«Non è consentito il proscioglimento nel merito» del presidente del Consiglio. Respinta l’eccezione della difesa sul trasferimento per competenza al Tribunale dei ministri o a Monza
MILANO – Né il Tribunale dei ministri né quello di Monza. Il processo sul caso Ruby, che vede Silvio Berlusconi imputato per prostituzione minorile e concussione, resta a Milano. I giudici della quarta sezione penale del capoluogo lombardo hanno infatti rigettato tutte e 16 le eccezioni presentate dalla difesa, compresa quella sulla incompetenza funzionale e territoriale. Nell’analizzare nell’ordinanza le norme che regolano il Tribunale dei ministri, i giudici fatto riferimento anche all’articolo 3 della Costituzione, parlando della «uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge». Dopo la lettura dell’ordinanza, durata circa un’ora e un quarto, è stato dichiarato aperto il dibattimento a carico del presidente del Consiglio. La prossima udienza è stata fissata per il 3 ottobre. Il mancato trasferimento del procedimento a carico del premier ha fatto infuriare il legale del Cavaliere, Niccolò Ghedini, che ha parlato di «gravissime violazioni di legge» e di una «ordinanza fuori da ogni logica». «Il processo sul caso Ruby si potrà fare «solo in Cassazione» ha aggiunto l’avvocato, lasciando intendere che comunque la difesa non chiederà la sospensione del processo in attesa che si pronunci la Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione.
«NO AL PROSCIOGLIMENTO» – Secondo il collegio presieduto dal giudice Giulia Turri, il tribunale di Milano è competente nel giudizio e «non è consentito il proscioglimento nel merito dell’imputato», come chiesto dalla difesa. L’ordinanza letta lunedì mattina in aula spiega che «sulla scorta del capo di imputazione il tribunale ritiene la propria competenza funzionale», in quanto la contestata a concussione non ricade sotto la competenza del Tribunale dei ministri. Di fatto, dunque, il collegio ha rigettato la tesi prospettata dai legali del premier secondo la quale non si possono scindere le funzioni di presidente del Consiglio dalla qualità di premier nella commissione del reato. Per quanto riguarda la competenza territoriale, i giudici hanno ribadito che per il codice di procedura penale «si radica nel luogo di consumazione del reato più grave». In questo caso la concussione, visto che «è un reato colpito con pene più pesanti» rispetto a quello di prostituzione minorile, che la stessa procura ritiene consumatosi ad Arcore, quindi nel distretto giudiziario sotto la competenza del tribunale di Monza. E per i giudici, contrariamente a quanto sostenuto dai difensori, la concussione sarebbe stata commessa a Milano perché l’«utilità perseguita» da Berlusconi telefonando al capo di gabinetto della questura per ottenere il rilascio di Ruby la notte tra il 27 e 28 maggio 2010 si è di fatto consumata negli uffici della questura in via Fatebenefratelli.
CONFLITTO DAVANTI ALLA CONSULTA – Il collegio della IV sezione penale di Milano ha spiegato nel suo provvedimento che «questo tribunale non può che prendere atto» del fatto che la Camera ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale, sulla questione della ministerialità del reato di concussione constato al premier. Nel respingere le eccezioni della difesa che chiedeva il trasferimento degli atti al tribunale dei ministri e sosteneva la carenza di potere dei magistrati milanesi, i giudici hanno fatto notare, comunque, che per affrontare la questione della ministerialità o meno del reato «permangono tutti i rimedi» previsti dall’ordinamento, come le prerogative attribuite alle Camere. In questo senso, hanno aggiunto i giudici, «questo tribunale non può che prendere atto» del conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera davanti alla Consulta, su cui la Corte Costituzionale si dovrebbe pronunciare a fine anno.
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