano scagionare la Franzoni. Durst ha detto di essersi appoggiato al muro inavvertitamente. Per lui la condanna è a otto mesi con la condizionale. Il nuovo legale della Franzoni, l’avvocato Paola Savio, si è detta «curiosa di vedere quale è stato il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla condanna» di Annamaria, la quale secondo un’interpretazione della consulenza disposta durante il processo, è così profondamente convinta della propria innocenza da non ricordare nulla dell’episodio.
Redazione online