Confermato il rating a+ sul debito a lungo termine. L’agenzia di rating ha tagliato l’outlook da stabile a negativo
MILANO – Previsione fosche sullo stato di salute dell’economia italiana. L’agenzia Standard & Poor’s ha tagliato l’outlook dell’Italia da stabile a negativo, confermando il rating A+ al debito a lungo termine. È quanto si legge in una nota, in cui si sottolinea che «le attuali prospettive di crescita sono deboli e l’impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto». Una nota che però non trova d’accordo il ministero dell’Economia, che in un comunicato ufficiale replica: «L’Italia rispetterà gli impegni presi e non c’è nessun rischio di paralisi politica».
RISCHI – Secondo S&P’s invece, «il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico. Come risultato, crediamo che le prospettive dell’Italia per ridurre il debito pubblico siano diminuite». L’outlook negativo sull’Italia riflette «la previsione di S&P’s dei rischi collegati al piano di riduzione del debito nel periodo 2011-2014 e implica una possibilità su tre che i rating possano essere ridotti nei prossimi 24 mesi». Secondo l’agenzia, «i rischi sono connessi alla crescita dell’economia più debole delle nostre attuali stime, che prevedono un +1,3% nel periodo 2011-2014». Per questo motivo, «il debito dell’Italia potrebbe ristagnare agli attuali alti livelli». D’altro canto, avverte comunque l’agenzia, «se il governo riesce ad ottenere sostegno politico per l’attuazione di riforme strutturali a favore della competitività, ponendo le basi per una crescita economia più elevata ed una più veloce riduzione del debito, i rating potrebbero rimanere al livello attuale».
MISURE STRUTTURALI INSUFFICIENTI – Secondo S&P’S inoltre «la limitata capacità dell’economia italiana di beneficiare del rafforzamento della domanda esterna riflette la bassa crescita della produttività, la limitata mobilità nel mercato del lavoro, e una costante erosione di competitività internazionale negli ultimi dieci anni». «Anche se questi fattori influenzano l’economia italiana da oltre un decennio – sottolinea l’agenzia – il loro impatto sulla crescita e, di conseguenza, la dinamica del debito, è maggiore ora a causa dell’intensificarsi della concorrenza nei settori chiave per l’esportazione, dell’ulteriore apprezzamento del tasso di cambio reale deflazionato dalle dinamiche salariali e del rischio di un aumento dei costi della raccolta nei settori pubblico e privato». Standard & Poor’s ritiene che «le misure strutturali attuate nel 2010 e quelle contenute nel Piano Nazionale di Riforma recentemente aggiornato non siano sufficienti a stimolare la crescita economica nel medio termine». Inoltre, S&P’s ritiene che «la crescente fragilità dell’attuale coalizione di governo renda più impegnativa la tempestiva attuazione delle riforme strutturali più significative che favoriscono la crescita». «Se la debole crescita economica dovesse persistere – secondo S&P’s – il risultato di bilancio probabilmente non raggiungerà in modo significativo gli obiettivi del governo e quindi farà deragliare il piano di riduzione del debito contenuto nel Programma di Crescita e Stabilità». «Nel lungo termine, S&P’s ritiene poi che «le prospettive di crescita potrebbero ulteriormente diminuire a causa dello sfavorevole profilo demografico in Italia. Il costo legato agli interessi sul debito pubblico italiano è pari a oltre il 10% delle entrate pubbliche nel 2011, superiore del 7,5%, al livello mediano della categoria di rating A e previsto in ulteriore aumento. Gli interessi passivi – prosegue la nota – riflettono l’impatto dell’elevato indebitamento pubblico sulle finanze italiane. Dall’altro lato, i solidi bilanci delle famiglie e delle aziende hanno consentito al governo di finanziarsi a tassi storicamente bassi e S&P’s si attende che questi tassi bassi potrebbe facilitare un consolidamento fiscale più graduale rispetto ad altri paesi dell’Europa meridionale. La posizione netta sull’estero delle aziende italiane (compresi gli investimenti diretti esteri e il patrimonio netto) è pari al 42% del Pil, equivalente al doppio della posizione debitoria netta sull’estero del settore finanziario – afferma ancora l’agenzia – Tuttavia, la posizione debitoria netta sull’estero del settore pubblico è pari a 782 miliardi di euro (50% del Pil)».
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