STRAGE DI VIA AMELIO 19 ANNI DOPO. Confermata la pista della trattativa Stato-mafia. Gli inquirenti:«Si avvicina la verità sull’attentato»
PALERMO – Il 19 luglio si celebrano i 19 anni dalla morte di Paolo Borsellino. E mentre a Palermo si prepara la commemorazione alla presenza del presidente della Camera Gianfranco Fini (che ha invitato i Partiti a un maggior impegno per allontanare le figure sospette dalle loro fila) e del ministro dell’Interno Roberto Maroni (il Corriere.tv trasmetterà l’evento in diretta streaming a partire dalle nove), si avvicina la verità sulla strage di via d’Amelio.
LE INDAGINI SULLA STRAGE – Si dovrebbe però parlare di almeno «due verità possibili» e di almeno un tentativo di depistaggio. Dalle indiscrezioni che trapelano dalla Procura di Caltanisetta, che sta conducendo l’ultima inchiesta sull’uccisione del magistrato e dei cinque agenti di scorta. Sullo sfondo, come unica certezza, resta la pista della trattativa, l’accordo tra Stato e Mafia che il braccio destro di Giovanni Falcone, ucciso pochi mesi prima, avrebbe scoperto alla fine di giugno 1992, mettendosi forse di traverso. Per questo la sua eliminazione sarebbe stata affrettata. Il procuratore nisseno Sergio Lari si appresterebbe infatti a concludere sulla base di queste ipotesi le indagini che porteranno alla richiesta di revisione del processo per alcuni condannati con sentenze definitive. La svolta, attesa per settembre, dovrebbe coinvolgere anche investigatori – tre sono iscritti nel registro degli indagati per falso e calunnia – che avrebbero pilotato le accuse di Vincenzo Scarantino, il collaboratore di giustizia della prima ora smentito prima da Gaspare Spatuzza e poi da Fabio Tranchina, fedelissimi di Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio che avrebbe organizzato l’attentato premendo perfino il telecomando per innescare l’auto-bomba.
IL DEPISTAGGIO – L’ombra del sospetto si allunga intanto sul gruppo di investigatori, guidati da Arnaldo La Barbera, questore morto nel 2002, che per Lari avrebbe allestito un «colossale depistaggio». Tre funzionari risultano attualmente indagati, ma l’indagine tocca altri investigatori tra cui il poliziotto che avrebbe alterato un verbale del 1994. Accanto alle dichiarazioni di Scarantino sono state trovate le annotazioni di un poliziotto che avrebbe svolto, si sospetta, un ruolo di «suggeritore». Ma è tutto l’impianto accusatorio basato sulle indagini del pool di La Barbera a essere smentito su molti punti dalla Procura di Caltanissetta e dalle rivelazioni di Spatuzza considerato un collaboratore attendibile. I nuovi indirizzi dell’inchiesta stanno insomma delineando quella che il procuratore Lari definisce una «deriva istituzionale».
IL DESIDERIO DI VERITA’ – «Vorremmo capire chi e perchè ha organizzato il depistaggio», dice Manfredi Borsellino, il figlio del magistrato che ora dirige l’ufficio di polizia di Cefalù. «Nella ricerca della verità è ora necessario – aggiunge – che si vada fino in fondo, e noi saremo vigili e attenti». L’altro fratello del magistrato ucciso, Salvatore, ha guidato lunedì sera i giovani del movimento Agende rosse in un corteo che ha ufficialmente aperto le celebrazioni per commemorare il magistrato morto per il suo impegno antimafia: «Ragazzi che vengono da tutta Italia – ha spiegato il fratello di Paolo Borsellino – affrontando sacrifici personali. Dimostrano che la nazione e la città di Palermo non dimenticano».
FINI: «FUORI I SOSPETI DAI PARTITI» . Il Presidente della Camera Fini sollecita un magguior impegno della politica sul fronte etico. «La memoria deve infondere coraggio. Significa proseguire l’opera di chi ha sacrificato la vita per lo Stato, continuare a cercare la verità sul passato e sul presente perchè il diritto a conoscere non può andare in prescrizione». Ha detto Gianfranco Fini partecipando alla commemorazione della strage di via D’Amelio, organizzata dall’Anm di Palermo nell’aula Magna del Palazzo di giustizia. Chiaro l’invito rivolto alle forze politiche: «Eliminare dai partiti quelle figure sospette per un principio di opportunità politica e di etica pubblica».
LA SODDISFAZIONE DI INGROIA – Nel pomeriggio si è tenuto anche un dibattito organizzato dalla rivista Antimafia Duemila per ricordare il 19esimo anniversario della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. Tra i relatori invitati c’era anche il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, titolare del fascicolo d’indagine della procura del capoluogo: «La verità sulla strage di via d’Amelio è più vicina – ha detto – Che non si trattasse di un eccidio solo mafioso io e i colleghi lo capimmo a poche ore di distanza dall’attentato».
Redazione online