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Il monologo-provocazione di Santoro: «Pronto a tornare per un euro a puntata». Fare il produttore per non sloggiare

«Il tempo di resistenza è finito». «Non voglio stare qui perché lo decidono i giudici». Messaggio al presidente Garimberti: «Non ho firmato con altri, già da domani se volete se ne può parlare». Da anchorman a produttore: la società Zerostudio’s, fondata con la moglie, il grimaldello per continuare a collaborare con la tv di Stato. Non scontato quindi il suo passaggio a La7, almeno non come dipedente. Michele sogna, e ripete da anni, di diventare un “battitore libero”

ROMA – «Se il Cda della Rai lo volesse, la prossima stagione io potrei continuare a fare questa trasmissione per un solo euro a puntata». Michele Santoro lancia la sua provocazione in un messaggio al presidente della Tv di Stato, Paolo Garimberti, aprendo l’ultima puntata di Annozero. L’ultima di quest’anno e forse anche del prossimo, perché il giornalista ha deciso di lasciare viale Mazzini. Ma, ha spiegato, «non ho ancora firmato con alcun editore». E visto che l’accordo di risoluzione del contratto prevede che lo stesso Santoro possa ancora continuare a collaborare con l’emittente pubblica, «se volete se ne può parlare già da domani».

L’ORGOGLIO RAI – Il monologo iniziale di Santoro è stato interamente incentrato sull’orgoglio dell’appartenenza alla Rai. L’orgoglio degli operatori di ieri e di oggi, degli autisti, degli impiegati. E di personaggi come Adriano Celentano, che pure da anni non riesce a condurre un programma sulla tv di Stato. Di qui la domanda: «Ma il Cda della Rai si sente della Rai?».

«IL SOGNO DI MIO PADRE» – Santoro ha ricordato di essere «figlio di un macchinista delle ferrovie che con il suo stipendio ha mandato 5 figli all’università». E l’ha fatto per precisare che «la dignità del lavoro viene prima di tutto perché è la condizione della libertà. Quando si attaccano quelli come me che sono arrivati dove sono arrivati essendo figli di un impiegato delle ferrovie non si fa altro che togliere il sogno a quelli come mio padre».

LE VICENDE LEGALI – Il giornalista ha poi ripercorso la vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto, l’allontanamento dopo il cosiddetto «editto bulgaro» e il reintegro da parte dei giudici, con i conseguenti ricorsi della Rai. «Mentre Annozero incassava milioni di euro di pubblicità – ha spiegato Santoro -, la Rai usava una parte di questi soldi per trascinarmi in tribunale».

«LA RESISTENZA E’ FINITA» - Infine ha citato il procuratore Borrelli, evidenziando che «non si può continuare a resistere resistere resistere». Non lo si può fare, ha detto, «quando il tempo della resistenza finito. Ed è finito a Milano e Napoli perché la gente ha deciso di partecipare in prima persona. E’ questo l’anno zero…». E ancora: «Io non voglio più essere in onda perché lo decidono i giudici. Se la mia andata via dalla Rai serve per evitare il bombardamento di tutto quello che fa grande il servizio pubblico – e Santoro cita tra gli altri i programmi di Dandini, Iacona, Gabanelli – , io preferisco andare via».

Al. S.

“I partiti devono rimanere fuori dalla Rai, fuori la politica, avete rotto…”. Durissimo scontro verbale tra Michele Santoro e l’ex ministro Roberto Castelli nel corso dell’ultima puntata di ‘Annozero’. Uno scontro che ha preso il via mentre in collegamento telefonico interveniva Adriano Celentano per parlare del referendum sull’acqua. A infiammare il conduttore l’affermazione di Castelli, secondo cui sono i proventi del canone Rai a finanziare la trasmissione ‘Annozero’. “La dovete finire di dire queste cose, la nostra trasmissione non è pagata con il canone, siamo noi che portiamo soldi, 15 milioni di euro di pubblicità”, ha detto Santoro, mentre si scatenava l’applauso in studio.

Santoro ha continuato ricordando a Castelli: “Siamo noi che paghiamo le vostre. Chi ha pagato la trasmissione di Sgarbi? Chi paga Minzolini, chi paga Rai1 o Rai2?. Siamo stufi, lo capite?”. Dalla platea applausi insistiti, cori e piedi battuti ritmicamente sulle pedane. E quando Castelli ha detto che non era il caso di applaudire, Santoro ha detto “gli state levando la loro trasmissione, quanto meno lasciateli applaudire…”.

