L’APPELLO. Il presidente Usa: non c’è più tempo, intesa entro 36 ore. Dopo Ubs, un’altra grande istituzione finanziaria svizzera finisce nel mirino delle autorità americane per il recupero dei capitali sommersi. La banca: “Pronti a continuare a collaborare”
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WASHINGTON – Barack Obama è pronto a un’intesa con l’opposizione repubblicana sul contenimento del debito se saranno avanzate al Congresso proposte «entro le prossime 24 o 36 ore» perché «il tempo sta scadendo», le principali agenzie di rating sono in pressing e sugli Stati Uniti si allunga l’ombra del default. «Se mi fanno vedere un piano serio per la riduzione del deficit e del debito sono pronto a muovermi, anche se saranno necessarie decisioni difficili» ha detto il presidente democratico in una conferenza stampa, aggiungendo con una punta di ironia che, dopo due anni, nutre ancora delle speranze nella possibilità di stringere un accordo con gli avversari politici: «I still have hope».
BASTA SACRIFICI PER IL CETO MEDIO – «Credo che non solo i democratici, ma anche la maggioranza dei repubblicani, non vogliano altri sacrifici a carico del ceto medio, dei lavoratori». E se l’America andasse in default, «cosa che nessuno ovviamente auspica», ci sarebbe «un aumento delle tasse per tutti» ha detto ancora Obama
NON E’ SERIO NON TASSARE I RICCHI – Obama ritiene che il piano finora presentato dai repubblicani «non sia serio» perchè non prevede una tassazione adeguata sulle fasce più abbienti. «La nozione in base alla quale noi dovremmo approvarlo e non chiedere niente ai più ricchi tra noi non mi sembra seria».
GLI USA NON SONO LA GRECIA – I problemi di debito degli Stati uniti non sono così gravi come quelli che minacciano la stabilità dell’eurozona. Per affrontarli, per Obama, «non occorre alcuna misura radicale, come quelle prese in Grecia, ma occorre agire in fretta perchè il tempo è ormai agli sgoccioli. Contrariamente a quello che dicono alcuni non siamo come la Grecia e non siamo come il Portogallo»
Gli Stati Uniti hanno aperto un’inchiesta contro la banca svizzera Credit Suisse con l’obiettivo di rafforzare la lotta del governo americano all’evasione fiscale e all’occultamento di fondi all’estero.
Lo ha comunicato lo stesso istituto di credito di Zurigo, che afferma di esserne stato informato giovedì 14 luglio dal Dipartimento della giustizia Usa e che si tratta di un’inchiesta nei confronti dell’insieme del sistema bancario.
Dopo Ubs, un’altra grande istituzione finanziaria svizzera finisce così nel mirino delle autorità statunitensi.
“Credit Suisse intende continuare a cooperare con le autorità americane per risolvere la questione”, si legge in una nota del gruppo, che “ha già iniziato a rispondere alle richieste di informazioni, comprese le citazioni in giudizio”.
Il governo svizzero è da tempo in trattative con le autorità Usa per risolvere il problema di asset non tassati detenuti da cittadini statunitensi in conti bancari svizzeri.
Nell’indagine, quattro banchieri che hanno lavorato a Credit Suisse sono accusati di aver convinto i clienti negli Stati Uniti ad evadere le tasse attraverso conti bancari segreti.
Nell’ottobre del 2008, la banca, riporta Bloomberg, aveva “migliaia” di conti, per un valore di circa 3 miliardi di dollari non dichiarati al Fisco Usa.
La stessa Ubs, la principale banca svizzera per asset detenuti, è stata accusata nel febbraio 2009 di aver aiutato i cittadini statunitensi ad evadere le tasse: l’istituto ha evitato il processo pagando 780 milioni di dollari, ammettendo di aver promosso l’evasione fiscale e dando al Fisco i dettagli di oltre 4.500 conti.
Redazione online