«Evviva, al Portogruaro è arrivato uno dei nostri». Chiamate con cellulari cinesi per non farsi sentire. Il pm di Cremona: almeno tre partite irregolari. Primi interrogatori, altro filone a Napoli
CREMONA – Si scommetteva su tutti i fronti e in tutti i modi. Sempre, però, con il vantaggio delle partite truccate grazie alla complicità di calciatori e dirigenti corrotti. Dalle carte dell’inchiesta allegate all’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di 16 persone, firmata dal gip di Cremona Guido Salvini su richiesta del procuratore della Repubblica Roberto Di Martino, emerge come la banda ha tentato di influenzare non solo i 16 incontri di A, B e Lega pro di cui fino ad ora si sapeva. A volte riuscendoci e altre no. Come per Inter-Lecce del 20 marzo scorso nella massima serie che, invece di finire con la goleada dei milanesi, si arenò sull’1-0, risultato che mandò sotto di 150mila euro i capi della banda e il gruppo di investitori «bolognesi» guidati dall’ex bomber Beppe Signori (ai domiciliari) che, da solo, ci avrebbe rimesso 60mila euro. L’organizzazione criminale progettò di combinare, e ci provò anche, altri incontri nei sei mesi in cui è finita sotto la lente di ingrandimento degli investigatori. Nella informativa depositata dagli agenti della Squadra mobile di Cremona, che hanno svolto le indagini, si legge di queste altre partite, anche se va subito premesso che esse non sono finite nell’ordinanza di custodia cautelare perché non ci sono elementi sufficienti per inquadrarle in un ambiente criminoso e trasformale in capi di imputazione. Ma non per questo esse non rappresentano un’ulteriore dimostrazione di quale fosse l’attività dell’associazione.
L’«amico»
Il Portogruaro è una formazione veneta appena retrocessa dalla serie B alla Lega pro. L’arrivo nel Portogruaro di un calciatore dal cognome ignoto, ma accostato nelle telefonate al giro di scommesse fa esultare Gianfranco Parlato, il collaboratore tecnico del Viareggio finito in cella, e Massimo Erodiani, anche lui arrestato come uno dei componenti dell’organizzazione, convinti di avere sicure giocate vincenti nelle settimane successive. Anche in questo caso bisogna precisare che fino ad ora gli inquirenti non hanno ritenuto di individuare elementi a carico in questa vicenda.
Parlato: «Il discorso nostro di ieri e c’era il discorso che il mio uomo che è andato lì a Porto (Portogruaro) il numero uno».
Erodiani: «Ah quello mi stavi dicendo?».
Parlato: «Eh è andato lì è andato settimana prossima c’hanno dentro il Livo (Livorno)».
Erodiani: «Sì sì sì».
Parlato: «E tra tre settimane hanno dentro il Toro (Torino)».
Ma chi è il giocatore? È il 26 gennaio scorso. Dice Parlato: «Il mio uomo, il mio uomo… Uomo, uomo fraterno oggi ha firmato con…»
Erodiani: «L’ho letto!… Portogruaro!…».
Paoloni gioca su se stesso
Il portiere della Cremonese, prima, e del Benevento, poi, Marco Paoloni (arrestato), uno dei cardini sui quali ruotava l’attività della banda, era giocatore incallito. Indebitato per circa 150mila euro, inseguito dalle banche e dai creditori e dai capi della organizzazione, sembra essere vittima di una vera e propria dipendenza patologica da gioco. Inserisce la sua Cremonese in una «giocata» di otto squadre, nella speranza di una possibile vincita di 10 mila euro quando lui e i compagni vanno in trasferta a Ferrara, per sfidare la Spal. È lo scorso 15 gennaio. Paoloni telefona a Massimo Erodiani. Nella conversazione vengono decise e confermate le squadre sulle quali investire soldi. Qualche ora dopo, Paoloni invia due sms a Erodiani cui fanno capo alcune ricevitorie in Abruzzo. Nel primo inserisce un numero «imputabile», scrive il gip, «a una carta Postepay». Nel secondo sms conferma la volontà di puntare proprio sulla Spal.
Paoloni: «Ma quante squadre sono che non mi ricordo?».