E’ andato avanti per alcuni minuti questo scontro che ha anche coinvolto Marco Travaglio e, in parte, il ministro Brunetta e Antonio Di Pietro, ospiti in studio, mentre Pier Luigi Bersani è rimasto in silenzio. Alla fine Santoro ha ripreso le redini della trasmissione, avendo cura però di dire: “chiedo scusa a tutti” per lo scontro verbale con Castelli, aggiungendo “ma quando è troppo è troppo”.

Santoro ora riapre la partita con la Rai, sfidandola a riportare in onda Annozero, nonostante si sia licenziato, anche al costo di un so­lo euro. Il «martire» non se ne pote­va andare così, semplicemente, era chiaro.

Però, qualunque cosa ora succe­da, il giornalista ha sempre in ser­bo il suo piano B. La valvola di sfo­go. Si chiama «Zerostudio’s». E già il nome dice tutto. È la società che Michele insieme alla moglie ha aperto lo scorso anno, proprio nel periodo delle prime furibonde trat­tative con l’allora dg Mauro Masi per uscire dalla Rai, e che poi si so­no arenate. «Zerostudio’s»potreb­be essere il mezzo per continuare a lavorare con la Tv di Stato, da ester­no: il nome ovviamente riprende Annozero e si abbina a «studio», cioè al desiderio del giornalista di diventare un produttore di trasmis­sioni televisive o anche, come si legge nell’oggetto della società, di opere multimediali e addirittura musicali. Insomma, vi ricordate le famose docufiction, quelle che il giornalista avrebbe dovuto produr­re se fosse riuscito a concludere l’accordo del maggio scorso con Masi? La Rai avrebbe sborsato cir­ca sette milioni di euro per la realiz­zazione di una serie di reportage per la prima e la seconda serata. Poi non se ne fece nulla e ora Santo­ro è uscito dall’azienda con un in­centivo all’esodo di 2,3 milioni di euro. Diretto verso La7… Almeno così si continuava a ripetere. Ma, visto quanto ha detto ieri sera nel­l’anteprima di Annozero, la tv del­la Telecom non è il suo primo obiet­tivo o perlomeno non è l’unico.

L’idea che frulla nella mente del­l’anchorman – lo ha detto più volte lui stesso in passato- è quella di es­sere libero, non legato con l’esclu­siva a nessuna azienda, di produr­re in proprio. Quindi anche per la Rai, rifacendo pure Annozero . Ma a viale Mazzini nei giorni scorsi as­sicuravano che le regole aziendali stabiliscono che il dipendente che si licenzia con l’esodo incentivato non può collaborare da esterno. Dunque? Qualcuno dovrà dare del­le spiegazioni. Il comunicato uffi­ciale del giorno dell’addio recitava che «le parti hanno convenuto di risolvere il rapporto di lavoro riser­vandosi di valutare in futuro altre e diverse forme di collaborazione». La chiave sta nella parola «futuro»: quanto tempo dura questo futuro? Già da settembre, come vuole Mi­chele o qualche anno, come proba­bilmente intendeva la dirigenza della Rai?

Comunque la società (a respon­sabilità limitata) è registrata, an­che se per ora inattiva: Michele l’ha costituito a maggio dell’anno scorso insieme alla seconda mo­glie Sanja Podgayski, che di lavoro fa la psicologa, ma ha accettato di diventarne amministratore dele­gato unico. La società ha sede in corso Francia 221 a Roma: capitale sociale di 60mila euro, di cui 42mi­la in quota a Santoro e 18mila alla consorte. Insomma, può anche darsi che il giornalista decida di da­re dei contenuti a questa azienda nominale e dunque, sotto qualche forma, tornare a lavorare con la Rai. Se poi l’azienda di Stato non raccoglierà di nuovo la sua sfida e non rimetterà in onda Annozero (e qui la manfrina andrà avanti per settimane), allora potrà decidere di lavorare, sempre da esterno, senza esclusiva, con La7 o con qualsiasi altra azienda.

Tra l’altro Santoro ha grandi mi­re: infatti nell’oggetto della società non c’è soltanto la «realizzazione, distribuzione importazione ed esportazione» di prodotti radiote­levisivi, ma anche «cinematografi­ci »e anche nell’ambito di«applica­zioni internet, opere multimedia­­li, audiovisivi, cd». E la società ha interesse anche in «attività edito­riale in genere, finalizzata alla rea­lizzazione di ogni tipo di pubblica­zione, sia a carattere unico sia a ca­­rattere periodico». Insomma non si preclude nulla, come normale quando si costituisce una società. Che vuole navigare in molte ac­que.

Laura Rio

Il monologo-provocazione di Santoro: «Pronto a tornare per un euro a puntata». Fare il produttore per non sloggiareultima modifica: 2011-06-10T10:49:11+02:00da
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