«Uccidere il colonnello? NOn è previsto dalla risoluzione Onu. Ma sarà incriminato» Il ministro degli Esteri, Frattini, a Corriere Tv: «La pressione internazionale sta disgregando il regime»
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Franco Frattini, ministro degli Esteri (Ansa) |
TRIPOLI – Il colonnello Gheddafi è in fuga da Tripoli, ma non dalla Libia. È questa l’ipotesi sulla sorte del rais secondo il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini: «Propendo per una fuga da Tripoli, ma non dal Paese», ha detto in un’intervista video condotta da Maurizio Caprara su Corriere.tv. Per Frattini «un dato è certo: la pressione internazionale ha verosimilmente provocato la decisione da parte di Gheddafi di mettersi al riparo in un luogo più sicuro». Quanto alla possibilità che il colonnello si nasconda in un’area desertica nella Libia centromeridionale, Frattini ha detto : «Noi non lo sappiamo, ma c’è sicuramente un effetto che tutto questo (la pressione internazionale, ndr) sta provocando: la disgregazione all’interno del regime, che è quello che noi auspicavamo».
«UCCIDERLO NON SI PUO’» – Il capo della Farnesina è poi tornato a precisare che uccidere Gheddafi «non è possibile» perché «non lo prevede il mandato della risoluzione 1973 delle Nazioni Unite». La risoluzione, ha spiegato Frattini, «non mira a singole persone e non credo che si sarebbe raggiunto l’accordo in seno al Consiglio di sicurezza se avesse previsto l’uccisione» del leader libico.
L’USO DEI MIGRANTI – Frattini ha poi puntato il dito contro la politica sino ad ora adottata da Tripoli di inviare barconi carichi di migranti verso l’Europa, una pratica definita «uno strumento criminale che viene usato dal regime di Gheddafi» per esercitare pressioni. Frattini chiede quindi che questi «crimini vengano considerati nel dossier» che la Corte penale internazionale sta preparando sul rais libico.
LO STOP AI COMBATTIMENTI – Quanto alla possibile fine dei combattimenti, ha detto il ministro, «io credo che non manchi molto: la rassicurazione che tutti noi vogliamo è che si possa arrivare in tempi ragionevoli a un governo provvisorio di unità nazionale». «Il momento chiave – ha puntualizzato – è l’incriminazione, fra poche settimane e presumibilmente entro maggio, di Gheddafi davanti al Tribunale penale internazionale. I margini di manovra per un esilio in questo caso vengono meno perchè quando c’è un ordine di arresto anche gli Stati vicini dovrebbero perseguirlo» Di certo , però, il cessate «il fuoco non può essere finalizzato a dividere la Libia in due», e se fosse fatto oggi, sarebbe uno strumento con cui il regime potrebbe «rafforzare il suo pezzo di territorio». Frattini ha detto di condividere l’appello del ministro degli Interni Roberto Maroni sulla necessità di perseguire una soluzione politica, dicendo però che «quello che non solo l’Italia dice, ma tutti i paesi coinvolti», è che il cessate il fuoco non può «dividere la Libia in due».
I PAESI AFRICANI – Sull’imminente visita del ministro degli Esteri del Ciad e dell’Egitto a Roma, nel quadro di un vertice alla Farnesina sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il ministro ha risposto ricordando la recente visita a N’djamena dell’inviato speciale Margherita Boniver. E ha poi aggiunto: «Con il ministro egiziano avrò un bilaterale importante: sarà il suo primo viaggio all’estero. L’Egitto ha un enorme confine con la Libia e anche per questa ragione è rimasto molto cauto sulla crisi libica».
Redazione Online