Erodiani: «Otto squadre… Ecco perché ti ho scritto… io ho fatto correzione di due errori…».
Paoloni: «Eh, pure a me fammelo…».
Il telefonino «cinese»
Le telefonate aumentano. E, si accorge chi parla, serve maggiore cautela. Si ripetono gli inviti «chiamami sull’altro numero». Vengono adottate altre contromosse. Si cambiano frequentemente i telefonini usati per le conversazioni, come se ci si sentisse sotto controllo. Anche andando a comperarli nella Chinatown di Milano, dov’è notoria la presenza di negozi che vendono cellulari ritenuti (con una evidente illusione) a prova di intercettazioni, oppure non registrati o anche riconducibili a stranieri immigrati. Uno dei cellulari di Paoloni risulta intestato a tale Yang Guangzi, un cinese residente in via Paolo Sarpi.
I soldi, la croce del portiere
Ma il problema principale del portiere Paoloni non è rappresentato dai telefonini. Rimane legato al denaro. La moglie Michela se ne accorge.
Paoloni: «Amore… amore… ma guarda che io forse ho speso 50 euro non di più te lo giuro su nostra figlia!… Comunque poi quando vieni a casa ne parliamo bene».
Michela non crede al marito. I toni si alzano. C’è rabbia. «Vaf… a te e a tutte le ca… che spari, alla vita che mi stai facendo fare, a tutto…». E ancora: «Sei così bugiardo da aver pure giurato sulla bambina». E poi: «Sono così triste che non so neanche se tornare più a casa, non vedo vie d’uscita».
Michela: «Hai preso pure il bancomat? Hai utilizzato il bancomat?».
Paoloni: «Nooo…».
Michela: «Eh a me sembra di sì… perché l’avevo messo in un posto ben preciso e sono andata a vedere e sta dietro rispetto a tutto… dove l’avevo messo io… quindi… penso proprio che hai utilizzato proprio il bancomat…».
Paoloni: «Vieni a casa dai…».
La telefonata s’interrompe.
Ivan il «terribile»
Scommesse e puntate. Debiti e famiglie rovinate. Ma anche minacce. Uno del gruppo dei milanesi, Ivan il suo nome di battesimo, in una telefonata con Paoloni ha un tono di voce «deciso e particolarmente intimidatorio». Ivan dice di avere la necessità di «parlare di persona con lui e senza intermediari». Per quale motivo? Per trattare la «sistemazione della cosa». Un’affermazione secondo gli inquirenti «imputabile alla partecipazione a scommesse clandestine».
Ivan: «Ciao… ascolta una cosa… si sono io… ci eravamo visti prima… mi avevi chiamato con quel numero là… ascolta una roba… ma siccome che adesso ho riflettuto molto sulla cosa quindi… gradirei… gradirei poterti vedere solo un attimo… vengo solo io… vederti un attimo… è possibile domani magari incontrarci… mi vieni un po’ incontro qualcosa che non c’ho voglia di rifarmi tutto il coso… che vediamo un attimo com’è… vediamo un attimo cosa si può fare? C’hai un minuto?… C’hai un attimo, non so mattina pomeriggio… o quando cazzo vuoi?…».
Paoloni: «Devo vedere un attimino… sì… però…».
Ivan: «Eh lo so me lo dici te… me lo dici te dove?… Vieni da Milano… Insomma non mi far fare 100 chilometri, 80 chilometri… Non so a Crema… più vicino possibile… Una via di mezzo… ci manca anche che mi metto a fare su e giù…».
Paoloni: «Va beh allora facciamo così ci aggiorniamo a domani… io domani ti chiamo…».
Ivan: «Tu domani quand’è che sei libero… che non fai allenamento o roba del genere?…».
Paoloni: «Ehhh non lo so perché domani mattina faccio allenamento…».
Ivan: «Però non stare a parlare con Gianfranco, tutto… vengo io un attimo e voglio soltanto discutere una cosa perché siccome poi adesso naturalmente mi scoppia il cervello e ho pensato mille cose… a questo punto qui nelle 1000 cose una cosa è sicura… che la cosa va sistemata! Quindi a questo punto qua ci sono cento maniere… vediamo di trovare la migliore però».
