La verifica al senato. Il premier:«Opposizione divisa. L’alleanza Pdl-Lega l’unica in grado di governare, avanti fino al 2013»
ROMA – Il governo non fa passi indietro. «Considero la richiesta di dimissioni rivolta dalle opposizioni un mero esercizio di propaganda» dice Silvio Berlusconi al Senato, dando il via al dibattito sulla verifica chiesta dal capo dello Stato. E chiarendo che il risultato delle amministrative e del referendum non ha messo e non metterà a repentaglio la buona tenuta dell’esecutivo. La «ferma intenzione» del premier è quella, dunque, di completare il programma di governo per il 2013. Perché mentre «l’ooposizione è divisa», l’alleanza Pdl-Lega è «l’unica in grado di governare il Paese». E poi una crisi al buio, secondo il Cavaliere, sarebbe una «sciagura», una «follia», in un momento in cui «le agenzie di rating – spiega – ci tengono sotto osservazione e le locuste della speculazione aspettano solo l’occasione per prendere quelle prede che mostrano segni di debolezza». «Non voglio fare il leader a vita per restare a vita a Palazzo Chigi», è uno dei passaggi salienti del discorso del premier. Parole accolte da mugugni e sorrisini dai banchi di Pd e Idv, che rumoreggia anche quando Berlusconi parla del piano per il Sud e dice di aver dato risposte «adeguate» ben oltre le emergenze.
I MODERATI – Il governo porterà avanti il suo programma: il premier lo ribadisce citando il federalismo fiscale, la riforma tributaria, la riforma della giustizia, i provvedimenti sulla sicurezza e l’immigrazione. Poi sottolinea che non lascerà nulla di intentato per un esecutivo più forte», rivelando di aver invitato i moderati dell’opposizione a far parte della maggioranza. «Tra i centristi – spiega – è prevalso però il tentativo di continuare a giocare di rimessa».
LEGA E FISCO – Nel suo intervento a Palazzo Madama (conclusosi tra gli applausi dei senatori del Pdl, tutti in piedi, e della Lega, rimasti seduti), il presidente del Consiglio assicura che l’amicizia con Umberto Bossi (assente come Tremonti) è salda. «Hanno provato a dividerci ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai», spiega in Aula. Berlusconi promette l’attuazione della «revisione del patto di stabilità interno» per «premiare i comuni virtuosi» e «punire» quelli che non lo sono. Quanto alla riforma del fisco, l’esecutivo la presenterà in Parlamento prima della pausa estiva e farà in modo che questa non lasci buchi di bilancio. «Ridisegneremo l’impianto delle aliquote, vi saranno meno aliquote, solo tre rispetto alle attuali cinque, e più basse» precisa il premier. Specificando, anche a tal proposito, che non ci sono contrasti in seno al governo. «È una rappresentazione grottesca – avverte il capo del governo – quella secondo cui ci sarebbe stata una «spaccatura tra chi vuole aumentare il deficit e chi vuole invece praticare la politica del rigore».
NESSUN VOTO – Al Senato, a parte il dibattito e le dichiarazioni “politiche”, non è prevista alcuna mozione di sfiducia. Né l’opposizione presenterà documenti su cui votare (cosa che potrebbe succedere anche a Montecitorio). La verifica di maggioranza dunque inizia in Senato e si trasferisce mercoledì alla Camera con le sole comunicazioni del premier. Dopo la riunione del gruppo al Senato, il Pd ha scelto infatti di non presentare alcun documento, neppure “tematico”. Stessa linea anche per l’Udc e l’Idv con cui ci sono stati contatti. Si paventava il rischio di ottenere con un voto un effetto «boomerang»: con i numeri della maggioranza al Senato, Berlusconi avrebbe potuto facilmente incassare una fiducia piena.
«NUMERI PIÙ ROBUSTI – Nel Pdl c’è soddisfazione per il via libera di Montecitorio alla fiducia sul decreto sviluppo. I sì sono stati 317, un successo per l’esecutivo visto che per la prima volta dall’uscita di Fli la maggioranza ha superato quota 316. Per Angelino Alfano, Guardasigilli e segretario del Pdl in pectore, la fiducia, passata «con numeri da maggioranza assoluta del plenum», permette al Cavaliere di «andare ancor più robustamente convinto dei numeri della sua maggioranza oggi pomeriggio al Senato e domani alla Camera».
L’ACCORDO – Lunedì sera in un vertice Pdl con la Lega è stato raggiunto un accordo per un ordine del giorno congiunto Carroccio-Popolo della libertà, che è stato depositato, in cui si conferma che ad essere distaccate saranno sedi ministeriali di rappresentanza operative. Quanto a tempistica e durata dell’intervento in Libia, la questione è congelata fino al Consiglio Supremo di Difesa del 6 luglio prossimo quando sarà sottoposta all’attenzione dell’organo presieduto dal presidente Napolitano.
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