Il processo Ruby aggiornato al 18 luglio. Nella notte del rilascio della marocchina. Indagine non mirata contro Berlusconi
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Ilda Boccassini (Ansa) |
MILANO – Nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la minorenne Karima el Mahrough, più conosciuta come Ruby Rubacuori, venne rilasciata in seguito alle telefonate di Silvio Berlusconi, alla questura di Milano si verificò «come un attacco militare», perché in successione negli uffici di via Fatebenefratelli si presentarono prima la consigliera regionale Nicole Minetti e poi la brasiliana Michelle Conceicao. «Abbiamo avuto un accerchiamento militare e si è diretto tutto in questura», ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, replicando alle eccezioni presentate dalla difesa del premier. Il processo è stato poi aggiornato al 18 luglio, quando i giudici scioglieranno la riserva sulle eccezioni preliminari.
NON INDAGINE MIRATA – Boccassini ha ricordato che non si è trattato di «un’indagine mirata contro Silvio Berlusconi. L’inchiesta iniziò con accertamenti sui rapporti tra Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio fede in relazione al reato di induzione alla prostituzione anche minorile». «Non troverete alcun atto in cui si dice che un elemento di prova è uno dei 64 contatti» di Ruby «con il presidente del consiglio», ha aggiunto il magistrato, rispondendo ai legali del premier che hanno contestato l’uso di telefonate del premier nelle indagini, in violazione della legge sulle intercettazioni di parlamentari.
I LEGALI SAPEVANO – Boccassini inoltre aggiunge che non c’è stata alcuna violazione del diritto di difesa di Berlusconi, in quanto già in ottobre, prima ancora che il premier fosse iscritto nel registro degli indagati (21 dicembre), i suoi legali hanno raccolto una serie di testimonianze di coloro che avrebbero partecipato alle serate ad Arcore. «È come se avessero avuto la palla magica, le domande che facevano erano proprio quelle su cui l’accusa ha fondato il capo di imputazione. Come si fa a dire che sono stati violati i diritti della difesa quando ai legali sono stati messi a disposizione tutti gli atti dell’indagine?».
PROCESSO RESTI A MILANO – Infine Boccassini afferma che sostenere che la competenza territoriale del reato di concussione contestato a Berlusconi è della procura di Monza «fa a cazzotti con la ricostruzione dei fatti e con le condotte». La difesa del premier ha sostenuto che la competenza territoriale è di Monza in quanto Berlusconi chiamo il funzionario della questura di Milano, Pietro Ostuni, nella sua casa di Sesto San Giovanni, nel distretto di competenza di Monza. Ma per Boccassini i fatti riguardano Milano, perché «tutto inizia a Milano e si conclude a Milano».
TRIBUNALE DEI MINISTRI – Per ultimo il procuratore aggiunto esamina la richiesta del trasferimento degli atti al Tribunale dei ministri. Boccassini spiega che il reato di concussione sarebbe stato effettuato nella qualità di presidente del Consiglio e non con l’abuso della funzione di premier. Boccassini si è riferita alla decisione del gip, Cristina Di Censo, che aveva sottolineato come Berlusconi avesse abusato della sua qualità di presidente del Consiglio, ma al di fuori delle prerogative istituzionali e funzionali prorpie del premier. In sostanza, il reato non può qualificarsi come «ministeriale» perché il presidente del Consiglio non aveva competenza sull’identificazione e sull’affidamento dei minori.
Redazione online