Il primo a rompere il silenzio è Marco Pirani, il dentista di Sirolo portato in carcere dalla passione per le scommesse calcistiche.
Resta davanti ai magistrati quattro ore e a quel punto anche Massimo Erodiani, considerato dai magistrati uno degli ispiratori del traffico di partite truccate, decide di confessare. Alla fine della giornata il bilancio è il seguente: una serie di nuovi match (tre di serie A con cinque squadre coinvolte) entra nel campo dell’inchiesta e una decina di nuovi nomi di giocatori (di serie A e B) affiora nel corso dei colloqui, ma soprattutto il patto del silenzio che teneva insieme il sodalizio si è rotto. «Il quadro accusatorio esce sostanzialmente confermato da questa tornata di interrogatori», dice il gip Guido Salvini. Né lui né altri se la sentono però di svelare i nomi dei club e dei calciatori tirati in ballo. «Anche perché – precisa il capo della Procura Roberto Di Martino – dobbiamo vagliare se le dichiarazioni sono vere; chi ha parlato infatti non aveva conoscenza diretta dei fatti».
Secondo una indiscrezione emersa in serata uno degli incontri di cui si è parlato ieri è Catania-Chievo del 16 gennaio scorso, finito 1 a 1. «Pirani ha confermato la passione delle scommesse ma ha negato di aver avvicinato giocatori per accomodare i risultati», è il primo commento del suo difensore, avvocato Alessandro Scaloni. Pirani è anche il medico che ha compilato la ricetta per l’acquisto del Minias, il farmaco che il portiere della Cremonese Marco Paoloni avrebbe poi versato nel tè dei suoi compagni di squadra per far loro perdere l’incontro con la Paganese. «Sì, ho fatto io quella ricetta – ha detto Pirani al giudice – ma mi era stata chiesta da Paoloni per sua moglie: ero in buona fede e ho usato persino la mia carta intestata». La ricetta del sonnifero, tuttavia, sembra essere l’ultimo dei grattacapi del dentista. «L’imputato ha parlato ben al di fuori dei capi di imputazione che gli vengono contestati», conferma ancora il pm Di Martino.
Dunque è stato Pirani a citare i nuovi incontri truccati con la complicità dei giocatori. E infatti «la posizione di Beppe Signori e Cristiano Doni si è aggravata e ulteriormente circostanziata», aggiunge il titolare dell’inchiesta. Di sicuro si è parlato di incontri sui quali fino a ieri la Procura non aveva il minimo sospetto e che non erano stati captati dalle intercettazioni compiute per sette mesi dalla Squadra Mobile. Dopo Pirani è il turno di Massimo Erodiani, titolare di alcune agenzie di scommesse in Abruzzo che avrebbe fatto da tramite tra gli scommettitori e i calciatori; i suoi legali Giancarlo De Marco e Paolo D’Incecco preferirebbero che il loro assistito scegliesse il silenzio. E invece anche lui parla. Per dire cosa? Che un cliente della sua agenzia aveva un «buco» di 110 mila euro. Non potendo rientrare dal debito ripagò Erodiani con delle dritte su alcune partite di calcio di cui avrebbe conosciuto in anticipo i risultati. E così anche il bookmaker abruzzese sarebbe entrato nel giro.
Il quadro accusatorio mutato convince Antonio Bellavista, ex giocatore del Bari interrogato ieri, a fare scena muta davanti ai giudici. «Sono sopravvenuti nuovi elementi di accusa in seguito alle dichiarazioni di Erodiani e Pirani – dice il suo difensore Massimo Chiusolo – e dunque quando conosceremo questi nuovi fatti decideremo cosa fare». Molto attesa era la deposizione di Marco Paoloni, ma l’ex portiere ha fatto solo una rapida comparsa a palazzo di giustizia: giusto il tempo di comunicare la sua intenzione di non parlare e giusto il tempo di salutare in lacrime la moglie venuta ad incontrarlo fugacemente. A Cremona, intanto, bussano anche i magistrati di Napoli che da un paio d’anni conducono un’inchiesta su un giro di scommesse clandestine controllato dal clan D’Alessandro di Castellammare: hanno chiesto ai colleghi lombardi l’invio di una serie di atti.
Claudio Del Frate
Andrea Galli
Giuseppe Guastella