RICERCA. L’idea: attivare la melanina agendo sui geni. Se funzionerà basterà spalmarsi di crema e aspettare che il colorito cominci a farsi vedere
Il 40% degli italiani fa a meno della protezione solare |
Le persone che rischiano più facilmente i tumori della pelle sono quelle con carnagione chiara. Ma ciò non significa che tutti gli altri siano esenti dal pericolo: una certa cautela nell’esporsi al sole dell’estate è necessaria per tutti. «E fra queste cautele c’è un saggio uso delle creme solari», sottolinea Natale Cascinelli, già presidente del Gruppo melanomi dell’Organizzazione mondiale della sanità. «Evitano le scottature – spiega -. Se noi usiamo quelle ad alta protezione aboliamo il segnale dall’allarme rappresentato dalle scottature, quindi può accadere che, non scottandosi, si creda di potere restare sotto il sole per parecchie ore appena si arriva al mare, quando non si è ancora abbronzati. Ma in questo modo ci esponiamo al rischio degli effetti nocivi più gravi a lungo termine dei raggi ultravioletti sulla pelle, fra cui quelli che portano alla formazione dei tumori». Una buona notizia arriva però dagli studi americani sull’abbronzatura “genetica”. Come attivare la melanina agendo sui geni. Se funziona, niente più lettini solari o ore sulla sdraio in riva ala mare: basterà spalmarsi di crema e aspettare che la melanina cominci a farsi vedere. Questa ipotesi, forse non così lontana dalla realtà, è frutto degli studi di un gruppo di ricerca guidato da David Fisher del Massachusetts General Hospital. In un lavoro pubblicato dalla rivista Genes and Development il team del ricercatore statunitense, disattivando un particolare gene chiamato PDE-4D3, è riuscito a scurire la pelle degli animali sottoposti al test senza che fossero stati esposti al sole. La produzione di melanina è, in realtà, il rimedio naturale che il nostro organismo ha per difendersi dai danni provocati dalle radiazioni solari. Uno scudo contro la formazione di tumori della pelle. Si tratta di un processo regolato da numerosi geni tra cui PDE-4D3, che tramite un enzima blocca la produzione della melanina. L’idea di Fisher è stata quella di disattivare il gene per rimuovere il blocco. Lo studio sui topi ha dato risultati sorprendenti. Somministrando alcune molecole chimiche in grado di disattivare il gene PDE-4D3, i ricercatori americani sono riusciti ad ottenere dopo soli cinque giorni un sorprendente aumento della pigmentazione della pelle degli animali rispetto a quelli non trattati. Tutto ciò senza mai averli esposti direttamente alla luce solare o sotto lampade abbronzanti. Ora si dovrebbe passare all’uomo. «L’obiettivo primario è la prevenzione del cancro della pelle, dal momento che tutte le forme più comuni di queste neoplasie sono associate all’esposizione ai raggi ultravioletti» dice Fisher. La crema non c’è ancora, ma è stata aperta una strada che offre concrete prospettive. Tra cui quella di ottenere, in futuro, una tintarella perfetta e preventiva. Proteggendo cioè la pelle invece di metterla a rischio.
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