Genova Con il prete sono indagati altri sette per pedofilia. I Nas e le molestie: ascoltato un 13enne Il racconto Uno degli adolescenti: «Sono andato da lui perché mi fidavo, era un sacerdote»
GENOVA – «Sono andato da lui perché mi fidavo, era un prete». A dirlo è uno dei tanti ragazzini finiti nell’indagine dei Nas perché ritenuti vittime di don Riccardo Seppia, il parroco genovese ora in carcere con l’accusa di pedofilia. Minorenni che continuano ad essere ascoltati in località segrete dai carabinieri, aiutati da un’équipe di psicologi. Cinque esperti che si muovono a seconda del soggetto e degli abusi che ha subito. Di certo, i ragazzi sono tutti minorenni, figli di brave famiglie vicine alla chiesa. Il più piccolo ascoltato dagli investigatori ha solo 13 anni. Giovanissimi facilmente plagiabili e, come dicono gli inquirenti, «non escort o ragazzi di strada».
Don Riccardo Seppia |
L’indagine si sta gonfiando a dismisura man mano che vengono ascoltate le vittime. Un’inchiesta che prende il via un anno fa a Milano, quasi per caso. Con i militari dell’Arma, specializzati a tutelare la salute dei cittadini, che si muovono nel mondo degli anabolizzanti e delle droghe. Controllando palestre e discoteche «dove gira di tutto», incappano in uno spacciatore. Lo individuano, lo seguono, gli mettono il telefono sotto controllo. E scoprono un giro di pedofili, otto maggiorenni, ora tutti indagati, tra cui don Riccardo Seppia. Don Riccardo chiede allo spacciatore cocaina e «bambini», l’uomo gli risponde che, per i ragazzini, «è una cosa difficile» e non dà seguito alla richiesta. Il prete insiste, chiedendo di conoscere adolescenti con problemi di droga.
Dai ragazzi arrivano parziali ammissioni che confermerebbero le accuse contro don Riccardo. Il chierichetto 16enne che il sacerdote – in un sms inviato all’amico ex seminarista – diceva di aver baciato sulla bocca, avrebbe smentito l’episodio, ma avrebbe comunque raccontato di approcci sessuali da parte del religioso. Altri tre giovani adescati da uno spacciatore avrebbero inoltre raccontato agli investigatori di essere stati molestati da don Riccardo e di avere consumato cocaina con lui in canonica.
Dalle indagini emergono anche intercettazioni telefoniche di don Riccardo mentre tenta di avvicinare gli ospiti di un centro di accoglienza, a Genova. Alcuni sono minorenni, altri hanno appena compiuto diciotto anni: manda loro dei messaggini, cerca di fissare appuntamenti, è accattivante, non usa un linguaggio equivoco forse per non spaventare le sue possibili vittime. Sono ragazzi con situazioni di disagio alle spalle, quelli che dice di preferire quando parla al suo amico che svolge il ruolo di «reclutatore». Li chiede, anche, «poco svegli», che si pieghino più facilmente alle sue pressioni.
La ricerca di ragazzini da parte del parroco, dicono gli inquirenti, è ossessiva, in certe serate raggiunge il parossismo, manda decine di sms, probabilmente l’uomo si trovava in uno stato di sovraeccitazione dovuto alla droga. E, in queste condizioni, perde ogni freno, usa un linguaggio blasfemo, bestemmia, dice cose innominabili sull’Eucarestia, tanto che – in chi legge queste frasi irripetibili e le invocazioni a Satana – sorge il sospetto che su questa tristissima vicenda possa anche aggiungersi l’ombra del satanismo. Certamente don Riccardo non parla dell’Ostia e dell’altare come ne dovrebbe parlare un sacerdote.
Erika Dellacasa, Michele Focarete